Estratto dell'articolo di Chiara Maffioletti per https://www.corriere.it/sette/attualita/23_giugno_23/verdone-non-ero-cosi-convinto-poter-diventare-attore-mia-ex-moglie-gianna-sempre-stata-un-alleata-44c48ffe-0e83-11ee-8d71-890509a9730d.shtml
L’ascensore si apre sul pianerottolo di un palazzo romano, signorile ma per nulla appariscente. Alla porta c’è Annamaria che in Vita da Carlo - la seconda stagione sarà su Paramount+ a settembre - è una governante diventata di famiglia, che grazie alla confidenza conquistata in tanti anni, si permette, pur dando sempre del lei, osservazioni e appunti difficilmente concedibili ad altri. Succede in Vita da Carlo. Ma nella vita di Carlo, anche. «Quando ha visto gli episodi si è risentita, mi ha detto: ma scusi tanto, ma non la potevo fare io quella parte?».
Carlo è Carlo Verdone e mentre racconta questo aneddoto quasi sussurra per non farsi beccare. Per dissimulare, muove impercettibilmente i muscoli del suo volto con dei piccoli tic e rotea velocemente lo sguardo in direzione della signora Annamaria, come per dire: «Non facciamoci sentire». Poche espressioni, ma che bastano per far comparire, di fatto, decine dei suoi personaggi, evocati da una mimica che è parte della grandezza di questo attore. Sa di essere amato. «E ne sono riconoscente. Diventa una condanna solo quando vado in qualche bella città, programmo di visitarla ma poi mi accorgo che non è possibile: ti fermano a ogni passo. E così torno in albergo, potrei fare un libro sulle camere degli alberghi... le città che ho visitato le ho viste di notte».
carlo verdone foto di bacco (5)
Mai pensato di camuffarsi?
«Ma che camuffare, fai solo la figura del ridicolo. E poi mi riconoscono lo stesso. Durante la pandemia avevo il casco, gli occhiali scuri e la mascherina. Uno da dietro mi ha urlato: “A Ca’, guarda che pure così te riconosco”. Ma come è possibile? Ero come dentro un’armatura. Ma meglio sia andata in questo modo... metti che non succedeva niente».
Mai avuto questo dubbio?
«Dopo Bianco, rosso e Verdone è successa una cosa strana: non mi chiamava più nessuno. Si erano messi in testa che dopo tutti quei personaggi non potevo fare nient’altro, almeno era l’idea che mi ero fatto. Ho passato due mesi sul divano, guardavo il soffitto. E pensavo: “Ma questo cinema, tutti questi premi - avevo preso un David subito, all’inizio della mia carriera (per Un sacco bello , ndr.) -...ora, improvvisamente, sono tutti spariti. Qua ha ragione mio padre”. Ma una settimana dopo quei ragionamenti mi chiamò Mario Cecchi Gori e insieme abbiamo messo su il film che diventò Borotalco . Non più personaggi, ma un personaggio unico: vincemmo cinque David e facemmo andare le cose per il verso giusto».
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Ed è arrivato il grande successo.
«Per me è stato molto difficile dal punto di vista della stabilità: mi sono trovato improvvisamente proiettato in un mondo che mi stava portando ad essere riconosciuto da tutti e per questo sempre abbordabile: chiunque mi indicava, anche quando camminavo per strada. Questo mi spaventava, mi ha creato anche molti problemi all’inizio».
In che senso?
«Ho vissuto un anno molto difficile dal punto di vista dell’equilibrio nervoso. Ho cominciato ad avere delle debolezze, degli attacchi di panico abbastanza penosi. Sono durati poco, devo dire. E ce l’ho fatta da solo a uscirne, senza l’aiuto di farmaci ma con quello di un bravo psicanalista. Mi aveva detto: “Non c’è niente da analizzare, qui il mondo per te sta cambiando e tu hai paura. Ti devi mettere alla prova, soffrire qualche mese. Piano piano, troverai la strada”. È andata così, ma è stato faticoso all’inizio perché non era il mio obiettivo, non era preventivato. Mi era esplosa un bomba tra le mani. Solo poi mi sono reso conto che avevo delle qualità».
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In questa nuova stagione gira un film sulla sua vita. E a interpretarla da giovane c’è Sangiovanni...
«Me lo impone, nella serie, il mio produttore che vuole qualcuno che piaccia ai giovani. Ovviamente Sangiovanni sarebbe l’ultima persona al mondo che avrei potuto scegliere: cosa c’entra Sangiovanni da Vicenza con Carlo Verdone da Ponte Sisto. Quando lo vedo nella serie mi prende un colpo, vorrei mollare tutto... invece poi funziona, è pure bravo. Io dei dubbi li avevo davvero, non aveva mai recitato, è pure un po’ timido... e invece...».
Vuol dire che potrebbe quindi essere...
«No, no, non potrebbe essere, no. Però ha dato qualità alla serie, assolutamente. Ma in generale, anche io che sono un criticone, devo dire che sono particolarmente felice di come è venuta questa seconda stagione. Dopo il successo della prima avevo tanta paura, invece sono molto soddisfatto».
Nella prima le chiedevano di diventare sindaco di Roma. Sa che Paolo Bonolis ha detto che gli è successa la stessa cosa?
«Lo hanno chiesto anche a lui? È un brutto segno. Quando cominciano ad andare verso le celebrità vuol dire che sono messi male. Che c’è scarsità in chi avrebbe dovuto studiare politica. Quando sono venuti da me per farmi questa proposta io, dopo trenta secondi, pensavo solo: “Qua bisogna mandarli via il prima possibile”. Dicevano che avevano fatto un sondaggio dove addirittura più dell’80 per cento di chi aveva risposto mi voleva sindaco. Ma sarà vero? Mi è stato detto che lo era».
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Reciteranno anche Ibrahimovic e Maria De Filippi, tra gli altri.
«Non è un pretesto, entrano nella storia perché era giusto farli entrare. Con Maria ci conoscevamo, siamo amici. Mi ha colpito per quanto è stata collaborativa. Quando l’ho chiamata mi ha detto subito: “Non c’è problema, fatemi sapere le date”. Mi capita di chiedere a colleghi attori di fare qualcosa e mi cascano le braccia, sembra di prendere appuntamento con il presidente cinese... lei no ed è stata anche bravissima come attrice, non ha sbagliato niente, ci siamo pure sbrigati in fretta. Ma anche Ibra era molto tranquillo: è arrivato, ha detto le sue battute poi ha ripreso il suo aereo ed è ripartito».
Ritroverà anche Claudia Gerini.
«Abbiamo fatto una scena insieme, ci siamo divertiti. Le donne sono state sempre i personaggi più importanti per me, quelli da curare meglio, da esaltare. Infatti tutte le mie attrici sono quelle che hanno preso più premi e io sono più felice che se lo danno a me. La mia miglior interpretazione comica di un personaggio l’ho fatta con lei, in Grande, grosso e Verdone . Lì ci ho visti perfetti».
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Indossa quasi sempre una maglietta blu. È la sua divisa?
«Non lo so nemmeno io perché mi vesto così - sorride -. Anzi, lo so: per pigrizia, per una grande pigrizia. Ma il blu è il colore che mi sta meglio e sono trent’anni che lo porto: lo so, avete ragione, sono pigro».
Tra i suoi amori, c’è la musica. Anche su Instagram segue solo musicisti.
«Ma in realtà io non seguo nessuno, li seguiranno quelli che mi coordinano i social. Io preparo i miei post, che scrivo di solito in piedi, in tre minuti, glieli mando loro postano. Poi leggo i commenti, alcuni mi fanno ridere. In genere non ho tanti odiatori perché rispetto sempre tutti e non mi metto a pontificare o a scrivere banalità. Per questo pubblico poco, solo se ho qualcosa da dire».
Non si sognava attore, ma musicista?
«No, no. Sono un grande ascoltatore, un grande spettatore e un grande fan ma il lavoro del musicista è super faticoso, si dorme poco e io già dormo poco di mio. Ho avuto la fortuna di conoscere molti dei miei miti. Mi è dispiaciuto non aver mai parlato con i Beatles che però ho visto dal vivo. Anni fa, poi, una mia amica gallerista aveva esposto delle opere di Yoko Ono. Un quadro mi piaceva in maniera particolare: era stato dipinto il giorno dopo la morte di Lennon, in un momento di profonda depressione. Dissi alla mia amica che lo volevo comprare, ma Yoko Ono non lo voleva vendere. Dopo qualche anno tornò con una mostra di installazioni. Dissi alla mia amica: “Tu le devi dire che io sono stato un grande ammiratore del marito e - gliel’ho buttata -, dille che ho amato in modo particolare Double Fantasy , il disco in cui cantava con lei, dille che è un capolavoro”. Glielo ha detto e Yoko Ono ha risposto: “Se ci vuole così bene, va bene, glielo vendo”».
E lei?
«Ho detto alla mia amica: “Sì, mo me devi dire quando vuole però”. Lasciamo perdere va’ a quel punto l’ho preso comunque».
Tra i miti che ha potuto conoscere chi cita?
«I Led Zeppelin: per un po’ di tempo mi sono scritto anche con Jimmy Page. Mi ha sempre colpito la cultura di queste persone, il loro spessore. Non parliamo di Bowie che conobbi a casa di Versace: parlammo di Futurismo e conosceva anche alcuni artisti minori italiani».
Mai deluso da nessuno?
«No, alcuni italiani mi hanno deluso».
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VERDONE POZZETTO SETTE CHILI IN SETTE GIORNI