Estratto dell’articolo di Marco Consoli per “Il Venerdì - La Repubblica”
A passeggio per Udine in cerca di una pizzeria, mi imbatto nel Diana. Cinema a luci rosse. Osservo la vetrina su cui compare il poster di Pretty Anal e la scritta "Ingresso gratuito per le donne". Ma come è possibile che, nell'era di Youporn e Onlyfans, un reperto del genere possa ancora resistere? Entro.
«La maggior parte dei clienti sono anziani, persone che magari non sanno tanto smanettare su internet. Ogni tanto vengono rappresentanti di commercio, o gente di passaggio a Udine per lavoro» mi racconta il gestore, Andrea Trevisani, 63 anni. «Giovani effettivamente se ne vedono pochi, ogni tanto qualche coppia. Tempo fa abbiamo avuto anche un prete, uno di zona, l'ho riconosciuto anche se non è che indossava l'abito talare».
È un sabato sera, dentro conto sette spettatori, tutto sommato anche più di quanti ne avrei potuti trovare in una qualsiasi normalissima sala, tutti uomini, 70 euro d'incasso. Temo di vedere qualcuno che compia atti osceni, e invece è un'altra la cosa che mi colpisce. […]
Cerco di documentarmi. Quanti altri cinema a luci rosse in Italia hanno ascoltato l'incitamento a «tenere duro», come scherzosamente commenta un fan che, sulle recensioni online, al Diana attribuisce nientepopodimeno che 5 stelle? Una mappa aggiornata e attendibile è impossibile da fare, ma da ricerche sommarie diciamo che forse si arriva a qualche decina di sale, sparse tra piccoli centri […]
Il capostipite fu il Majestic, aperto nel novembre del 1977 a Milano, come si può leggere nell'imprescindibile Luce Rossa - La nascita e le prime fasi del cinema pornografico in Italia di Franco Grattarola e Andrea Napoli (Iacobelli Editore). Da quel momento i "cinema per adulti" sorgeranno come funghi, ovunque, fino ad arrivare al numero di 1.500 sale nel 1981 (28 nella sola Lombardia, un record).
«In realtà il Diana come cinema esiste dal 1948» racconta Trevisani «e noi lo gestiamo dal 1976, quando ancora era una normale sala di "seconda visione"» quelle in cui film, per tutti, venivano proiettati settimane dopo la première ma a prezzo ridotto. Dopo aver rischiato di chiuderlo subito, a causa del terremoto del Friuli, proprio nel ‘76, la famiglia di Trevisani sarà presto costretta a cambiare programmazione:
«I film di seconda visione hanno iniziato a passare in tv e quindi il cinema era vuoto. Così lo abbiamo trasformato in sala a luci rosse. All'inizio non c'erano neanche pellicole esplicite, solo commedie sexy, quelle con Alvaro Vitali, in cui il noleggiatore accanto al seno nudo di Edwige Fenech inseriva di nascosto due o tre minuti di scene pornografiche».
È il cosiddetto fenomeno dell'hardizzazione: per aggirare i sequestri di film, molto in voga in quegli anni, le scene di coiti e sesso orale venivano tagliate prima del visto di censura, e reinserite successivamente. Oppure aggiunte anche a casaccio in film innocui e, persino, come spiegano ancora Grattarola e Napoli, «a opere d'autore come Mica scema la ragazza! di François Truffaut».
Solo più tardi, aggiunge Trevisani, «sono iniziati ad arrivare i film hard dagli Stati Uniti o dal Nord Europa, e noi da allora abbiamo proiettato solo pellicole rigorosamente a luci rosse». Il successo all'inizio fu travolgente, la sala di un cinema in quegli anni era l'unico luogo dove poter vedere scene pornografiche: «Negli anni 80 c'erano due caserme a Udine, migliaia di soldati che in libera uscita venivano qui. A volte dovevamo abbassare la saracinesca perché la sala era piena, e così molti andavano al Cristallo, l'altro porno della città».
Gli incassi, che l'Associazione generale italiana dello spettacolo ha smesso di rilevare nel 1981, erano eccellenti: secondo Luce Rossa, I porno amori di Eva, sempre di Grattarola, dal ‘79 all'84 la Siae avrebbe incassato 700 milioni di lire (ovvero circa un milione di euro attuali).
Di nuovo Trevisani: «I bei tempi sono durati fino al 1990, Cicciolina e Moana con Mondiali fecero il tutto esaurito per un mese intero». Ma già prima, negli anni 80, con la diffusione del VHS prima e l'approdo del porno, a tarda notte, sulle emittenti televisive private, iniziava inesorabile il declino:
«A dare l'ultima mazzata furono i Dvd e la fine della leva obbligatoria (anno 2005, ndr). E poi ovviamente internet: oggi la pornografia è ovunque, mentre in quegli anni era inaccessibile, quindi suscitava curiosità. All'epoca, prima di entrare, i clienti gironzolavano davanti al cinema per evitare di farsi riconoscere. Oggi entrano senza vergogna. Pubblico prettamente maschile, ma di recente c'è stata anche una donna. Veniva da sola, per un po', poi non si è vista più».
Il disagio che ho provato entrando al Diana, al pensiero di dover incrociare qualche "maniaco", non è del tutto infondato. Le cronache dei giornali locali sono piene di notizie di cinema a luci rosse chiusi dalla polizia perché all'interno alcune persone venivano pizzicate a compiere, appunto, "atti osceni".
Succede anche qui, nel Diana? «A me qualche volta è capitato di trovare coppie di spettatori che facevano sesso mentre guardavano il film» risponde Trevisani «e non ho esitato neppure un secondo a sbatterle fuori dal cinema, proprio per evitare guai del genere – e anche perché tra i nostri clienti fissi c'erano alcuni poliziotti.
Qualcuno mi ha pure chiamato per sapere se potevano venire a consumare in sala, e gli ho detto di no. So per certo che alcuni non vengono da noi proprio perché certe cose non sono ammesse. Ma in generale il massimo che abbiamo dovuto fare è stato, durante gli anni d'oro, mandar via dei militari che disturbavano la proiezione, gridando o facendo scherzi».
Nostalgia per quegli anni d'oro dopo 40 anni di attività? «Che dirle, una volta la sala era sempre piena, oggi se entrano in trenta dobbiamo festeggiare. I film ci arrivavano in pellicola, adesso riceviamo dei file, come tutti, perché anche per noi la distribuzione si è digitalizzata». E però «va detto che i film di oggi in media son girati meglio, almeno hanno una trama e di sicuro una qualità maggiore».
Di sicuro sono proiettati su grande schermo. Emozioni forti, e forse non per tutti: «Molti anni fa» conclude Trevisani prima di congedarci «un signore sulla cinquantina entrò in sala e nel bel mezzo della proiezione, beh, ebbe un infarto. Noi provammo a rianimarlo, senza riuscirci. Poveretto...».