Rukmini Callimachi per The New York Times pubblicato da “la Repubblica” - Traduzione di Anna Bissanti
Credendo di rispondere a una chiamata santa, Harry Sarfo ha lasciato la sua casa nella città di Brema, abitata per lo più dalla classe operaia, e dopo aver guidato per quattro giorni di fila ha raggiunto il territorio siriano sotto il controllo dello Stato Islamico. Ha avuto appena il tempo di sistemarsi e subito alcuni membri del servizio segreto dell’Is, con il volto coperto, sono andati a informare lui e il suo amico tedesco che non volevano più che gli europei si recassero in Siria. Dove li volevano attivi era a casa loro, pronti a portare avanti il piano del movimento: seminare il terrore in tutto il pianeta.
«Parlavano apertamente della situazione. Dicevano di avere moltissimi affiliati che vivono nei paesi europei e aspettano l’ordine di entrare in azione contro gli europei» ha raccontato Sarfo in un’intervista al New York Times rilasciata in inglese all’interno del carcere di massima sicurezza vicino Brema. «E mi riferisco a un periodo antecedente agli attentati di Bruxelles, prima ancora di quelli di Parigi». Gli uomini dal volto coperto hanno spiegato che benché il gruppo fosse ben presente in alcuni paesi europei, aveva bisogno di più attentatori in Germania e in Gran Bretagna, in particolare.
il comandante jihadista insegna a combattere
«Ci hanno chiesto se non ci seccava tornare in Germania, perché è di quello che avevano bisogno in quel periodo» ricorda Sarfo. «Hanno anche aggiunto di volere che ogni attacco avvenisse in simultanea con un altro: vogliono compiere attentati in contemporanea in Inghilterra, in Germania e in Francia». Gli agenti mascherati appartenevano a un’unità dell’intelligence dello Stato Islamico meglio nota in arabo come Emni, diventata ormai una via di mezzo tra una forza dell’ordine interna e un ramo dedito alle operazioni all’estero, impegnata a esportare il terrorismo.
jihad a cinque stelle junaid hussain 2
È quanto risulta da migliaia di pagine delle intelligence francesi, belghe, tedesche e austriache e da documenti di interrogatorio. Ciò che emerge da tali documenti è l’esistenza di un servizio segreto di più livelli sotto il comando generale del comandante supremo dello Stato Islamico, portavoce e capo della propaganda Abu Muhammad al-Adnani. Sotto di lui vi è un livello di luogotenenti incaricati di programmare attentati in diverse località del pianeta: secondo Sarfo in tale livello sono previsti un “servizio segreto per gli Affari europei”, un “servizio segreto per gli Affari asiatici” e un “servizio segreto per gli Affari arabi”.
Corroborando l’idea che Emni sia una parte centrale e cruciale delle operazioni dell’Is, dalle interviste e dai documenti risulta che l’unità ha carta bianca assoluta nel reclutare e re-indirizzare gli agenti provenienti da ogni ambito dell’organizzazione, siano essi nuovi arrivi o combattenti esperti, appartenenti alle forze speciali del gruppo o commando delle unità d’élite. Nel complesso, pare emergere un quadro preciso della situazione: dalla registrazione degli interrogatori risulta che gli agenti sono scelti per nazionalità, sono raggruppati per lingua in piccole e discrete cellule in sonno i cui membri in qualche caso si incontrano soltanto una volta, alla vigilia della loro partenza per l’estero.
Grazie all’opera di coordinamento di Adnani, la pianificazione degli attentati è andata di pari passo con le estese operazioni della propaganda del gruppo — comprese le riunioni mensili durante le quali, a detta di Sarfo, Adnani ha scelto quali raccapriccianti filmati far circolare sulla base degli eventi in corso sul campo di battaglia.
In base ai resoconti degli agenti arrestati finora, Emni è diventato l’ingranaggio cruciale del complesso dispositivo terroristico del gruppo, e i suoi tirocinanti hanno guidato gli attentati di Parigi e costruito le valigie bomba fatte esplodere nell’aeroporto di Bruxelles e nella stazione della metro.
Dai rapporti investigativi risulta che suoi militanti addestrati sono stati mandati anche in Austria, Germania, Spagna, Libano, Tunisia, Bangladesh, Indonesia e Malesia.
Mentre le autorità europee sono in difficoltà per una serie di attentati perpetrati da terroristi apparentemente senza rapporti tra di loro e che hanno promesso fedeltà allo Stato Islamico, Sarfo precisa che i rapporti tra di loro potrebbero essere molto più stretti di quanto sospettino le autorità. Ha detto anche che gli è stato riferito che gli agenti sotto copertura in Europa hanno sfruttato nuovi adepti come tramite o come “uomini puliti”, che contribuiscono a collegare tra loro persone interessate a perpetrare attentati.
giovani reclute della jihad di isis
Gli agenti insegnano di tutto, da come costruirsi un giubbotto esplosivo a come far rivendicare all’Is la loro violenza. Il primo porto d’attracco per i neo arrivati nello Stato Islamico è una rete di dormitori in Siria, appena superato il confine turco. Lì i nuovi arrivi sono interrogati e schedati. A Sarfo sono state prese le impronte digitali e un dottore gli ha effettuato un prelievo di sangue e un esame fisico generale. Un uomo con un laptop lo ha sottoposto a un vero e proprio interrogatorio.
«Mi ha rivolto domande del tutto normali, per esempio come mi chiamo, che studi ho fatto, quali erano le mie intenzioni, che cosa intendevo diventare » ha raccontato Sarfo. Gli sono state rivolte domande anche sul suo passato. Secondo Daniel Heinke, coordinatore dell’antiterrorismo per il ministero degli Interni tedesco in quell’area, Sarfo frequentava regolarmente una moschea radicale di Brema dalla quale erano già partiti per la Siria una ventina di membri, almeno quattro dei quali hanno perso la vita in combattimento. Sarfo aveva anche scontato una condanna a un anno di prigione per aver rapinato un supermercato e portato via 23mila euro.
Anche se nelle aree sottoposte allo Stato Islamico la pena per il furto è l’amputazione, aver commesso un reato o un furto in passato costituisce un valore aggiunto, specialmente, ha spiegato Sarfo, «se sanno che hai rapporti con la criminalità organizzata e puoi procurare documenti d’identità falsi, oppure se sanno che hai tra i tuoi contatti in Europa qualcuno che può farti entrare clandestinamente nell’Ue».
iraq l'avanzata dei jihadisti 8
Poiché il profilo di Sarfo soddisfaceva tutti i requisiti richiesti, il terzo giorno dopo il suo arrivo i membri di Emni sono venuti a chiedere di lui. Sarfo voleva combattere in Siria e in Iraq, ma gli agenti dal volto coperto gli hanno spiegato di avere un problema seccante.
«Hanno detto che in Germania non avevano molte persone disposte a portare a termine una missione» ha detto Sarfo subito dopo il suo arresto avvenuto l’anno scorso, secondo la trascrizione dell’interrogatorio al quale è stato sottoposto da parte dei funzionaritedeschi. Sembra invece che il gruppo disponesse di molti volontari disposti a colpire in Francia.
«Il mio amico ha rivolto loro domande al riguardo della Francia e loro sono scoppiati a ridere. Ridevano a crepapelle, finché hanno avuto le lacrime agli occhi» ha detto Sarfo. «Hanno detto che non era proprio il caso di preoccuparci per la Francia. In arabo si dice “Mafi mushkilah”, e significa “no problem”». Questa conversazione si è svolta nell’aprile 2015, sette mesi prima dei massacri coordinati di Parigi a novembre, i più gravi attentati terroristici in Europa da oltre un decennio a questa parte.
Dai rapporti delle agenzie d’intelligence francese, austriaca e belga si evince che almeno 28 agenti reclutati da Emni sono riusciti con successo a installarsi in paesi fuori dal territorio vero e proprio dello Stato Islamico, preparando sia attentati portati poi a segno positivamente, sia complotti che sono stati sventati. Le fonti riferiscono che altri agenti sono riusciti a decine a insinuarsi in qualche paese e hanno formato cellule in sonno.
training dei piccoli jihadisti
Nelle sue interazioni con Emni, Sarfo si è reso conto che i suoi leader stavano organizzando un portfolio globale di terroristi, e cercavano di riempire i buchi della loro rete internazionale. Ha descritto ciò che gli è stato riferito riguardo all’opera di realizzazione di una loro rete in Bangladesh. Lì il mese scorso un assalto seguito da una presa di ostaggi, compiuto da un gruppo di uomini armati affiliati allo Stato Islamico, ha provocato la morte di almeno venti ostaggi, quasi tutti stranieri.