Francesco Semprini per "la Stampa"
Wall Street immune dallo tsunami #MeToo? Di casi di molestie o denunce di abusi sessuali nella finanza Usa non ce n' è traccia nelle cronache. Come se il fenomeno iniziato con Harvey Weinstein, l'«orco» di Hollywood, pur avendo travolto politica, media, aziende, sport, musica, circhi e persino maghi (ultima la denuncia nei confronti di David Copperfield), avesse per incanto risparmiato la grande finanza.
Eppure solo alcuni giorni fa Bank of America ha licenziato uno dei suoi manager, Omeed Malik, in seguito alla denuncia di molestie di una sua sottoposta, seguita a quella di altre colleghe. Stessa sorte è toccata a un trader di Goldman Sachs che ha tentato di mettere in pratica su una collega ciò di cui si vantava, slacciare il reggiseno senza levarle la camicetta.
È stato invece incoraggiato ad andarsene Nigel Coe, navigato analista di Morgan Stanley che aveva allungato le mani su una collega durante una festa della banca. «Così fan tutti», riferisce il Wall Street Journal, spiegando che casi di molestie o abusi nell' alta finanza a stelle e strisce sono trattati mettendo alla porta il colpevole senza troppo rumore, previo risarcimento dei danneggiati.
Pratica in uso da 20 anni, dalla causa «miliare» sulla «boom boom room» di Smith Barney, la filiale dove venivano perpetrate molestie e abusi sulle dipendenti.
La società di brokeraggio pagò 150 milioni in risarcimenti impegnandosi a cambiare le proprie linee guida etiche. Sulla scia dello scandalo però le altre Big di Wall Street si sono messe al riparo, introducendo clausole che impongono il silenzio con i media, sospendono il diritto degli impiegati a rivolgersi a tribunali ordinari e impongono arbitrati extragiudiziali.
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Evitando così l' ulteriore rischio, il #MeToo di cause collettive.