L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE RENDERA' OBSOLETI I MOTORI DI RICERCA? - GRAZIE ALL'IA, GOOGLE SI STA TRASFORMANDO IN UN "MOTORE DI RISPOSTA", CON I "BOT" CHE METTONO INSIEME I DATI DA DIVERSE FONTI PER CREARE SOLUZIONI AD HOC ALLE DOMANDE DEGLI UTENTI - A PAGARNE LE SPESE SONO I SITI WEB, CHE PERDONO I "CLIC" DEGLI INTERNAUTI VISTO CHE NON C'E' BISOGNO DI ACCEDERE A UNA PAGINA - MA C'È IL RISCHIO CHE LE RISPOSTE FORNITE SIANO...

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Estratto dell'articolo di Martina Pennisi e Alice Scaglioni per www.corriere.it

 

GOOGLE MOTORE DI RICERCA GOOGLE MOTORE DI RICERCA

Partiamo con una domanda: cos'è Google? Facile: un motore di ricerca. La barra a cui affidiamo richieste, curiosità e dubbi su qualsiasi argomento. Ora facciamoci la stessa domanda, con gli occhi chiusi: cosa succede quando chiediamo a Google com'è andato il debutto dell'Italia agli Europei di calcio? O ci interroghiamo sulla somministrazione di un farmaco? Ci risponde. Con grafiche elaborate, che occupano la gran parte dello schermo del nostro smartphone, o riquadri in cui c'è una risposta secca o in cui viene riportato l'estratto di un testo. Google, a dirla tutta, è ormai un motore di risposta.

 

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L'Intelligenza artificiale generativa potrebbe cementare questa tendenza, che causa le cosidette zero click searches, ricerche che non portano ad alcun clic […] i large language model (Llm) renderanno infatti le risposte made by Google sempre più ricche, elaborate ed esaustive.

 

La versione di Google, innanzitutto, raccontata nel corso della conferenza degli sviluppatori I/O, lo scorso 14 maggio: «È fondamentale per noi che il web rimanga sano, non solo per l'importanza dell'ecosistema o del prodotto, ma perché è anche ciò che sentiamo che le persone vogliono davvero», ha detto Liz Reid, a capo della divisione Search. E a chi le chiedeva se non ci fosse il rischio di un drastico ridimensionamento del traffico per i siti web ha risposto: «Penso che ci siano molte opportunità con l'AI per scavare più a fondo nel web. Credo che le persone faranno più ricerche e domanderanno cose diverse».

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[…]  Per esempio. Si potrà chiedere a Google di individuare la migliore palestra in un quartiere specifico di una città, raggiungibile a piedi da un indirizzo preciso entro un tempo massimo deciso da noi. O ancora si potranno chiedere suggerimenti su dove festeggiare l'anniversario con il proprio partner: nella demo le risposte generate comprendevano vari risultati su Google Maps, articoli in cui si menzionava la domanda, recensioni e altro.

 

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Il tutto in uno spazio sempre più ampio: già adesso il riquadro occupa gran parte dello spazio quando apriamo Google, con AI Overviews si estende ulteriormente. «Secondo i primi dati, sembra che l'implementazione attuale di Overviews possa aumentare addirittura i click, perché fa scoprire qualcosa che forse il tradizionale risultato non metteva in evidenza. Questo accade perché ovviamente il modello attuale di business costringe Google e analoghi a non penalizzare troppo i siti web. Ma nel medio futuro la situazione è destinata a cambiare: i click spariranno, ci sarà il trasferimento di dati da un agente a un altro», dice Andrea Volpini, esperto di Web semantico e Ceo di WordLift.

 

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I protagonisti diventeranno ChatGpt, Gemini (quello di Google), Claude, Grok, chatbot in grado di dialogare con gli utenti in modo preciso e — soprattutto — quasi umano. «Quel tipo di interfaccia che non è basata sulla tradizionale barra di ricerca è molto più funzionale» prosegue Volpini. «Le statistiche sono piuttosto evidenti: siamo pronti anche ad accettare una bassissima qualità della risposta, perché è comunque così grandemente migliore il risultato di un'interazione dialogica».

 

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Il problema è che non tutti avrebbero a oggi le competenze necessarie. Secondo Jakob Nielsen, co-fondatore del Nielsen Norman Group, in Paesi come gli Stati Uniti, il Nord Europa e l'Asia orientale, soltanto circa il 10% della popolazione è sufficientemente abile nella scrittura per porre le domande adatte (prompt è il termine tecnico).

 

Questo significa che affinché, questa percentuale si allarghi, gli strumenti devono evolversi per poter consentire a una fetta ben più grande di poterli usare anche senza avere la padronanza della lingua che è necessaria ora. «Stiamo andando in quella direzione senza troppo timore perché è di gran lunga migliore l'esperienza utente di una persona che oggi interagisce con un agente. Perché devo fare 15 ricerche quando posso diciamo dipendere da un assistente che le svolge per me?», aggiunge Volpini.

 

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Andrea Lavazza, docente di neuroetica all'Università Statale di Milano, […] sottolinea due aspetti preoccupanti. Primo: «Fidarsi troppo delle risposte, che possono essere errate, superficiali e standardizzate. Da questo punto di vista le piattaforme come Perplexity che mettono in evidenza le fonti possono aiutare. Bisogna inoltre ricordarsi che la macchina viene istruita a rispondere in un determinato modo su temi delicati come suicidio o aborto. E la linea adottata potrebbe non soddisfare tutti».

 

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Secondo: «Le versioni gratuite di questi chatbot servono soprattutto per addestrare le macchine, tutte le ricerche che milioni di persone fanno ogni giorno sono utili ai vari ChatGpt o Gemini per perfezionarsi. È possibile che in futuro, invece, tutto vada a pagamento. Quindi bisognerà confrontarsi con un tema di uguaglianza, accesso, possibilità. Stiamo parlando di aziende private, non di benefattori».

 

[…] Probabilmente, continueranno a esistere motori di ricerca gratis. Ma non rappresenteranno la modalità di interazione più semplice e immediata e, laddove non abbozzeranno risposte esaustive, ci indirizzeranno in molti casi a portali a pagamento.

 

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Un altro potenziale rischio di cui tenere conto, secondo Volpini, è la capacità di questi assistenti di essere sempre più simili agli umani: «Abbiamo evidenti studi che dimostrano che nel momento in cui una persona interagisce a livello dialogico abbassa la soglia del controllo perché si sente più tutelata, quindi l'essere umano è più fragile. I grossi drammi oggi di questi strumenti sono proprio legati a questa interfaccia per la quale ancora non abbiamo sufficienti anticorpi». […]

 

 

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