Alessia Pedrielli per “Libero Quotidiano”
Il principio è sancito dal codice civile: «Padroni e committenti rispondono dei danni arrecati dai loro dipendenti». Stavolta però non si tratta di un' azienda ma della Diocesi di Vicenza chiamata a rispondere, in sede civile, del comportamento di un suo parroco, imputato per violenza sessuale. Giuridicamente si tratta di una "bomba", pronta a sgretolare l'intangibilità delle ricchezze della Santa Sede: cosa accadrebbe, infatti, se fosse la Chiesa a dover pagare per ogni abuso sessuale perpetrato dai suoi sacerdoti?
Il caso è quello di don Giovanni Baccega, 81 anni, parroco di Sant' Antonio del Pasubio, piccola frazione nel vicentino. Don Gianni, come tutti lo chiamavano, per l' accusa, nell' esercizio delle sue funzioni, toccò in modo morboso due sorelle di 13 e 15 anni che frequentavano la parrocchia e che si fidavano di lui in quanto amico di famiglia. I fatti risalgono al periodo tra il 2007 e il 2008: a denunciarli è stata la madre delle ragazze che nel 2013, consigliata dai servizi sociali, ha sporto denuncia spiegando di aver atteso tanto a raccontar la verità proprio perl' amicizia che legava il parroco col patrigno delle giovani.
L' uomo, in nome del legame con il don che aiutava economicamente la famiglia, le avrebbe invitate al silenzio, continuando a frequentare la parrocchia. Don Gianni avrebbe molestato la sorella più grande svariate volte, approfittando dei momenti della confessione in cui si trovava appartato con lei e, in un' occasione, avrebbe allungato le mani anche sulla più piccola. Il parroco ha sempre respinto le accuse, ma è finito comunque a processo e ora la mamma e le due ragazzine chiedono un risarcimento da 100mila euro.
RIVELATI I FILE SUI PRETI PEDOFILI
In caso di condanna, a garantire per la cifra richiesta sarà la Diocesi di Vicenza. Il collegio giudicante, infatti, ha accolto la richiesta dei legali secondo cui in base all' articolo 2049 del codice civile, «i datori di lavoro» sono vincolati ai sottoposti per un «rischio» di tipo «extracontrattuale» che un datore di lavoro assume nella scelta del proprio collaboratore. Vincolo in questo caso rafforzato dal legame fiduciario che intercorre tra un Vescovo e i suoi parroci.
«La diocesi è un ente che sceglie i suoi dipendenti in base a un rapporto di fiducia e deve sapere e controllare chi nomina» dice l' avvocato Giovanni Bogoni di Verona che, insieme ai colleghi Michele Spina e Antonella Bonazzo segue le parti, «nella nostra richiesta abbiamo configurato un rapporto di dipendenza e di fiducia tra i soggetti» in quanto «la nomina diretta dei parroci spetta al Vescovo ed è onere del Vescovo verificare l' integrità e l' onestà dei parroci delle proprie parrocchie». La Diocesi inoltre «è un ente a tutti gli effetti» per cui esiste una responsabilità e un obbligo di vigilanza».
Così, certamente, funziona negli Usa, come dimostra il caso della chiesa di Boston, raccontato nel film Spotlight, vincitore del premio Oscar: l' arcivescovo di Boston, accusato di aver permesso a una novantina di preti, accusati di abusi sessuali su minori, di continuare ad esercitare, fu costretto a dimettersi e la Chiesa dovette risarcire direttamente le vittime con somme così ingenti che tre Diocesi, in pochi mesi, finirono in bancarotta.
In Italia, invece, la giurisprudenza sul tema è ancora scarsa e i legali che seguono il caso di Vicenza si sono basati su due recenti precedenti. A Lecce, nel gennaio 2014, un parroco è stato condannato a 3 anni e mezzo di carcere per abusi sessuali e la Curia locale a risarcire 20mila euro alla vittima. Stessa cosa a Bolzano, dove il processo a un prete è finito in prescrizione, ma il Tribunale Civile nel 2013, ha sentenziato che dovranno essere le diocesi di Bolzano e Bressanone e la parrocchia dove il don esercitava, a risarcire 700mila euro alla vittima.