Francesca De Martino per “il Messaggero”
Avrebbe continuato a prescrivere con tutta tranquillità cure a base di bicarbonato e prive di riscontri scientifici ai malati di tumore: lo avrebbe fatto con una semplice videochiamata tramite Whatsapp o Skype, nonostante non fosse ormai più un medico da tempo. In un caso, sempre via social, avrebbe rilasciato un semplice consulto a pagamento. E, ancora, avrebbe anche visitato di persona una paziente oncologica e ordinato di fare una tac.
Per questi fatti l'ex oncologo Tullio Simoncini, 71 anni, radiato dall'Ordine dei medici per aver pubblicizzato sul suo sito internet presunte terapie pericolose, è finito a processo davanti al Tribunale monocratico di Roma. Il pm Mario Pesci contesta all'imputato l'esercizio abusivo della professione medica, ai danni di quattro pazienti.
I fatti contestati dalla Procura si sarebbero consumati nel 2016.
Secondo quanto ricostruiscono i pm, Simoncini, assistito dall'avvocato Cesare Piraino, avrebbe esercitato «abusivamente la professione medica, per la quale si prevede la specifica abilitazione da parte dello Stato». Un titolo, quello di medico specializzato in oncologia, che l'imputato avrebbe perso circa dieci anni prima.
L'ex medico, per l'accusa, aveva ricevuto a ottobre 2016 una paziente 34enne, malata di tumore, nel suo studio. L'aveva visitata, pur non essendo più iscritto all'Ordine. In base a quanto si legge nel capo d'imputazione, il 71enne aveva palpato l'addome della donna e le aveva addirittura prescritto una tac. Ad aprile dello stesso anno, invece, avrebbe agito via Skype. Secondo quanto sostiene l'accusa, aveva rilasciato un consulto medico virtuale, chiedendo pure il pagamento delle dritte a una 37enne. E ancora, a novembre, sempre di quattro anni fa, tramite social, avrebbe consigliato a una giovane, malata anche lei di tumore, dei lavaggi al bicarbonato, da lui chiamati washing.
Ma non è tutto. A marzo, per i pm, l'avrebbe fatta ancora più grossa. L'ex oncologo avrebbe consigliato a un paziente 61enne delle punturine con bicarbonato di sodio diluito al 5 per cento per guarire dalla malattia. Ma non è la prima volta che Simoncini, incensurato, si trova sul banco degli imputati. Proprio a gennaio 2018, era stato condannato dai giudici di piazzale Clodio a 5 anni e sei mesi per omicidio colposo ed esercizio abusivo della professione, per fatti avvenuti nel 2012. La sentenza era stata poi annullata con rinvio dalla Cassazione: gli Ermellini avevano stabilito che quel processo si sarebbe dovuto rifare.
Secondo i magistrati di primo grado la sua cura a base di bicarbonato, nell'ottobre del 2012, sarebbe costata la vita a Luca Olivotto, 27enne di origini siciliane. Il ragazzo era andato a farsi curare nella clinica dell'imputato con sede a Tirana, in Albania, per guarire da una neuropasia cerebrale. Era partito con la speranza della guarigione e avrebbe speso ben 20mila euro. Zero rischi e zero controindicazioni, oltre al «70% di possibilità di riuscita della terapia». Almeno così, secondo quanto era emerso nel corso del processo di primo grado, avrebbe assicurato alla famiglia del paziente Simoncini, che in Italia già nel 2012 non poteva più esercitare la professione medica. Il giovane era fiducioso dell'esito positivo del trattamento.
Ma dopo le somministrazioni di bicarbonato il suo quadro clinico si sarebbe fatto subito più critico tanto che l'ex oncologo avrebbe subito interrotto la terapia. Non bastò e il giovane perse la vita due giorni dopo. Per i fatti del 2016, i primi testimoni verranno ascoltati dal Tribunale a marzo 2023.