ANCHE LA FRANCIA HA IL SUO GEORGE FLOYD. MA NESSUNO NE PARLA – IL 19 LUGLIO 2016 IL 24ENNE ADAMA TRAORÈ MORÌ MENTRE ERA IN STATO DI ARRESTO IN UNA CASERMA DI UNA BANLIEUE DI PARIGI – MARTEDÌ MIGLIAIA DI PERSONE HANNO MANIFESTATO PER RICORDARLO. TRA PERIZIE E CONTROPERIZIE, A QUASI 4 ANNI DALLA MORTE NON È STATA ANCORA FATTA GIUSTIZIA – VIDEO

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1 - LA POLIZIA UCCIDE I NERI PURE NELLA FRANCIA SOCIALISTA

Giovanni Longoni per “Libero quotidiano”

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In Francia c' è un caso che assomiglia a quello di George Floyd, l' afroamericano di 46 anni soffocato dall' agente della polizia di Minneapolis Derek Chauvin, 44 anni, lo scorso 25 maggio. Si tratta della morte - avvenuta il 19 luglio 2016 - di Adama Traorè, nero di 24 anni, mentre era in stato di arresto in una caserma della Gendarmeria. Martedì scorso migliaia di persone hanno manifestato in numerose città transalpine (Parigi, Lille, Lione e Marsiglia) contro la violenza delle forze dell' ordine.

 

Nella capitale la sfilata è degenerata in scontri con la polizia e circa 18 persone sono finite in arresto. Fin qui, le somiglianze fra le due vicende. La differenza macroscopica è che di Floyd e dei disordini scoppiati un po' ovunque negli Stati Uniti leggiamo sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo, mentre sulla morte e sugli scontri per Traorè c' è poca attenzione, soprattutto in Italia.

 

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Non basta dire che è una questione di proporzioni: cioè che i "riots" che stanno facendo vacillare la stabilità del gigante americano (già provato dall' emergenza Covid-19) sono un evento più importante dei 20mila "casseurs", di cui molti adolescenti, che hanno dato l' assalto al palazzo di giustizia parigino.

 

DUE PESI DUE MISURE

In realtà, la morte di Adama è ancora più inquietante di quella di George: perché sotto accusa non sono "sceriffi" assoldati da amministrazioni locali Usa che non vanno tanto per il sottile nel reprimere i crimini e che fanno del pregiudizio contro neri e latini (racial profiling) la base del loro mestiere. Sul banco degli imputati qui c' è la Gendarmerie francese, forza di polizia di uno Stato europeo, ben addestrata e i cui vertici hanno chiaro che il loro compito è anche politico. Altro fattore che rende le violenze transalpine importanti è la facilità con cui le banlieue esplodono in rivolte a sfondo razziale.

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Come negli Usa, se non peggio. Quindi ci si può chiedere se la disparità di trattamento mediatico non dipenda dal fatto che le violenze americane si possono usare per screditare il presidente Trump, mentre quelle francesi no (si rammenti che il caso Traorè inizia quattro anni fa, cioè quando all' Eliseo non c' era Macron bensì il socialista Hollande).

 

PERIZIA E CONTROPERIZIA

Adama Traorè venne arrestato dai gendarmi dopo un inseguimento e la fuga al primo tentativo di arresto. Passarono due ore e venne torvato morto nella caserma di Persan (Val d' Oise, hinterland parigino). A oggi è ancora in corso l' inchiesta su cause e responsabilità: al centro delle polemiche, l' esito delle varie perizie fatte eseguire a medici ed esperti sia dalle autorità che dalla famiglia.

 

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L' ultimo rapporto commissionato dai Traorè, pubblicato questa settimana, ha capovolto le conclusioni della perizia ufficiale che respingeva la responsabilità di tre gendarmi. Gli agenti hanno al momento lo statuto di testimoni per ommesso soccorso a persona in pericolo.

 

La nuova perizia attribuisce invece il decesso di Traorè a una «sindrome da asfissia a seguito di un edema cardiogenico provocato da una asfissia da posizionamento indotta dal placcaggio ventrale». Per il legale della famiglia, Yassine Bouzrou, «questa nuova perizia smonta punto dopo punto quella ufficiale della scorsa settimana, comprovando che sia stato il placcaggio ventrale a causare la morte del giovane».

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Le parti civili hanno 10 giorni a disposizione per chiedere ai giudici di far procedere ad una nuova controperizia. Ma gli scontri di piazza repressi dalla polizia con lancio di gas lacrimogeni hanno ridato vigore alle polemiche. In Parlamento il ministro degli Interni Christophe Castaner ha difeso l' operato delle forze dell' ordine nella recente vicenda di Gabriel Jovanovioc, un adolescente di 14 anni gravemente ferito a un occhio durante il suo fermo per tentato furto di motorino a Bondy (Senna-Saint-Denis).

 

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«C' è una polizia repubblicana che, in questo Paese», ha dichiarato il ministro, «protegge uomini e donne da tutto, anche dal razzismo. Anche il governo combatte con forza il razzismo su ogni fronte e ogni qualvolta necessario». In bocca al lupo.

 

2 - ANCHE A PARIGI LA RABBIA «NERA» DELLE BANLIEUE «MIO FRATELLO MORÌ ASFISSIATO DOPO L'ARRESTO»

Francesco De Remigis per “il Giornale”

 

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C' è un filo di rabbia che lega New York a Parigi: il caso di Adama Traoré, deceduto il 19 luglio 2016 nel giorno del 24esimo compleanno dopo un fermo di polizia nella banlieue. Le autorità hanno sempre escluso responsabilità. Martedì sera è arrivata la versione della sorella: asfissiato per «placcaggio ventrale» dal gendarme che lo immobilizzava. A dirlo, la controperizia della famiglia in un timing perfetto per innescare una miccia già imbevuta Oltralpe. Quella delle rivolte sociali.

 

Basta un pretesto per ripartire. L' ennesima autopsia, la terza, ha infatti scatenato una nuova protesta dei «neri di Francia». Chiedono giustizia al grido di «Traoré come Floyd»: slogan in inglese, rabbia connessa agli eventi sull' altra sponda dell' Atlantico e 20mila persone disperse a colpi di gas lacrimogeni martedì. Un milione di euro di danni e 18 arresti in una manifestazione davanti al tribunale parigino.

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Dopo la pubblicazione del nuovo rapporto che coinvolge i gendarmi nella morte del ragazzo, la sorella soffia sul fuoco: «Non è più la battaglia della famiglia Traoré, ma di tutti voi». Detto, fatto. Ville Lumière illuminata dai fumogeni e dose rincarata sui media, ieri: «La morte di Floyd ricorda quella del mio fratellino», dice Assa in tv. Non chiede solo «giustizia» per il 24enne, accende gli animi (e la banlieue).

 

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Sulla carta, i «neri di Francia» hanno risposto alla chiamata del comitato di supporto alla famiglia del 24enne. Un «omaggio al Floyd di Parigi» contro ogni violenza della polizia però trasformato in un campo di battaglia, facendo piombare Parigi in un' atmosfera simile a quella newyorkese. Arredo urbano distrutto, negozi alle fiamme. Scontri a Porte de Clichy. È tornato l' incubo della banlieue?

 

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L' avvocato di due dei tre gendarmi che arrestarono Traoré, Rodolphe Bosselut, ha l' impressione «che ci sia uno sfruttamento delle notizie americane, stanno cercando di importarle in Francia, nulla a che fare con Traoré». La portavoce del governo chiede «pacificazione», rifiutando il parallelismo: prudenza, dice Sibeth Ndiaye, «situazione non comparabile né sul piano storico, né sociale». Inevitabile, però, riportare l' orologio al 2005, alla rivolta della banlieue che colpì duramente Parigi. «Smettete di chiamarli giovani - disse l' allora ministro dell' Interno Sarkozy in tv - sono feccia, canaglie, ribadisco e firmo».

 

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Allora si infuriò il campione del mondo Lilian Thuram. Oggi c' è Kylian Mbappé in prima fila a stigmatizzare certe derive. «La violenza di Stato non è insita nel nostro Paese», insiste l' esecutivo. Ma tutto si svolge in un clima che vede da tempo le forze dell' ordine accusate di sproporzionato uso della forza: nel 2014, nel 2016 e contro i gilet gialli. A inizio anno Macron parlò di «migliorare la deontologia» dei gendarmi. Il precedente di Sarkozy che definì «feccia» i casseur, termine usato anche da Trump, è vivo. Pronto a infuocare le piazze e non più solo le periferie. Insiste la sorella di Traoré.

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«L' unico responsabile degli scontri è il prefetto Lallement». Che ribatte: «Polizia né violenta, né razzista». In serata è dovuto intervenire in Parlamento il ministro dell' Interno Castaner: «Ogni responsabilità, comprese espressioni razziste, sarà oggetto d' indagine e punita». Memore, forse, dell' assoluzione del 2015 per gli agenti che scatenarono la rivolta di dieci anni prima.

 

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