Estratto dell’articolo di Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
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1 Perché si è tornato a parlare di un accordo tra Hamas e Israele?
Venerdì il presidente Joe Biden ha annunciato su X: «Sei settimane fa ho delineato un quadro completo per raggiungere il cessate il fuoco e riportare a casa gli ostaggi. C’è ancora del lavoro da fare e si tratta di questioni complesse, ma questo quadro è ora accettato sia da Israele che da Hamas». Le trattative si erano interrotte agli inizi di giugno, dopo il raid israeliano in cui sono stati liberati 4 ostaggi.
2 Cosa prevede questo nuovo accordo?
L’intesa riguarda la fine dei combattimenti e la liberazione degli ostaggi israeliani in cambio di prigionieri palestinesi e prevede diverse fasi. […] Israele e Hamas avrebbero concordato […] per «un governo ad interim» nella Striscia di cui nessuno dei due avrebbe il controllo.
benjamin netanyahu
La sicurezza «sarebbe garantita da una forza addestrata dagli Stati Uniti e sostenuta da alleati arabi moderati con circa 2.500 sostenitori dell’Anp a Gaza, approvati da Israele». Se così sarà, uno dei punti più controversi del futuro della Striscia — quello in cui Hamas accetta di mettersi da parte a Gaza — sarebbe risolto.
3 Quali sono i nodi più complicati a sciogliere?
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito anche ieri che vuole il controllo israeliano del Corridoio Filadelfia, tra Gaza e l’Egitto, per impedire il contrabbando di armi ad Hamas e quello del valico di Rafah: entrambi già in mano dell’Idf.
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Inoltre un alto funzionario israeliano, coinvolto nei negoziati afferma che Netanyahu sta ostacolando l’accordo con nuove richieste, in particolare con il meccanismo di controllo che impedisce agli agenti armati di Hamas di tornare nel nord di Gaza. […]
4 Come hanno reagito i parenti degli ostaggi?
Ovviamente l’idea che l’accordo possa saltare di nuovo ha provocato forti preoccupazioni nel Forum dei parenti degli ostaggi che hanno manifestato anche ieri e che hanno chiesto a Netanyahu, di posticipare il suo intervento al Congresso americano, in programma il 24 luglio, sino alla firma dell’accordo per il rilascio degli ostaggi.
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