Giulio De Santis per il Corriere della Sera
L' anziano signore minacciato con i bastoni solo perché aveva rivolto loro un rimprovero. Tre adolescenti picchiati nella notte senza alcuna ragione. Botte anche a un altro minorenne, ferito agli occhi, dopo averlo avvicinato con una scusa. Sono alcuni dei numerosi episodi di bullismo, avvenuti a Tor Bella Monaca tra l' estate e l' autunno del 2017, per cui nove ragazzi, all' epoca non più grandi di 16 anni, rischiano di finire sotto processo dopo la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura dei minori.
Diverse le accuse contestate alla baby gang: dalle minacce alle lesioni, per finire con la detenzione di armi e l' intralcio alla giustizia. Una squadretta di picchiatori - difesi dagli avvocati Valerio Aulino e Anna Romano - motivati solo dalla voglia di menare le mani e incutere paura, di «bullizzare» un intero quartiere, come novelli emuli dei protagonisti del film Arancia Meccanica.
Per mesi i giovani malviventi hanno girovagato per Tor Bella Monaca armati di tirapugni, coltelli e bastoni. Un gruppetto più ampio dei nove imputati. Ai raid infatti hanno anche preso parte due tredicenni, che non sono finiti sotto inchiesta essendo in età non imputabile. E le indagini hanno accertato che almeno altri sette minorenni hanno condiviso i pestaggi, solo che non è stato possibile identificarli. A ostacolare il lavoro degli inquirenti l' omertà del gruppo e l' impossibilità per gli aggrediti di riconoscere tutti i bulli. Il numero delle aggressioni contestate dalla procura è sei.
Dieci le persone prese di mira dalla squadretta, che ha picchiato senza fare distinzioni di razza, etnia o età poiché le vittime sono state anziani, stranieri e minori. Gli imputati, secondo il pm, fanno il loro esordio nel luglio del 2017.
Quattro del gruppo, inclusi i due minorenni non imputabili, vedono tre ragazzi, un romeno e due italiani, camminare. Con la scusa di chiedere una sigaretta, li avvicinano e, un attimo dopo, si avventano contro di loro. Il romeno prende un pugno in faccia, mentre ai due italiani toccano schiaffi e calci. Il raid dura pochi minuti, sufficienti a lasciare lividi sul corpo dei tre aggrediti. Dopo pochi giorni la scena si ripete. Stavolta la banda accerchia un minorenne in giro da solo. Prima gli domandano l' ora, poi lo picchiano ferendolo agli occhi (per fortuna in modo lieve). Altre bravate, sempre contro persone inermi, avvengono a settembre.
Il fatto più grave è a fine ottobre. Il gruppetto, quel giorno composto di cinque ragazzi, è seduto su una panchina e sta bruciando un giornale. Un anziano signore, 81 anni, li rimprovera con un tono brusco, come farebbe un nonno con i nipoti. La reazione è furibonda. I cinque si alzano in piedi, lo circondano, mostrano i bastoni e iniziano a batterli in terra. Il signore è terrorizzato e solo.
Fanno per avventarglisi addosso, ma l' anziano riesce a fuggire. E li denuncia, senza avere paura delle conseguenze. Eppure di timore potrebbe averne, visto cosa succede in seguito all' esposto. È il febbraio del 2018 quando gli imputati vengono a sapere di essere indagati e provano a intimorire le vittime per far ritirare le denunce.
Usano un ragazzo non coinvolto nei raid, che si presenta a un testimone. L' avviso è chiaro: deve rimangiarsi le accuse, altrimenti sarà picchiato. Per essere esplicito, il messaggero spedisce al teste un messaggio su Instagram: «Se t' hanno già menato, non c' hanno paura di rifarlo». Il ragazzo non desiste, nessuno fa marcia indietro. E ora la banda rischia di finire sotto processo.