Giacomo Amadori François De Tonquédec per "la Verità"
Se Domenico Arcuri voleva dare una scusa al premier Mario Draghi per poterlo mandare via ci è riuscito perfettamente. O meglio ci sono riusciti i suoi portavoce. Lunedì, durante la trasmissione di Nicola Porro Quarta Repubblica, l'ospite Mario Benotti, indagato per la fornitura monstre di mascherine cinesi, ha mostrato l'iphone con le chat scambiate con il commissario straordinario e, improvvidamente, un non meglio identificato ufficio stampa di Arcuri ha fatto mandare in onda una nota che si concludeva così: «Le affermazioni comparse sulla stampa per cui Benotti avrebbe agito su incarico di Arcuri non sono risultate provate dalle attività investigative che invece hanno stabilito, come riassunto nel decreto che dispone il sequestro, che il dottor Benotti ha millantato una relazione amicale e personale con il dottor Arcuri in modo occulto ed al fine di ottenere indebite utilità».
In realtà nei decreti nessuno ha denunciato una millantata «relazione amicale e personale». Anzi i pm hanno specificato che Benotti «sfruttando le sue relazioni personali con Domenico Arcuri, si faceva prima promettere e quindi dare indebitamente» 12 milioni di euro dal sodale Andrea Vincenzo Tommasi. La ricostruzione dell'entourage di Arcuri non è solo smentita dai tabulati telefonici (la Procura ha contato 1282 contatti), ma adesso anche dai messaggini che il giornalista Rai in aspettativa ha mostrato in video.
Ma perché il commissario sta negando l'evidenza? Nei rapporti tra Arcuri e Benotti qualcosa non torna. Il primo non vuole rispondere alle domande e si nasconde. Il secondo cerca il faccia a faccia, il duello in pubblico e davanti ai magistrati, non nasconde la sua irritazione.
Come quando ha scoperto che l'ufficio stampa aveva definito gli indagati «Benotti&c.»: «Posso usare un termine un po' forte, sono molto incazzato. Perché il Benotti&c. se lo possono mettere dove credono []. Per quanto riguarda il fatto che io abbia millantato amicizia o rapporto con il dottor Arcuri, benissimo io ho chiesto un incidente probatorio, speriamo che il dottor Arcuri venga a dire questa cosa».
DOMENICO ARCURI OSPITE DI FABIO FAZIO
Le comunicazioni tra i due si interrompono bruscamente il 7 maggio del 2020 e a ottobre, Benotti viene intercettato mentre prova a riallacciare i rapporti. Ma Mauro Bonaretti, capo di gabinetto del Mit quando il giornalista era consigliere giuridico nello stesso ufficio, lo dissuade: «(Arcuri, ndr) mi ha detto no, guarda, perché ci tengo. Voglio evitare che Mario si sporca [] mi ha detto di non farti vivo in questa fase, di lasciarlo un attimo per evitare casini».
Da questa chiusura Benotti aveva tratto la convinzione che gli stesse «per arrivare addosso» qualche inchiesta giudiziaria. Da Porro, ha raccontato la sua versione sull'interruzione dei rapporti nel maggio 2020: «Il commissario mi incontrò in una via di Roma. Arcuri, si fece precedere da una telefonata del dottor Bonaretti [] Mi dice che mi doveva vedere lui. Invece arrivano lui e il commissario.
Sotto il mio ufficio, in Prati a Roma. E mi dice che c'era una difficoltà, che a Palazzo Chigi lo avevano informato che c'era un'indagine su tutta questa situazione, forse dei servizi []. Da Palazzo Chigi si possono avere soltanto indagini che vengono dai servizi. Ma era anche normale che i servizi indagassero su questa cosa. [] mi pregò di interrompere qualunque comunicazione con lui, cosa che io ho fatto».
E forse per questa (presunta) richiesta Benotti in tv, a dicembre, aveva insinuato che la segnalazione dell'antiriciclaggio su di lui e i suoi soci era scritta con un linguaggio da apparati di sicurezza. Ricordiamo che la banca ha fatto la segnalazione a luglio e la Procura ha aperto il fascicolo a settembre.
Non possiamo escludere che nelle settimane precedenti i nostri 007 abbiano notato qualcosa di sghembo nella strana compagine di mediatori e lo abbiano segnalato al capo del governo. Ciò che pare certo è che Benotti e Arcuri, via messaggio, abbiamo comunicato tra loro con un linguaggio assai criptico e pieno di riferimenti ecclesiali (il broker, per esempio, invita l'amico nella sua «abitazione apostolica» e, in un'altra occasione, dice di ritirarsi in «canonica»).
Negli sms il giornalista spesso parla di sé in terza persona e si definisce «monsignore». Il primo messaggio mostrato in tv risale al 3 marzo, quando il commissario è ancora solo ad di Invitalia. Arcuri scrive allo «sconosciuto» Benotti: «Hai il cell spento. Domani mattina alle 8.30 debbo essere alla protezione civile. Nostro appuntamento rimandato. Quando esco ti chiamo e vediamo come fare. Scusami». Risposta di Benotti: «Monsignore, in posizione con incenso pronto e fumante per la processione». Il 10 marzo Arcuri è sulla rampa di lancio per diventare «Mister emergenza».
Benotti gli scrive: «Se risultasse spento il cellulare chiamami a casa per piacere». L'11 marzo, il giorno in cui Giuseppe Conte annuncia la nomina di Arcuri, Benotti comunica: «Contatto stabilito». Arcuri: «Molto bene». Benotti: «Domani in qualche modo preghiamo». Arcuri: «Sempre». Il 13 marzo Benotti fa sapere: «Oggi alle 18 terrò una concelebrazione "ad mentem Dominici"». Arcuri: «Bene! Peccato che se e quando la stessa dovesse produrre i suoi effetti il destinatario sarà morto!».
Benotti: «Facciamo sì che resti in vita». Verso le 20 e 30, sempre Benotti: «Con la certezza di sapere che il destinatario è ancora in vita sappia che la concelebrazione ha avuto termine ed è stato ricordato nelle invocazioni. Monsignore è rientrato in casa secondo le indicazioni del Governo». Arcuri confessa: «Il destinatario è e resta alla protezione civile: un distributore di morte». E in un altro messaggio esclama: «Sono vivo. Ahimé».
Domenica 15 marzo Benotti sembra avere buone nuove per il non ancora insediato commissario: «Ove posso depositarLe una nota credo utile e urgente? Verrei anche ad pedes. Preghiamo per il Paese». Arcuri: «Alla protezione civile. Oppure domani mattina in ufficio. Il che è meglio». Benotti: «Se vengo alla protezione civile anche per brevi istanti la Sua luminosa bontà e consegno a mano? [] Provo a vedere con anche miei canali se trovo mascherine intanto e ti faccio sapere. FFP2 e FFP3?».
Arcuri: «Sì». Benotti: «Cerco anche io». In un sms chiede lumi: «Dimmi anche di cosa si può avere bisogno e ci mettiamo in cerca». Arcuri: «Respiratori ok». Benotti: «Ok nel senso che devo cercarli?». Arcuri: «Sì. Per terapia intensiva». Benotti: «Siamo partiti con la ricerca». Il 24 marzo Benotti è generoso di complimenti: «Ho apprezzato il tratto istituzionale e quasi ecclesiastico del Suo comunicare. Migliore e più umano - pur nella fermezza - di chi fin qui ha comunicato». Il 25 marzo Arcuri risponde: «Buonanotte monsignore. Per lei che può dormire La ringrazio delle parole di apprezzamento».
Il 27 Benotti si augura la salute del suo committente: «Procura di rimanere in forma per piacere». Quindi riferisce: «Trovata quantità importante di respiratori. Informata Silvia Fabrizi (una funzionaria, ndr). Pronti ad intervenire. Ma soprattutto si conservi in forma». Arcuri: «Grazie. Glielo dico. Lo farò».
roberto speranza domenico arcuri
Lo stesso giorno, Benotti sottolinea di aver apprezzato il richiamo di Arcuri al fatto che ammalati e defunti siano nostri concittadini: «Solo il Capo dello Stato in serata ha avuto un pensiero per un concetto condiviso di cittadinanza». L'ad di Invitalia si mostra orgoglioso: «Confermo. Il Capo dello Stato ha anche ringraziato il Commissario. Ce la faremo».
Passa un giorno e Benotti scrive: «Esprimo i sensi della mia vicinanza e dello sforzo che stiamo profondendo per la riuscita dello sforzo del Commissario. Leggo di gelosie nei confronti del medesimo commissario - evidentemente confuso con la Madonna di Lourdes e correlate capacità miracolistiche - vuol dire però che stiamo andando bene. Un caro saluto e un gesto benedicente. Ce la faremo».
Arcuri conferma: «Ce la faremo!». Benotti il 5 aprile: «Buona domenica delle Palme. Si ricordi di una breve preghiera con Monsignore, ove fosse già rientrato. Noi sacerdoti insistiamo (rompiamo i coglioni) solo quando appare un superiore [] motivo. Preghiamo». Il mediatore promette preci «propiziatrici di grazie e favori celesti giorno». Il 6 aprile si vanta dei risultati raggiunti: «Monsignore ha pregato. Le preghiere hanno avuto efficacia. Il destinatario finale ne ha tratto beneficio, essendosi il suo cammino illuminato». Arcuri: «Molto bene. Sempre sia lodato».
Il 10 aprile Benotti chiede un nuovo incontro: «Ove lei avesse - compatibilmente con il momento - dieci minuti per me avrei bisogno di abbeverarmi al suo sapere». Il 12 aprile i due interlocutori si scambiano gli auguri di Pasqua e Benotti soggiunge: «Preghiamo intensamente. Mi dirà poi quando Monsignore potrà abbeverarsi senza rompere troppo i ponti. Con calma, prima di martedì alle 10».
Il giorno dopo, è il Lunedì dell'Angelo. Arcuri: «Ho avvisato l'uomo alla sbarra di farti passare. Mi trovi in cortile». Benotti: «Ok. 5 minuti al massimo». Passa qualche ora e il mediatore si fa riferimento a un nuovo abboccamento: «Se sulla strada del ritorno volesse intrattenersi 5 minuti Le direi due cose prima dell'udienza di domani. Che è anticipata alle ore 16. Nulla di urgente ma potrebbe essere opportuno. Preghiamo».
Il 15 aprile Benotti propone un ulteriore appuntamento: «Ho avuto una lunga conversazione di cui dovrei riferirTi. Fammi sapere tu». Due giorni dopo il giornalista aggiorna Arcuri: «Udienza costruttiva. Prospettiva a mio parere buona, da poter attivare in tempi ragionevolmente brevi». Arcuri: «Ti chiamo appena posso e vediamo come confrontarci». Il 21 aprile Benotti: «Se in giornata quando può prima di notte potesse dedicare dieci minuti a Monsignore egli sarebbe grato. Arcuri: «Oggi impossibile. Proviamo domani. Ciao».
La sera il giornalista si spertica in elogi: «Le uniche vere dichiarazioni degne di un Ministro o di un Presidente del Consiglio in questo manicomio sono le tue caro Domenico. E le uniche dotate di buonsenso e nel contempo senso pratico. Ti prego di credere che non te lo dico per effetto della nostra amicizia, ma per il senso politico alto e dello Stato che traspare dal Tuo lavoro. Un caro abbraccio».
Arcuri, per nulla infastidito da una simile manifestazione di affetto, replica: «Grazie! un abbraccio». Il 26 Arcuri è ospite della trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa. Benotti non sta nella pelle: «Monsignore -per potersi unire spiritualmente - vorrebbe conoscere l'orario della Sua omelia televisiva serale. Possibilmente precisa. Per limitarsi alla sua predica non sopportando Monsignore - pentendosi per questo - l'Officiante Principale (Fazio, ndr). Sia lodato Gesù Cristo». Arcuri pare contento di aver un telespettatore in più: «21:30 circa. Secondo ospite. Dopo il presidente della Camera». Benotti: «Ci uniremo».