Estratto dell’articolo di Francesco Bechis per “il Messaggero”
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Inabissata tra retroscena e voci rincorse in Parlamento, ecco riaffiorare la riforma dei Servizi segreti italiani. Riforma light, che non riscrive da cima a fondo la struttura delle agenzie di intelligence eppure propone di introdurre novità di peso. Un Consiglio di sicurezza nazionale. Una strategia di sicurezza nazionale, come quelle che adottano gli Stati Uniti.
Soprattutto, uno "zar" degli 007 italiani, ovvero un'Autorità delegata alla sicurezza - per intenderci, il ruolo oggi ricoperto da Alfredo Mantovano - molto più incisiva di quanto non sia oggi.
[…] Il testo, appena depositato alla Camera, porta la firma di un deputato del Partito democratico. Non uno qualunque però: l'unica firma in calce è di Lorenzo Guerini, già ministro della Difesa, oggi presidente del Copasir, il comitato bipartisan che controlla i Servizi italiani. Insomma, un nome che salta all'occhio per chi conosce il peso e la reputazione nel settore del veterano e volto di punta dei riformisti democratici.
alfredo mantovano giorgia meloni
Guerini propone di riscrivere una parte della legge 124 del 2007, la normativa "totem" del comparto intelligence in Italia. E in premessa fa notare che il nostro Paese è l'unico, fra tutti i membri del G7, a non aver ancora introdotto nel sistema la Strategia di sicurezza nazionale. Cioè quel documento che in America rendono noto una volta ogni quattro anni e ogni volta ha gli occhi del mondo addosso, perché traccia una mappa delle principali minacce da evitare, spiega come evitarle, quali risorse e mezzi mettere in campo.
[…] la legge di Guerini - ricordiamolo, presidente del Copasir e non è così usuale che chi ricopre la sua carica si faccia avanti con una riforma del comparto - è più ambiziosa. La grande novità, di certo quella che più accenderà il dibattito, è nell'incipit. Ovvero la previsione obbligatoria, dunque non più facoltativa, di una Autorità delegata che controlli i Servizi segreti.
ELISABETTA BELLONI - G7 DI BORGO EGNAZIA
Meloni ha scelto Mantovano, Renzi all'epoca fece di Marco Minniti lo "zar" delle spie tricolori, Draghi chiamò a corte Franco Gabrielli. Conte (come prima di lui Gentiloni) invece tenne per sé i poteri di controllo: niente deleghe. E anche per questo dettaglio - si fa per dire - il governo Pd-Cinque Stelle da lui guidato è finito nel mirino di una feroce campagna di Renzi al grido: «Cedi i poteri sui Servizi». […]
Guerini - chi lo conosce giura che il presidente del comitato di Palazzo San Macuto si è confrontato con diversi addetti ai lavori, dentro al comparto e anche in maggioranza - propone invece di "costringere" i premier a istituire un super-controllore delle spie. Peraltro con poteri e prerogative più importanti di quelle previste oggi.
Da un lato la facoltà esclusiva di disporre ispezioni nelle due agenzie, Aisi e Aise, e nel Dipartimento che le coordina, il Dis oggi guidato da Elisabetta Belloni. Dall'altro il potere, questo facoltativo, di autorizzare «l'esercizio di condotte previste come reato».
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In gergo tecnico si chiamano "garanzie funzionali" e sono state ampliate notevolmente dal governo in carica per permettere agli agenti italiani di infiltrarsi sotto copertura in organizzazioni terroristiche o mafiose, commettere reati senza rischiare di finire a processo.
Sempre all'Autorità delegata, così prevede la legge Guerini, andrebbe riferita dai capi delle agenzie l'informazione di attività sotto copertura autorizzate. Non sono dettagli, anzi. E chissà come può prenderla Conte, che le cronache di Palazzo Chigi raccontavano premier deciso a marcare strettissima l'intelligence italiana, senza troppi intermediari.
Tra le altre novità, la strategia di sicurezza da adottare ogni tre anni, documento che dovrebbe contenere «gli interessi strategici della Repubblica» così come «le minacce e i rischi che possono influenzare la vita della comunità nazionale», dalla «protezione della popolazione» alla «integrità del territorio». […]
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Notevole, tra le proposte dell'ex ministro, quella di istituire un Consiglio di sicurezza nazionale sulla scia di quello americano che a breve Donald Trump dovrà nominare. Al tavolo siederebbero i ministri clou per la sicurezza - Interno, Esteri, Difesa, Giustizia, Economia - insieme al Capo di Stato maggiore della Difesa e il direttore del Dis. Oltre, va da sé, al sottosegretario con la delega ai Servizi. Gli altri resterebbero fuori.
La domanda a questo punto è d'obbligo: la riforma vedrà mai la luce? Difficile dirlo. Per due anni a Piazza Dante, la sede centrale dell'intelligence, si è dibattuto della "grande riforma", una possibile agenzia unica, poi per via di mille veti e contrarietà tutto si è fermato.
Va detto che la materia, politicamente parlando, è nitroglicerina pura. Servirebbe un asse bipartisan in Parlamento, con la benedizione del Colle. Dal governo nicchiano: non è tempo di riaprire il dossier, mentre si profila una nuova stagione di nomine: Belloni, sulla carta, scade il prossimo maggio. Intanto Guerini fa la prima mossa.
GUIDO CROSETTO CON LORENZO GUERINI E GIOVANNI DONZELLI AL COPASIR