Mario Ledwith per http://www.dailymail.co.uk
Hanno perso la rotta ma non la fede. Tra le dune di sabbia e le montagne di detriti del campo profughi di Calais, la cittadina francese affacciata sulla Manica, i migranti in attesa di trovare un varco verso l’Inghilterra hanno costruito una chiesa che è diventata il centro della loro comunità. Come la maggior parte delle strutture del campo, anche la chiesa “St. Michael”, di rito ortodosso etiope, è stata costruita con travi di legno e teloni donati da organizzazioni di beneficenza o semplicemente trovati nell’immondizia.
La chiesa non è solo un faro spirituale per la comunità, ma anche un indizio di quanto i migranti siano disposti ad attendere pur di riuscire a raggiungere la Gran Bretagna. Così, quando un gruppo di uomini etiopi ed eritrei hanno capito che l’attesa non sarebbe stata breve, hanno deciso innanzitutto che avevano bisogno di un luogo dove pregare: ci sono voluti 2 mesi di tempo e le braccia di circa 35 uomini per mettere in piedi la struttura, capace di accogliere tra le 150 e le 200 persone.
In mancanza di un sacerdote ufficiale, le cerimonie sono condotte da Mima, un rifugiato etiope di 29 anni considerato la guida spirituale della comunità in virtù dei suoi studi in teologia, ma sono tante le persone coinvolte nell’organizzazione della vita spirituale di oltre 500 fedeli. Anche dopo la fine delle cerimonie ufficiali, infatti, i migranti continuano a togliersi le scarpe in segno di rispetto e a varcare la soglia della chiesa di St. Michael per partecipare ai gruppi di preghiera, o semplicemente per raccogliersi in se stessi.
Uno dei migranti che ha aiutato a costruire la chiesa è Soloman Grama, un 39enne etiope che ha lasciato la sua casa ad Addis Abeba più di una anno fa per attraversare mezza africa e poi comprarsi per 1,500 dollari il posto sul barcone che l’ha portato in Europa: “Nonostante mi sia lasciato alle spalle tutto - dice - non ho mai perso la fede. Mia moglie e mio figlio di 5 anni, Yabsora, vivono a Liverpool e io spero di raggiungerli entro la fine dell’anno ma, nel frattempo, abbiamo costruito questa chiesa intitolata all’arcangelo Michele affinché ci protegga”.
Entrando, ci sia accorge subito che la maggior parte dei fedeli che assistono alla cerimonia del sabato, recitata in aramaico, sono donne. “ Nonostante il meltin pot presente al campo - i musulmani sono la comunità numericamente più rilevante - e le numerose faide religiose e culturali, un fedele dice che la chiesa non ha provocato fino ad ora nessuna tensione.
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