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Giuseppe Guastella per www.corriere.it
Si chiude con una richiesta di archiviazione «per manifesta infondatezza della notizia di reato» esposta nella querela per diffamazione presentata dal Codacons contro Fedez. Un duro scambio di accuse tra l’associazione di consumatori e il rapper che aveva contestato alla prima di voler «bloccare tutte le raccolte fondi private» per la lotta al coronavirus.
A partire da quella che stava conducendo con la moglie Chiara Ferragni e per la quale la coppia ha ricevuto l’Ambrogino d’oro, massima onoreficenza della città di Milano. «Diritto di critica», scrive il pm Francesca Gentilini. L’associazione potrà opporsi all’archiviazione.
LA RACCOLTA FONDI DI FEDEZ E CHIARA FERRAGNI PER LA TERAPIA INTENSIVA DEL SAN RAFFAELE
Nonostante la ritenga «inammissibile» per questioni procedurali, il pm affronta comunque il contenuto della querela presentata dalla sede siciliana dell’associazione di consumatori, nel caso in cui il gip non condividesse il suo primo parere.
Il pm milanese spiega che il Codacons «in modo assai confuso, contorto e per certi aspetti non aderente agli stessi fatti allegati o dedotti», ritiene di «essere stato offeso» dalle dichiarazioni fatte da Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, in un video postato su Instagram che è stato condiviso e rilanciato dai suoi follower sottoponendo così l’associazione ad una «vera e propria gogna mediatica».
CHIARA FERRAGNI - COMUNICATO CONTRO IL CODACONS
Tutto parte il 27 marzo, data in cui Fedez carica il video in cui attacca il Codacons accusandolo di voler bloccare «tutti i milioni di euro che sono stati raccolti per gli ospedali pubblici, di cancellarli e stopparli», dopo che l’associazione aveva emesso un comunicato in cui diceva che «sulla raccolta fondi avviata da Fedez e Chiara Ferragni... vuole vederci chiaro» e denunciava le commissioni «ingannevoli e truffaldine» applicate dalla piattaforma americana Gofundme, usata dalla coppia, chiedendo di sapere quanto avevano «effettivamente» dato al San Raffaele.
L’associazione afferma che Fedez avrebbe estrapolato «solo la frase di suo interesse» omettendo che il Codacons voleva «assicurare la certezza e la trasparenza» delle tante collette che si stavano facendo nella prima ondata della pandemia e bloccare «esclusivamente quelle (...) che si fossero rivelate ingannevoli».
Non la pensa così la pm Gentilini secondo la quale Fedez, assistito dagli avvocati Gabriele Minniti e Andrea Pietrolucci, ha dato una «giustificabile, pertinente e continente risposta all’iniziativa del Codacons, che era finalizzata a paralizzare» proprio la raccolta dei Ferragnez.
Non ha fatto estrapolazioni perché nello stesso comunicato, che si «concentra» su quello che stava facendo la coppia, è chiara la richiesta di «bloccare tutte le raccolte fondi private, senza eccezioni e senza condizioni», anche se in fondo c’è scritto che l’intenzione è di fermare in generale tutte quelle «ingannevoli o che applicano commissioni nascoste».
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Fedez ha precisato al magistrato che Gofundme «aveva già deciso» di destinare le commissioni incassate alla loro iniziativa ancora prima del comunicato del Codacons e che l’Antitrust intervenisse imponendo di eliminarle.
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Per il pm, la vicenda è resa ancora più confusa da un altro video in cui il presidente Codacons, Carlo Rienzi, accusa i Ferragnez di aver«fatto derubare i cittadini di 200-400 mila euro» che «dovranno restituire». Non risulta che la coppia abbia incassato nulla.
Sono, a parere del magistrato, «informazioni non corrette» perché si ignora «totalmente il fatto» che Gofundme aveva già deciso di versare «il ricavato ad alcuni ospedali della Lombardia». C’è dell’altro. Fedez si era detto anche «indignato» per una colletta anti Covid-19 fatta dal Codacons che, sosteneva nel solito video, stava ingannando i consumatori perché i fondi finivano nelle casse dell’associazione.
Critiche «tutt’altro che peregrine», scrive il pm, dato che c’erano indagini della Polizia e un’interrogazione parlamentare e visto che il Codacons ha corretto il suo sito sulla campagna.
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