DAGONEWS
Che pena la scuola italiana. Mesi di proclami e non possiamo ancora garantire ai nostri figli il diritto all’istruzione. Se volete capire cosa succede in una delle migliaia di scuole distribuite sul territorio italiano leggete questo piccolo spaccato di realtà che arriva dal liceo artistico Catalano di Palermo.
Il bubbone esplode quando la mamma di Andrea, ragazzo disabile di 17 anni, si rivolge a “la Repubblica” (e non alla scuola) per permettere al figlio di tornare sui banchi appellandosi al diritto all’inclusione. Ma facciamo un passo indietro. Pochi giorni prima i consigli di classe non si erano espressi favorevolmente sulla possibilità di organizzare dei laboratori ad hoc con un ristretto gruppo di studenti per far tornare in classe anche i ragazzi con disabilità.
Non una cattiveria, attenzione. I professori avevano intuito la paura dei loro studenti di rientrare in classi pollaio dove ogni giorno sedersi al fianco di un compagno era una roulette russa. Un percorso a ostacoli che partiva sugli autobus affollati per arrivare in classi dove il distanziamento era una chimera. Sì, perché il tanto sbandierato distanziamento era solo un miraggio, così come i famigerati banchi con le rotelle. Si è tornati in aula a settembre con il cuore pesante. Venticinque ragazzini stipati in una classe, con il primo banco che sfiorava la cattedra dell’insegnante e la finestra spalancata sperando che il vento potesse portarsi via ogni traccia del virus.
Quando si è tornati in DAD molti studenti hanno tirato un sospiro di sollievo, perché la retorica delle letterine alla Azzolina dei ragazzi che vogliono tornare in classe a tutti i costi funziona solo per la propaganda politica. Ma andiamo avanti. Quando si è scelto di decidere se tornare in classe in una condizione identica a quella di prima gli studenti, che per DPCM non sono obbligati a rientrare, hanno gentilmente declinato l’invito. Dispiaciuti per i loro compagni disabili, ma la paura di portare il virus a casa c’è.
La mamma di Andrea non ci sta e si rivolge a “la Repubblica” che si intesta una battaglia per far tornare lui e altri studenti disabili in classe. La notizia arriva al direttore dell’ufficio scolastico regionale e alla ministra Azzolina e la preside invia un ordine di servizio agli insegnanti che devono tornare a scuola. La battaglia di Andrea e degli altri sembra vinta, ma questa è un’enorme sconfitta, non solo della scuola italiana. Le famiglie con ragazzi disabili sono sostanzialmente sole. Ci si rivolge alla scuola che, per questi genitori, non è solo il luogo dove i figli possono imparare e socializzare. È sostanzialmente la salvezza di chi non sa a chi lasciarli.
Oggi questi ragazzi rientrano in classe da soli. O meglio, la tanto sbandierata inclusione, che si basa sul principio di relazione con gli altri compagni, si riduce a una triste aula in cui ci si ritrova in tre: il ragazzo, l’insegnante di sostegno e il professore che, non senza difficoltà, prova a fare lezione agli altri venti studenti da casa. C’è chi, alla fine, ci riesce e chi no. Perché le difficoltà non sono finite qui: per nove mesi si è parlato solo di banchi a rotelle, mentre le scuole, spesso, non hanno nemmeno attrezzature decenti per predisporre una lezione a distanza. Il pc non va, pazienza. La connessione è ‘na ciofeca, amen. La scuola è finita, andate in pace.
lucia azzolina alla camera 2 prof in classe alunno solo a scuola 3 lucia azzolina LUCIA AZZOLINA