BESTEMMIE CULINARIE - LA CARBONARA SI FA CON LA CIPOLLA! SMONTATO IN UN LIBRO UNO DEI LUOGHI COMUNI PIÙ TENACI DELLA CUCINA ROMANA: NON SOLO IN FRANCIA, ANCHE A BOLOGNA NEGLI ANNI ’70 FACEVANO LA CARBONARA CON PANCETTA E CIPOLLA

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Testo di Massimo Montanari pubblicato da “la Repubblica”

 

CARBONARA CIPOLLA CARBONARA CIPOLLA

Guanciale sì, pancetta no.

Pecorino sì, parmigiano no. Olio sì, panna no. Il tuorlo sì, l' albume no.

Poi, se consulti i libri di cucina, o scorri i siti web, o telefoni al vicino, ti accorgi che sono in tanti a mettere la pancetta o a mettere il parmigiano, o a mescolare pancetta e guanciale, parmigiano e pecorino. E un po' di albume non si nega perché ammorbidisce...

 

E l' aglio? E la cipolla? Qualcuno li ha definiti «ingredienti della discordia», che possono rovinare un' amicizia. Ma se la possono rovinare, vuol dire che qualcuno ce li mette.

Il problema è chi decide le regole. Se una ricetta è firmata, «d' autore», gli ingredienti e la preparazione sono stabilite da qualcuno con nome e cognome.

 

Solo quella è «autentica». Ma se l' autore è collettivo - come è sempre il caso quando si tratta di ricette «tradizionali», o presunte tali - chi garantisce l' autenticità? Chi è il responsabile del procedimento?

 

Un po' di regole devono esserci, per forza. Dietro ogni ricetta immaginiamo prove, esperimenti, elaborazioni; immaginiamo progetti e casualità. Alla fine, uno standard si sarà fissato, condiviso nei princìpi di base, nella procedura, negli ingredienti.

 

CARBONARA CARBONARA

Una ricetta ha sempre delle regole - una ricetta è una regola. Ma nessuna ricetta è immobile e immutabile, fino a che qualcuno non la codifica. Ma a quel punto avrà una firma, un autore che pretende di avere interpretato l' autentico dichiarando «falso» quanto non si adegua alle sue scelte.Operazione di dubbia legittimità. Perché in quel modo la ricetta si fossilizza, esce dalla storia per entrare nella teologia. La storia è il luogo della vita e del cambiamento. Ciò che non vive e non cambia non le appartiene.

 

Per questo fatico a scandalizzarmi dello «scandalo francese» che ha fatto il giro del mondo sul web: una carbonara con pancetta e (horribile dictu) cipolla, con un tuorlo crudo aggiunto alla fine senza mantecare (gesto incriminato: ma ricordo che negli anni Settanta, in una trattoria di Bologna, lo servivano proprio così: vabbé era Bologna, mica Roma, però neppure Parigi). Allora che dovremmo dire delle carbonare «di mare», o di quelle vegane, che ormai si ammettono senza troppe discussioni?

 

Dice: fa' quello che vuoi, ma non chiamarla carbonara. Risponde: ma se la mia ispirazione è stata quella perché dovrei cambiare il nome? Il mio vuol essere un omaggio alla tradizione, che se ci pensi è anche innovazione, perché «tradizione» non è che un' invenzione riuscita particolarmente bene, che molti hanno condiviso e perciò è diventata tradizione. Dice: ma la tua invenzione è una schifezza. Risponde: se la comunità decide che è una schifezza, resterà uno sfizio mio e morirà dove è nata; se comincerà a piacere, comincerà a circolare e una nuova tradizione si sarà creata.

 

PASTA CARBONARA PASTA CARBONARA

Lo sentiamo dire di continuo: questo si fa così, questo si fa cosà. Il tortellino si riempie così. La tagliatella dev' essere larga tanto, alta tanto e spessa tanto. Perché si è sempre fatto così. E magari si va dal notaio e lo si registra. Un micidiale pregiudizio governa queste idee, queste azioni: che l' origine delle cose sia più importante, più «vera» del loro divenire; che la storia serva a ricercare le origini, per trovarvi il senso del presente e ripulirlo da ogni tradimento o depistaggio.

 

Ma il fatto è che le origini, allo storico, interessano poco; come amava ripetere Marc Bloch, ogni quercia nasce da una ghianda, ma il senso della quercia non sta nella ghianda, bensì nel modo in cui l' ambiente, il clima, il terreno le hanno consentito di crescere. È questa vicenda a interessare lo storico, non il punto da cui essa ha avuto inizio.

CARBONARA CARBONARA

 

La cucina è fatta di alcune regole e di molte libertà, quelle che, giorno dopo giorno, danno vita e corpo a un piatto, trasmettendolo dall' una all' altra generazione. Senza dogmi, senza rigidità.

 

La cucina è il luogo della variante e la ricetta è come uno spartito musicale, che si «realizza » solo quando viene interpretato, in modo ogni volta diverso. Se no tanto varrebbe ascoltare un disco - o mangiare cibi industriali, sempre uguali a sé stessi.

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