Roberta Amoruso per il Messaggero
Uno choc energetico. È questo, visto dai mercati, il rischio maggiore per l'Europa dopo l'escalation delle tensioni tra Russia e Ucraina. Saranno anche le sanzioni imposte dall'Ue a Mosca a dire fino a che punto può arrivare l'onda lunga, se arriverà, considerata la dipendenza del Vecchio Continente dal metano russo.
C'è di mezzo l'inflazione, un rischio serio per la crescita, e le preoccupazioni di perderne il controllo. Ma «le banche centrali possono aiutare», continuavano a dire ieri economisti e osservatori dei mercati che vedono allontanarsi la prima mossa della Bce. Ecco perché l'impennata del gas oltre 80 euro per megawattora (fino a +11%) seguita allo stop al gasdotto North Stream 2, il salto del Brent a sfiorare 100 dollari al barile, e la corsa a beni rifugio come l'oro, è considerata al momento una reazione fisiologica dei mercati. Insomma, niente panico.
LA GIORNATA Certo, l'avvio della giornata non prometteva bene ieri. I listini del Vecchio Continente sono partiti male con Mosca che lasciava sul campo fino all'8% dopo il meno 11% della vigilia. Per le piazze occidentali le perdite sono andate ben oltre il 2%, con Milano in calo del -2,7% sui timori di una degenerazione della crisi tra i due Paesi che si affacciano sul Mar Nero.
Poi il clima è un po' cambiato. Le rassicurazioni sulle esportazioni di gas verso l'Europa Occidentale del ministro russo dell'Energia Nikolaj Shulginov prima, e del presidente Vladimir Putin subito dopo, sono bastate a far scendere la temperatura sui listini. Dopo il rimbalzo positivo nell'Europa Occidentale, accompagnato dai dati Usa migliori delle stime sul fronte della fiducia delle imprese e dei consumatori, è arrivata la schiarita anche a Mosca, mentre a Wall Street gli indici tentennavano a cavallo della parità. È durata poco a New York: i timori degli effetti delle sanzioni annunciate dagli Usa e dall'Ue sulle aziende, in particolare nel settore tecnologico, hanno spinto gli indici di nuovo verso il basso.
putin e il gasdotto south stream
L'Europa, che chiude ore prima, è riuscita a rimanere vicina alla parità, tanto che la Borsa di Mosca ha finito per chiudere in rialzo dell'1,5%. Per Milano una chiusura quasi in parità. Ben più teso il clima sui titoli di Stato un po' ovunque in Europa. Il differenziale tra Btp e Bund tedeschi ha chiuso in calo a 168 punti, contro gli oltre 170 punti dell'apertura, a fronte di un rialzo di 1,3 punti del rendimento dei Btp all'1,92%. Ma hanno fatto peggio il Regno Unito (+6,3 punti), la Germania (+3,6 punti), la Francia (+1,7 punti), la Spagna (+1,9 punti), il Portogallo (+2,3 punti) e la Grecia (+4,5 punti). I titoli di Stato russi, finiti da giorni nel mirino, sono schizzati al rialzo di 30 punti con un rendimento del 10,88% e uno spread di oltre 1.064 punti sui Bund tedeschi. Non solo.
L'invio di truppe russe nella regione del Donbass, oltre a mandare in allarme i paesi occidentali e far avanzare l'ombra delle sanzioni per il Cremlino, ha letteralmente fatto schizzare al rialzo le quotazioni delle principali commodities. A sera il greggio è marginalmente rientrato dai livelli record della mattinata, con 93 dollari al barile per il Wti (+2,1%) e a 97,1 dollari per il Brent (+1,8%). Ma quota 100 dollari potrebbe essere riacciuffata già oggi, dicono gli analisti, visto che la Russia è uno dei principali produttori di greggio assieme a Stati Uniti e Arabia Saudita. In caso di sanzioni nei confronti di Mosca, avverte Algebris Global Credit Opportunities Fund, è da mettere in conto una riduzione dell'offerta di materie prime.
E un ulteriore aumento dei prezzi del 20% in Usa e in Europa, che potrebbe aggiungere circa un punto percentuale all'inflazione. In forte rialzo ieri anche il gas (+9,96% a 79,79 euro al MWh), seppure ben al di sotto del picco di 173,98 euro al MWh toccato lo scorso 21 dicembre. Nuovi massimi invece per nickel e alluminio, visto che la Russia, insieme al Sud Africa, è il principale produttore al mondo proprio di alluminio. Ma è stata una buona occasione anche per puntare su beni rifugio come l'oro, che si è riportato sopra la soglia di 1.900 dollari l'oncia, ai massimi da 8 mesi. Al nuovo picco annuale anche soft commodities come mais e grano, di cui l'Ucraina è tra i più grandi esportatore. Lo sa bene l'Italia.