Sara Bettoni per il "Corriere della Sera"
Segno di riconoscimento: la fila fuori dalla porta. Sempre più lunga, man mano che si avvicina il Natale e i numeri dei contagi lievitano. Così si distingue la farmacia che fa tamponi anti-Covid da quella che ha scelto di tenersi al di fuori del girone pandemico, ottenendo così una buona dose di stress (e di incassi) in meno. Dalla Lombardia al Lazio, dalla Campania al Piemonte, la ricerca degli ultimi regali si mescola a quella dei test. La caccia non sempre è fruttuosa.
«La richiesta è aumentata dal 15 ottobre, quando il green pass è diventato obbligatorio per lavorare, e ancora di più dal 6 dicembre, col debutto del super green pass - dice Annarosa Racca, alla guida di Federfarma Lombardia -. Alcuni colleghi hanno abolito le prenotazioni per stare al passo con le esigenze dei cittadini». Altri hanno le agende piene fino a gennaio.
Le farmacie sono il punto di riferimento per i non vaccinati che devono ottenere la certificazione verde, i dubbiosi che vogliono una certezza in più prima di incontrare amici e parenti. Un tampone antigenico, 15 euro e la risposta arriva nel giro di una decina di minuti. In coda anche tanti studenti con un compagno di classe positivo: hanno diritto all'analisi gratuita negli hub pubblici, ma spesso preferiscono quella a pagamento sotto casa.
A Milano è un'impresa ardua prenotare un appuntamento prima del 2022. A Torino i farmacisti hanno macinato 28 mila test solo ieri mattina, 46 mila nel weekend contro i 42 mila del fine settimana precedente. In Veneto dal 15 ottobre a oggi la media è di 330 mila bastoncini analizzati a settimana. A Roma, dove fino a qualche giorno fa si riusciva a trovare posto, i farmacisti compassionevoli alzano la saracinesca mezz' ora prima per accogliere i clienti disperati.
In Campania, secondo l'Anci, già a novembre si spendevano 756 mila euro al giorno per l'esecuzione di molecolari e antigenici. Figuriamoci ora. Che fare, dunque, di fronte alle file interminabili sotto le croci verdi? La prima reazione è il passaggio ai test fai-da-te, benedetti dalle recenti parole del governatore del Veneto Luca Zaia. «Per le feste, pranzi e cene, anche per i nuclei familiari diversi che si riuniscono a cena, che sono estranei da un punto di vista epidemiologico, consigliamo se possibile di fare un test rapido, che sarà anche contestato ma è meglio che senza» ha detto venerdì scorso, accompagnando l'invito con una dimostrazione pratica in diretta (esito: negativo).
Nel giro di qualche giorno gli scaffali di farmacie e supermercati sono stati svuotati e pure a Milano sta diventando difficile procurarsi i cotton fioc che rintracciano il virus. «Esauriti. Prossime forniture dopo Natale» spiega un presidio della periferia Ovest. Un altro dell'area Sud parla di vendite passate da poche decine a 300-400 al giorno. Altro inghippo, gli auto-test non sono validi per il tracciamento delle autorità sanitarie. Per confermare il risultato positivo tocca mettersi alla ricerca di un laboratorio. Tanto più che questi prodotti possono non essere affidabili, come sottolineano alcune strutture del Lazio. Da qui la seconda tendenza: l'aumento dei tamponi molecolari fatti in via privata. Costano di più, bisogna avere pazienza per conoscerne l'esito - da qualche ora a due giorni -, ma danno più certezze rispetto all'antigenico.
Il Centro Medico Santagostino, con sedi a Milano, a Bergamo e a Bologna, registra una crescita della domanda di questo tipo di servizio nelle ultime settimane, di pari passo con la risalita della curva epidemica. Il test veloce, invece, rimane la strada preferita per ottenere il green pass. La pressione è forte anche sulle strutture pubbliche e private accreditate, a cui vengono indirizzati i contagiati e i loro contatti stretti per i test gratuiti. Nel Milanese e nel Lodigiano circa il 90 per cento delle disponibilità viene saturata. In Veneto si sono allungati i tempi per ricevere i risultati. Il sistema per ora regge, ma la fatica si sente.
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