1 - ARRIVA LO SCIOPERO DEI BUONI PASTO IL 15 GIUGNO NESSUNO LI ACCETTERÀ
Il 15 giugno i pubblici esercizi non accetteranno alcun pagamento con buoni pasto. Un blocco, spiega Fipe Confcommercio, «necessario per far arrivare alle istituzioni l'appello, troppe volte ignorato, per una riforma strutturale di un sistema che non è più economicamente sostenibile». «Abbiamo fatto numerosi appelli pubblici ai quali non c'è stata risposta», commenta il presidente di Federdistribuzione Alberto Frausin, «e chiediamo al governo, in vista dell'imminente gara Consip, di superare un sistema che impone commissioni non eque, le più alte d'Europa, che si avvicinano al 20% del valore nominale del buono pasto».
2 - DAGONEWS
Hanno minacciato, protestato, alzato la voce e ora passano all’attacco. Gli esercenti annunciano per il 15 giugno lo sciopero dei buoni pasto; quel giorno – fanno sapere Confcommercio Fipe, Fida Confesercenti, Federdistribuzione, Coop e Ancd Conad - i negozianti e la grande distribuzione non accetteranno alcun tipo di ticket.
Basta, dicono, non ci stiamo più: le commissioni sui buoni pasto possono arrivare anche al 20% e i tempi di pagamento sono troppo lunghi. “Se non ci sarà una riforma radicale di erogazione del sistema, le imprese della distribuzione commerciale e della ristorazione smetteranno di accettarli”.
E perché mai non dovrebbero più accettarli? Di cosa si stupiscono? Condizioni e clausole previste nei contratti - da loro firmati - sono sempre state queste: chiare, scritte nero su bianco e sottoscritte da tutti gli interessati. Nessuna brutta sorpresa dell’ultimo minuto, nessun cavillo. Niente. Tutto come da prassi, tutto come pattuito.
Le conoscono bene i gestori di bar e ristoranti, soprattutto nelle grandi città, che hanno aperto la loro attività nelle zone degli uffici solo per poter intercettare gli impiegati che magari si concedono il pranzo fuori anche tutti i giorni proprio perché hanno dei buoni pasto. Dei clienti che, senza il ticket restaurant, probabilmente si porterebbero il panino da casa anziché comprare quello del bar.
Poi, azzarda qualcuno, un conto sono i piccoli esercenti che con la pandemia hanno avuto non poche difficoltà (ma anche i ristori), ma la Gdo, la Grande Distribuzione Organizzata, cos’ha da lagnarsi visto che nell’ultimo biennio - in barba alla crisi - ha addirittura registrato una crescita del 3,3%?
Se c’è qualcuno che si può lamentare è solo il consumatore, l’unico a farne le spese. Sono 3milioni i lavoratori che utilizzano quotidianamente i buoni pasto e che seguono non poco preoccupati il tira e molla che va avanti ormai da mesi. Anche perché avere dei buoni pasto per un lavoratore dipendente significa poter contare su circa 200 euro in più al mese per gli acquisti per sé e la propria famiglia.
In Italia, in un anno, vengono usati oltre 500 milioni di buoni pasto, un giro di affari di oltre 3 miliardi di euro. Del totale, 175 milioni vengono acquistati dalle pubbliche amministrazioni che li mettono a disposizione di un milione di dipendenti mentre il resto viene usato dal settore privato. Ogni giorno, i lavoratori che ne dispongono, spendono negli esercizi convenzionati più di 2 milioni di buoni.
Una manciata di numeri per capire che gli interessi in gioco sono alti ma soprattutto che quei 200 euro in più al mese per la spesa di casa sono un bene prezioso per i lavoratori, soprattutto in questo momento in cui, tra inflazione e caro bollette, i consumi vengono razionati per paura del futuro
Per loro, vedersi rifiutare la possibilità di pagare con i buoni pasto sarebbe l’ennesimo duro colpo: un grave danno da scongiurare. Un’altra mazzata da evitare, un altro aggravio di spesa per le famiglie che hanno già tirato talmente tanto la cinghia da non avere più fiato. Fiato che le associazioni dei consumatori usano per farsi sentire. Infatti, non stanno a guardare e si dicono pronte a class action e segnalazioni.
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