Lo hanno tenuto chiuso in quella stanza trasformata in prigione per anni. Fino a quando Maxwell Schollenberger, un bimbo di 12 anni, si è arreso alla morte: pesava solo 19 chili quando il suo corpo senza vita è stato trovato dalla polizia dopo la segnalazione di un vicino di casa che si era insospettito dopo aver ascoltato il racconto di Scott Schollenberger Jr, il 42enne padre del piccolo finito ora in manette insieme alla compagna Kimberly Maurer, 35 anni, con l’accusa di omicidio.
Per Maxwell, di Anneville in Pennsylvania, il mondo era tutto in quella stanza buia nella quale veniva chiuso a chiave: le finestre erano sbarrate, c’erano feci ovunque e l’unico mobile era un letto. Un’esistenza disumana alla quale era stato condannato da suo padre e dalla sua compagna che lo picchiavano e lo lasciavano persino senza cibo, tanto che il piccolo non era più in grado di reggersi in piedi.
Ancora più inquietante è quanto emerso dal racconto dei suoi fratelli: uno ha raccontato che il padre gli aveva detto di ignorarlo, gli altri non sapevano nemmeno della sua esistenza. Non era mai andato a scuola e non aveva mai ricevuto cure mediche.
Maxwell si è spento nel silenzio di tutti: l’autopsia ha riscontrato un trauma cranico. Solo la segnalazione del vicino di casa insospettito da quel riferimento alla “morte del figlio” ha portato alla luce il caso, facendo sì che i genitori finissero dietro le sbarre.
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Il procuratore distrettuale della contea, Pier Hess Graf, ha detto: «Questo piccolo ragazzo di 12 anni non ha mai conosciuto l'amore incondizionato di una famiglia. Max esisteva, non viveva. Esisteva in uno stato di sofferenza perpetua».
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