IL CANCRO SI CURA SENZA CHEMIO – IL RIVOLUZIONARIO TRATTAMENTO DI JUDY PERKINS, MALATA DI TUMORE AL SENO E PAZIENTE 1 DEL “TRASFERIMENTO CELLULARE ADOTTIVO” – MELANIA RIZZOLI: “COSÌ SI APRE LA PORTA ALLO SFRUTTAMENTO DELLE DIFESE INTERNE DEL CORPO. A SCONFIGGERE IL TUMORE SONO STATI I GLOBULI BIANCHI DELLA PAZIENTE. I LINFOCITI MODIFICATI CON L’INGEGNERIA GENETICA HANNO…”

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Melania Rizzoli per Libero Quotidiano

 

cancro al seno cancro al seno

«Le metastasi del mio cancro al seno ormai si erano diffuse in tutto il corpo, i medici mi avevano dato al massimo tre mesi di vita. Il mio calvario era iniziato nel 2013, con la prima diagnosi e l' asportazione di una mammella, che però non aveva risolto il problema, ed ogni trattamento chemioterapico che subivo funzionava sempre meno del precedente.

 

Finché il mio cancro si è ripresentato più forte dopo dieci anni, invadendo anche il fegato e i polmoni. Dopo sette cicli di chemioterapia ulteriormente sperimentati nel tentativo di arginare la situazione ero esausta, perché sapevo che il tumore metastatico può essere curato per un po', ma mai guarito.

 

 

Io negli anni non mi ero mai arresa, ma ad un certo punto ho detto basta, non volevo più continuare a curarmi. Volevo morire».

 

spot macma contro il cancro spot macma contro il cancro

E invece Judy Perkins, 52 anni, ingegnere e madre di due figli, non solo non è morta ma oggi è tornata alla sua vita normale. Il suo cancro è sparito, ed i medici del National Institute of Health (Nci) di Bethesda, in Maryland, che l' avevano in cura, la considerano incredibilmente guarita: la scorsa settimana lo hanno reso noto e annunciato al mondo intero.

 

Lei, infatti, è la prima donna in assoluto che ha subìto un trattamento immunoterapico rivoluzionario, il cosiddetto "trasferimento cellulare adottivo", e da due anni Judy - la "paziente 1", come è stata classificata - risulta completamente libera da un adenocarcinoma maligno, che la medicina ufficiale considerava ormai incurabile e addirittura in fase terminale.

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La Perkins, nella sua intervista, ha poi aggiunto: «Dopo un paio di settimane dall' inizio della nuova terapia io già percepivo che i miei tumori si stavano restringendo, perché mi sentivo sempre meglio, come non mi succedeva ormai da mesi, gli stessi dottori erano raggianti e ogni giorno che passava, quando vedevano i risultati chimici, istologici e radiologici, praticamente erano loro a ballare per la felicità. Mi hanno salvato la vita».

 

melania rizzoli melania rizzoli

GLOBULI BIANCHI

Il caso clinico della "paziente 1" è stato pubblicato sulla nota e qualificata rivista Nature Medicine e la sua intervista sul Daily Mail, e dalla Società Americana di Oncologia Clinica (Asco) c' è già chi parla di trattamento rivoluzionario.

 

Perché, a differenza delle terapie classiche oggi in uso, qui si è aperta la porta allo sfruttamento esclusivo delle difese interne del corpo aggredito dal cancro per combatterlo, stimolando le sue stesse cellule a reagire, a riconoscere quelle cancerose, ad attaccarle e a distruggerle per sempre.

 

Per capirci: in questo caso non sono state le chemioterapie, le radioterapie e gli anticorpi monoclonali a sconfiggere il tumore, ma le cellule di difesa immunitaria della paziente ammalata, ovvero i suoi stessi globuli bianchi, che sono stati isolati, modificati, riattivati, moltiplicati in provetta e re-iniettati nelle sue vene, e che incredibilmente hanno fatto piazza pulita di tutte le cellule maligne, comprese le metastasi, spazzandole via in poche settimane.

 

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Gli scienziati e gli ingegneri biologici del Centro di Ricerca del National Institute of Health avevano infatti accertato che quel tumore aveva subito nel tempo ben 62 mutazioni, ma avevano anche scoperto che il sistema immunitario della Perkins sarebbe stato da solo in grado di combatterlo, se guidato e modulato a dovere.

 

Così i ricercatori hanno selezionato dal suo sangue alcune centinaia di linfociti con un semplice prelievo, e hanno trasformato e ampliato queste cellule "T" in un esercito di 82 miliardi di globuli bianchi che, una volta reintrodotti mediante flebo nel circolo sanguigno della paziente, hanno svolto egregiamente il nuovo compito per il quale erano stati programmati.

 

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Uno straordinario successo e un meraviglioso esempio di ingegneria genetica biologica e molecolare.

 

TEMPO DI SICUREZZA

L' innovativo approccio immunoterapico è in pratica una forma modificata della "terapia cellulare adottiva", che già si era rivelata efficace nel trattamento del melanoma maligno, ma finora era considerata poco potente contro i tumori cosiddetti freddi, vale a dire quelli resistenti alle comuni terapie dello stomaco, dell' esofago, delle ovaie e appunto del seno.

 

 

I linfociti infiltranti il tumore, chiamati "Til", sono stati cioè coltivati in grande quantità in laboratorio, modificati con l' ingegneria genetica in modo da diventare capaci di bersagliare specificatamente le mutazioni delle cellule tumorali, e poi reinfusi nell' organismo mediante una semplice trasfusione, creando in tal modo una formidabile risposta immunitaria, una armata militare forte e mirata contro il tumore da distruggere.

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Dopo il trattamento, in poche settimane nel corpo di Judy Perkins ogni traccia di tumore era scomparsa, e i ricercatori hanno spiegato che tale situazione è rimasta invariata e stabile nei successivi ventidue mesi, il tempo di sicurezza che hanno atteso per pubblicizzare ufficialmente la nuova terapia biologica.

 

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Se i dati saranno confermati nei prossimi mesi, come sembra molto probabile, e arricchiti con studi più ampi, questo approccio terapeutico sarà esteso ulteriormente ad un più ampio spettro di tumori resistenti alle terapie classiche, quelli cioè considerati senza speranze.

 

AZIONE TERAPEUTICA

È noto infatti che tutti i tumori presentano delle mutazioni del Dna e dell' Rna cellulare, e proprio questo principio ha portato gli scienziati in questa direzione, attaccando il carcinoma con l' immunoterapia, ragionando sul fatto che proprio le stesse mutazioni che causano il cancro e lo fanno progredire e diffondere, potevano rivelarsi il bersaglio migliore per curarlo ed eliminarlo.

 

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Non importa ed è irrilevante se questo studio clinico sia stato fatto una volta soltanto e su una sola paziente, perché se ha funzionato su di lei - in una fase gravissima della sua malattia, quella considerata in medicina irrecuperabile e certamente letale - la sua azione terapeutica accertata e certificata apre sicuramente nuove e importanti prospettive di cura per il tumore in stato avanzato di metastasi per migliaia di pazienti nel mondo, offrendo una chance insperata laddove tutte le terapie convenzionali somministrate in precedenza hanno fallito.

 

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