Valentina Santarpia per www.corriere.it
Una lettera aperta per «spiegare» le sue parole contro Liliana Segre, pronunciate venerdì a Bologna durante la manifestazione contro il Green pass. L’ha scritta Gian Marco Capitani, uno dei leader del movimento, che aveva definito la senatrice a vita «una donna che ricopre un seggio che non dovrebbe avere perché porta vergogna alla sua storia e che è Liliana Segre, che dovrebbe sparire da dove è».
«Nell’impeto del momento - scrive ora rivolgendosi a Segre- ho detto che Lei dovrebbe `sparire da dov’è´. Il termine `sparire´ è stato certamente infelice e mi dispiace non essermi espresso in modo più appropriato», prova a scusarsi.
«La mia opinione è semplicemente legata al ruolo di presidenza della commissione per il contrasto dell’intolleranza da Lei ricoperto. In quel ruolo ritengo che Lei abbia il dovere di esprimersi contro ogni violenza, anche se è rivolta a chi non la pensa come Lei».
La senatrice a vita Liliana Segre — dopo le offese, e prima che arrivassero le scuse — si era limitata a dire: «Da parte di una persona che come ultimo atto della sua vita ha promosso una Commissione contro l’istigazione all’odio, la risposta ora è il silenzio».
Capitani, leader del movimento Primum non nocere, sceso in piazza già nelle scorse settimane anche a Roma per combattere il provvedimento del governo Draghi, rifiuta le accuse di antisemitismo e cerca di contestualizzare le sue critiche, che sarebbero nate da un clima generale di insofferenza nei confronti di chi non si vaccina e manifesta contrarietà al green pass.
«Non sono un razzista - prosegue - non ho mai negato la Shoah e di certo non sono antisemita. Ho provato ad interloquire con Lei nella certezza di poter trovare ascolto e mi son ritrovato giudicato per una singola parola.
Nell’ultimo anno e mezzo non si contano le frasi violente e le istigazioni alla violenza espresse nei confronti di chi ha una diversa opinione sulla campagna di vaccinazione di massa in corso. A reti unificate, 24 ore su 24, si è scatenata un’autentica campagna d’odio che, temo, abbia fatto molto male al Paese. Ecco Senatrice, su questo avrei tanto voluto sentire la Sua voce, una parola di ferma condanna nei confronti di chi ha scatenato una sorta di caccia all’uomo.
Questa non è violenza? Non è discriminazione? Non c’è istigazione all’odio nel far passare l’equazione manifestanti uguale terroristi? Ho provato a rivolgermi a Lei perché sono certo che Lei più di chiunque altro possa capire cosa significhi sentirsi discriminati. Lei più di altri può comprendere cosa significhi essere segnati con una sorta di marchio di infamia», conclude, tentando faticosamente di trovare un appiglio di solidarietà e comunanza con la senatrice.
Capitani è un uomo di sinistra, che non a caso il 25 aprile scorso celebrava la giornata antifascista dal palco di Bologna ricordando che un «nazista è tale anche se indossa la camicia rossa».
Ma la battaglia contro il green pass ha acceso le sue esternazioni, finendo per catapultarlo al centro di diverse polemiche. Lo scorso 25 settembre era stato proprio Capitani a parlare della vicequestore Nunzia Alessandra Schilirò, la poliziotta no-vax finita poi nell’occhio del ciclone per il suo intervento.
«Mi hanno fatto nero, ma nulla corrisponde al vero- dice ancora Capitani per difendersi in un’intervista su Youtube all’emittente Mepiù- è il gioco delle parti, ho prestato il fianco a questo tipo di attacco.
È chiaro che è stato subito tradotto nel fatto che augurassi la morte o le peggiori cose a Liliana Segre, avrei sicuramente dovuto usare un altro termine, è fuori discussione: in realtà io contestavo alla senatrice di essere presidentessa di una commissione così importante che dovrebbe vigilare e contrastare tutti i fenomeni di istigazione e violenza, ma credo che sia sotto gli occhi di tutti che da un anno e mezzo viene detto di tutto nei confronti di chi non si è allineato al pensiero unico.
Ce ne hanno dette di tutte, ma non abbiamo mai sentito questa commissione prendere posizione contro questa istigazione all’odio. Mi rivolgevo alla senatrice Segre in questa veste, in questo senso intendevo che non rende giustizia alla sua storia. Ora sono definito un fascista, ma prima di quell’intervista citavo proprio Primo Levi che diceva di stare attenti ai nuovi fascismi».
Le critiche da destra e da sinistra
Ma il punto è che le parole di Capitani sono state pesantissime, e anche i no green pass si sono irritati. «Avevamo detto che era meglio evitare di fare quel nome, lui si è scusato e per noi la questione è chiusa», ha sottolineato ieri Riccardo Paccosi. Ma, avverte, «aspettano il minimo pretesto per criminalizzare questo movimento».
Gli insulti lanciati dal palco a Segre, hanno sollevato una rivolta anche politica, bipartisan: e ora la lettera aperta di Gian Marco Capitani, sottolinea Andrea De Maria, deputato Pd e segretario di Presidenza della Camera, «non chiude la ferita aperta con gli insulti a Liliana Segre. Non è accettabile che la sacrosanta libertà di manifestare il proprio dissenso, che è giustamente garantita in democrazia, scenda sul piano della intolleranza verbale, come in questo caso».
Critico pure il deputato Roberto Bagnasco (Fi) che parla di «vili attacchi» e spiega: «Capitani cavalca la confusione e la frustrazione di donne e uomini che, tra le mille polemiche sorte in questi mesi, sono scettici nei confronti di vaccino e carta verde». Mentre Lucia Azzolina, ex ministra dell’Istruzione 5 Stelle, sottolinea che quello di Capitani è «un’offesa alla nostra storia repubblicana e ai nostri valori morali e democratici», un attacco «non solo inopportuno ma vergognoso».