Federico Rampini per “la Repubblica - Affari & Finanza”
federico rampini foto di bacco (1)
I l mio primo incarico di corrispondente estero fu a Parigi nel 1986, per il Sole 24 Ore.
Il mondo era ancora nella prima guerra fredda, Michail Gorbacev era appena stato nominato segretario del Partito comunista sovietico.
giulio andreotti con michail gorbaciov
Tra le cose che seguivo a Parigi c' era un organismo cruciale, il Cocom, che vigilava affinché le aziende occidentali non vendessero a Paesi del blocco comunista delle tecnologie "duali", cioè suscettibili di uso civile e applicazioni militari. Il Cocom aveva sede a Parigi perché si appoggiava all' Unione dell' Europa occidentale e all' Ocse, ma obbediva di fatto a direttive Nato. Insomma, per gran parte della prima guerra fredda fu l' Occidente ad avere una lunghezza di vantaggio nella gara tecnologica. E quindi ci si preoccupava di evitare le fughe di tecnologie da Ovest a Est. Il Cocom fu sciolto ufficialmente nel 1994, tre anni dopo la dissoluzione dell' Unione sovietica, in un periodo di egemonia unipolare degli Stati Uniti.
La seconda guerra fredda, titolo e tema del mio nuovo libro, avviene in un contesto quasi rovesciato. La Cina ci ha superati in una delle tecnologie del futuro, la telefonia di quinta generazione, in grado di traghettarci verso un Internet 3.0 a velocità smisurata. Il problema è che acquistare infrastrutture cinesi può significare diventare dipendenti e soprattutto consegnarsi alla loro rete di spionaggio. Questa almeno è la tesi americana.
Non tutti sono convinti che la minaccia sia reale. Lo è però il nostro Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (Copasir). In un parere reso al Parlamento italiano il 12 dicembre, il Copasir definisce fondato l' allarme. La pronuncia del Copasir, pur non essendo vincolante per il governo Conte, è un segnale forte. L' Europa è divisa, in Germania addirittura la spaccatura attraversa la CDU dove il gruppo parlamentare ha sconfessato la linea filo-cinese della Merkel.
LA GUERRA DI DONALD TRUMP A HUAWEI conte xi jinping
Su questo dossier cruciale della nuova guerra fredda Usa-Cina, se si dovesse confermare la scelta italiana sarebbe una buona notizia per Washington. Resta inquietante la mancanza di una linea europea su un terreno strategico. Altri governi europei prendono per buona l' autodifesa di Huawei: l' azienda sostiene di essere privata, non soggetta a direttive del governo di Pechino, e di rispettare in ogni Paese le normative locali.
Però nessuna azienda cinese può tirarsi indietro se riceve una richiesta di collaborazione dal suo governo, dalle sue forze armate, o dai suoi servizi di sicurezza. Gli europei avrebbero per una volta l' opzione di puntare sui propri campioni nazionali, Ericsson e Nokia. I due gruppi nordici però non hanno la dimensione né la capacità produttiva di Huawei; e sono più cari. Ci vorrebbe uno sforzo comune dell' Europa per sovvenzionarli come fanno i cinesi con le proprie aziende. Il tabù degli aiuti di Stato reggerà alla seconda guerra fredda?
thomas miao con virginia raggi all'inaugurazione del nuovo ufficio huawei di roma