Carlo Freccero per Dagospia
Per una persona come me che è vissuta consultando i risultati di Audience, l'exploit di Barbie al botteghino non poteva passare inosservato. L'esperienza mi insegna che, se un prodotto funziona, alla base del fenomeno c'è sempre qualcosa di positivo. In più mi sono sempre interessato al fenomeno Barbie come ad un termometro che misura ed espone lo spirito del tempo e l'industria culturale. Barbie è stata il prototipo dell'influencer e, col tempo, è passata come gli influencer di oggi, dalla semplice promozione dell'immagine, alla promozione di stili di vita e teorie emergenti.
La prima Barbie era una “bella ragazza”, ma molto diversa dalla Barbie prototipo di oggi. Era una bellezza degli anni 50. Col trascorrere del tempo è diventata una sorte di “Marianna” francese ed ogni decennio ha cambiato la propria immagine ispirandosi alla star dell'epoca. Successivamente c'è stata per Barbie l'esplosione dei consumi: casa di Barbie, automobile di Barbie, cavallo di Barbie. Contestualmente procedeva l'affermazione femminista di Barbie: Barbie dottoressa, Barbie scienziata, Barbie manager.
Infine tutto questo non è bastato più e Barbie, è diventata una testimonial del politicamente corretto: Barbie nera, gialla, rossa, multietnica, ma anche Barbie obesa, Barbie in sedia a rotelle, Barbie transgender fino ad arrivare a “Barbie libera” come Ferragni a Sanremo.
Ripercorrendo tutto questo percorso costruiamo una sorta di narrazione che, pur essendo Barbie una semplice bambola, la coinvolge in un processo di evoluzione o involuzione, che altro non è se non lo specchio della società occidentale. In definitiva Barbie è sempre stata uno strumento per imporre un Marketing, prima consumistico e poi sociale, anche conto terzi. Un testimonial testimonia e incita al consumo di qualcosa di altro da sé.
margot robbie ryan gosling barbie
Qui invece il film deve adempiere ad un diverso scopo: rilanciare il prodotto Barbie costruendo un film che la renda popolare non solo nella vita reale, ma anche nell'audiovisivo, con un passaggio ed una traduzione dal reale al virtuale.
Da tempo il cinema, per compensare il declino di presenze nelle sale, ha imparato ad attingere ad altre forme espressive, popolari tra giovani ed adolescenti: il fumetto prima, il videogioco poi.
Ma si tratta di strumenti mediatici facilmente traducibili sulla base di una componente comune ai diversi media: l'intreccio narrativo.
CARLO FRECCERO IN VERSIONE KEN - CREATO CON L INTELLIGENZA ARTIFICIALE BAIRBIE.ME
Barbie è un oggetto. Una bambola che esprime un'estetica camp. Nel cinema c'è una componente visiva ed una narrativa ed in genere è la seconda che funziona. Il Barbie film è un'esplosione dell'estetica della bambola feticcio, a cominciare della colata di Rosa che colora ed omologa ogni immagine del film. La componente visiva è curata nei particolari, ma non sarebbe sufficiente a spiegare il successo del film.
In realtà il film è un grande progetto di sceneggiatura e, come tale, funziona. Sono sorpreso della complessità dell'operazione narrativa che l'autrice Greta Gerwing ha saputo mettere in scena. Non so se bella o brutta e sino a che punto coinvolgente. Ma così complessa e studiata da destare comunque rispetto.
Nelle recensioni che, come faccio sempre, ho consultato a posteriori per non avere spoiler, questa complessità viene in genere sottolineata, ma spesso a vincere è l'opzione contenutistica. In Barbie si è voluto vedere un messaggio politicamente corretto di femminismo. Ma, secondo me, il messaggio del film non è così perentorio, ma in evoluzione, seguendo l'evoluzione della bambola come specchio della società dagli anni 50 ad oggi. Il femminismo è solo una tappa legata all'ideologia anni '70. Ma oggi quel modello è superato ed il femminismo si fonde col grande filone della cultura Woke. La realizzazione non è più, per la donna come per l'uomo, raggiungere un ruolo dirigenziale, ma diventare se stessi.
Ma torniamo alla struttura del film, che è quella che mi interessa. Come vecchio cinephile ho sempre pensato che il “messaggio” la “morale del film” rischino solo di appesantire la narrazione.
Barbie, come tutti i film che vogliono fare una predica, fa una predica che non condivido.
Forse in Barbie c'è tutto o c'è troppo: l'estetica Camp, il politicamente corretto, l'intreccio. Troppe cose da seguire. Però c'è una struttura narrativa fortissima e l'arco narrativo è rispettato e parla sia al pubblico adulto che vede in Barbie un metafilm, sia al pubblico infantile che ama la favola.
Come tutti gli eroi Barbie deve compiere il suo viaggio. Il viaggio dell'eroe è il viaggio del protagonista per diventare migliore, per realizzarsi e realizzare qualcosa.
E questo è tipico di Hollywood e dell'immaginario occidentale. Hollywood è lo scenario di questo immaginario. Ne consegue che le citazioni del film non sono né letterarie, né visive, ma cinematografiche a cominciare della scena iniziale che mostra la frattura nel modello tradizionale di madre simboleggiato dal feticcio bambolotto. Le citazioni sono innumerabili e, a parte le citazioni esplicite, come la serie “Orgoglio e pregiudizio”, si riferiscono per lo più alla fantascienza distopica come Blade Runner o Matrix.
Ma la prima citazione è la più significativa.. Delle bambine negli anni '50 giocano alla mamma accudendo i loro bambolotti. Ed ecco che, improvvisamente, sulle note della musica di 2001 Odissea nello spazio, una grande Barbie si manifesta di fronte a loro come il monolite di Kubrick. E come il monolite ispirava intelligenza ed aggressività nelle scimmie che brandendo un osso ne facevano un'arma, così le bambine fanno dei bambolotti la loro clava.
Qui comincia la storia del film. Sarà la storia di un prodotto che si evolve per 50 anni adeguandosi allo spirito del tempo. Non a caso la Mattel stessa viene incorporata nella storia, con i suoi goffi ceo e impiegati al seguito. Come prodotto di marketing la bambola subisce continui aggiornamenti all'ideologia dominante e alle richieste del mercato. La storia del film scaturisce dall'attribuire sentimenti alla bambola oggetto di questo marketing. In pratica il marketing diventa l'arco narrativo personale di Barbie e la sua evoluzione di prodotto diventa vita vissuta allo scopo di realizzarsi.
Il riferimento letterario immediato é al burattino Pinocchio che diventa bambino. Anche Barbie alla fine della storia diventa donna ma riesce a farlo coniugando il viaggio dell'eroe con l'annullamento dell'eroismo. E' a modo suo un'idea inedita. Il protagonista non diventa più eroe, ma diventa comunque altro da sé, si realizza secondo l'imperativo di oggi. Per questo, secondo me, molti non hanno capito il finale del film. Barbie femminista è comunque un personaggio vincente. Al contrario, dopo la sua vittoria, Barbie sceglie di diventare una donna anonima.
Hollywood esordisce con una fase mitica in cui c'era ancora posto per l'eroe. Con l'affermazione del neoliberismo, l'uomo diventa insignificante a livello sociale e può costruire solo la sua identità sessuale che è la sfera più privata di tutte. Viene insegnato ai bambini a realizzarsi identificandosi con un genere che non è più naturale, ma frutto di una conquista personale. Oggi siamo già oltre la liquidità di genere.
C'è chi sposa/ama un albero, chi un'aereo. Il passaggio ancora successivo è autoreferenziale. Non voglio più costruirmi un'identità sessuale, che richiederebbe ancora un interlocutore, ma un'identità alternativa alla mia. Non amo un cane, voglio diventare cane. Non amo un aereo, voglio diventare aereo. Chi condivide queste scelte chiede rispetto e non è oggi politicamente corretto contestarle.
Forse non tutti sanno che da tempo la bambola Barbie rappresenta uno degli obiettivi più gettonati per questo percorso. Uomini e donne che vogliono farsi Barbie non si contano. Molti si sottopongono a interventi estetici per assumere un aspetto di bambola e per godere di un quarto d'ora di visibilità. Le Barbie umane sono molte. Il solo Ken umano che io conosca, si è trasformato in Barbie umana e aspira oggi ad un trapianto dell'utero per diventare, come Barbie, donna.
In questo contesto Barbie bambola non poteva che intraprendere il percorso per diventare donna ritornando a quell'anonimato della donna da cui la nostra storia ha avuto inizio negli anni '50.
La Barbie che prende appuntamento col ginecologo, forse vuole diventare semplicemente madre.
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