Fabio Tonacci per “la Repubblica”
«Vi informiamo che il nominato fratello Mourad El Ghazzaoui degli abitanti del reame di Svezia ha partecipato al corso di redenzione e lo ha superato con livello buono. Pertanto abbiamo rilasciato questo titolo che dimostra che non è non credente e vieta la sua lapidazione, crocifissione o sodomia». Timbro: Stato del Califfo. Validità: tre mesi.
Eccola la burocrazia dello Stato Islamico per i martiri che addestra in Siria e infiltra in Europa. Un passaporto, o meglio un “attestato di fedeltà” da mostrare ad altri fratelli jihadisti all’estero. «Molto probabilmente per ottenere protezione e sostegno finanziario», ritengono gli analisti della nostra Antiterrorismo.
«O anche semplicemente per dimostrare di essere un guerrigliero di Al Baghdadi pronto a servire la guerra santa». Uno di cui si possono fidare, insomma. I poliziotti della digos di Ragusa l’hanno trovato, e sequestrato, a un siriano di 21 anni sbarcato a Pozzallo il 4 dicembre scorso.
Mourad El Ghazzaoui era a bordo della “Bourbon Argos”, una nave che aveva appena soccorso cinquecento migranti nel Canale di Sicilia. «Era sospettoso, ha subito avuto un atteggiamento ostile con gli operatori che gli facevano domande sulla sua identità», ricorda chi, dopo l’arrivo, lo ha arrestato con l’accusa di essere un terrorista dell’Is.
Nella bisaccia, infatti, El Ghazzaoui aveva nove telefonini e un pezzo di carta gialla di buona qualità: i contorni stampati, la sua foto tessera in alto a sinistra, i timbri quadrati ufficiali dello Stato Islamico e varie iscrizioni in arabo. «Non avevamo mai visto niente del genere», racconta l’investigatore.
Dall’analisi dei cellulari sono saltati fuori video e fotografie inequivocabili: lui con fucili da guerra, lui in compagnia di altri combattenti, lui che si fa riprendere mentre addestra bambini e talvolta mentre li mutila brutalmente, immagini di persone decapitate, di massacri, di loghi e bandiere nere.
«Ho fatto parte per due anni dei “Martiri di Daraa”», ha ammesso, prima di chiudersi nel silenzio. I Martiri di Daraa sono una formazione siriana guidata da tale Abu Naden Mofid che si ritiene essere affiliata all’Is, con cui condivide metodi di lotta sanguinari e ideologia radicale. «Il documento — scrive il pubblico ministero nella richiesta di convalida dell’arresto — sembra attestare la sua appartenenza allo Stato Islamico».
Ma a cosa serve quel pezzo di carta? E a chi doveva essere mostrato? Un paio di passaggi aiutano a ipotizzarne l’uso. Intanto appare evidente che per El Ghazzoui, arrivato su un barcone, l’Italia fosse solo una nazione di passaggio. La sua meta finale era la Svezia.
E infatti la carta vergata coi sigilli del Califfato si rivolge «agli abitanti dello stato/reame al Sawed», ragionevolmente da intendersi con la comunità jihadista scandinava.
Pare altrettanto chiaro che il siriano abbia acquisito in patria lo status di miliziano indottrinato e avesse diritto ad andare, o tornare, in Europa solo per un periodo di tempo limitato, tant’è che il certificato ha una validità massima di tre mesi.
Chi lo ha fabbricato ha ritenuto opportuno ricordare per iscritto al possessore cosa avrebbe rischiato se, una volta all’estero, avesse cambiato idea. «Previste punizioni per il soldato del califfato — si legge — nel caso in cui è dimostrato che sia tornato ad essere peccatore e chiedente la libertà».
Che lo Stato Islamico tenti di farsi realmente Stato, stampando carte di identità e altri documenti, non è una novità. Il ricercatore di Oxford Aymenn Jawad Al-Tamimi ne ha classificato sul suo blog più di 300 di vario tipo e utilità.
Nel telefono di El Ghazzoui, per dire, c’erano ticket emessi dal sedicente Ministero dei viveri e del commercio interno, un’istituzione sconosciuta ai veri stati musulmani ed esistente solo a Raqqa, la capitale eletta da Al-Baghdadi.
Non era noto, invece, che ci fossero attestati ufficiali per i terroristi che escono dai confini del Califfato. Portarsi dietro carte del genere è un rischio che, evidentemente, sono disposti a correre. Rimane una domanda. Quanti, in Europa, hanno in tasca la stessa carta?