Massimiliano Jattoni Dall’Asén per "www.corriere.it"
Il primo era stato l’Uruguay alla fine del 2013. Poi, nella storica giornata del 17 ottobre 2018, la vendita e il consumo a scopo ricreativo della marijuana sono diventati pienamente legali anche in Canada. Per festeggiare e iniziare subito le vendite, i negozi canadesi aprirono i battenti la notte stessa.
Favoriti dal fuso orario, i primi cannabis shop ad avviare le vendite furono quelli della provincia di Terranova che registrarono per ore lunghe code fuori dai negozi. Sei mesi dopo, l’istituto statistico del Canada certificava che dall’introduzione della legge quasi 1 canadese su 5 aveva provato la cannabis.
Oggi, a quasi un anno di distanza dal Cannabis Act, dal punto di vista economico quello che pareva essere un business dai confini illimitati comincia a mostrare la corda. Almeno in Canada (negli Stati Uniti le cose vanno diversamente: negli 8 Stati che hanno aperto negli ultimi anni al consumo non medico dei cannabinoidi il giro d’affari previsto per il 2019 è di 5,1 miliardi di dollari).
La corsa ad accaparrarsi i terreni
Il Cannabis Act è stato approvato in via definitiva dal Parlamento canadese nel giugno 2018, dopo un lungo e assai discusso processo legislativo. Nei quattro mesi che hanno preceduto l’entrata in vigore della legge, però, era iniziata la gara ad accaparrarsi i terreni per la coltivazione.
Un esempio di questa particolarissima corsa all’oro (verde) l’ha racconta il sito online di informazione finanziaria MarketWatch, descrivendo il caso di una proprietà relativamente piccola in un sobborgo di Toronto che è improvvisamente finita al centro di un’aspra gara d’asta.
Il fatto che chi possedeva una licenza per la produzione di cannabinoidi avrebbe beneficiato di un trattamento speciale da parte dell’Health Canada, l’agenzia governativa responsabile della salute pubblica, sembrava bastare agli aspiranti acquirenti per sborsare qualsiasi cifra. Le agevolazioni fiscali erano infatti molto interessanti.
Così, il lotto di un’ampiezza di poco superiore agli 800 metri quadrati, capace di produrre all’anno piantine di marijuana per un valore inferiore ai 12 milioni di dollari canadesi, alla fine è arrivato nelle mani della RavenQuest BioMed Inc., che si è aggiudicata la gara sborsandone quasi 30.
Le acquisizioni «spericolate» e il rischio svalutazione
Qualche mese dopo il boom di acquisizioni, la prima doccia fredda. RavenQuest al momento dell’acquisto era valutata 27,7 milioni di dollari, alla fine dell’anno fiscale la società ha registrato una perdita di 11,7 milioni di dollari canadesi, cifra quasi 20 volte superiore al suo ultimo fatturato trimestrale.
Secondo MarketWatch, le perdite per le principali aziende produttrici di cannabis potrebbero essere molto maggiori. I sei più grandi produttori di cannabis autorizzati in Canada hanno infatti investito più di 4 miliardi di dollari in goodwill (ovvero il valore reale di un’impresa e quello intangibile che riflette la sua posizione sul mercato, la rete di clienti e fornitori, la sua reputazione, e così via).
Aurora Cannabis Inc., per esempio, una delle più grandi aziende produttrici di marijuana del mondo, ha anche il più grande valore monetario: 2,11 miliardi di dollari americani grazie all’acquisizione di Medreleaf (che ha però chiuso nel luglio 2018); 712,1 milioni di dollari dopo l’acquisto nel marzo dello scorso anno di Cannimed Theraputics; e 137,2 milioni di dollari portati in dote lo scorso novembre da Icc Labs. Le acquisizioni costose e “spericolate” in stile RavenQuest, dunque, non sono un’eccezione e riguardano tutta l’industria canadese della cannabis.
E mentre i ministri del Lussemburgo, Félix Braz e Etienne Schneider, sono già volati in Canada per vedere come rendere il Granducato il primo paese europeo dove la cannabis per uso ricreativo sia legale (nei Paesi Bassi è solo tollerata), nell’orizzonte canadese si profilano le prime nubi nere per l’industria della marijuana, sotto forma di un’unica domanda: quando tutte quelle entusiastiche acquisizioni precoci diventeranno pura zavorra sui guadagni futuri come oneri di svalutazione?
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