Estratto dell’articolo di R.I. per “il Messaggero”
La ferocia della ’ndrangheta non perdona chi decide di ribellarsi. Come Maria Chindamo, svanita nel nulla a maggio 2016. È stata uccisa e data in pasto ai maiali, con i resti triturati da un trattore cingolato per cancellare ogni sua traccia. Un omicidio «efferato e straziante», è la definizione del Procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri […]
È la terribile verità che, sette anni dopo, emerge sulla scomparsa di Maria Chindamo, 44 anni. L'operazione "Maestrale-Carthago" ha portato alla disarticolazione delle cosche di ndrangheta di Mileto e Zungri e all'esecuzione di 84 misure cautelari, 29 delle quali in carcere, 52 ai domiciliari e 3 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. Gli indagati sono in tutto 170 e 200 i capi d'imputazione.
Maria Chindamo, per chi l'ha massacrata, non avrebbe dovuto permettersi il lusso di rifarsi una vita. E invece lei, madre di tre figli e vedova dopo che il marito, Vincenzo Puntoriero, si era suicidato un anno prima per non avere retto alla loro separazione, doveva essere punita.
Determinata e caparbia, si era rimessa a studiare all'università e intendeva ricostruirsi una vita anche come imprenditrice agricola: aveva deciso di gestire i terreni «di proprietà di quella stessa famiglia - scrivo i pm che riteneva la donna responsabile del suicidio del marito».
Non le sono stati perdonate «la sua libertà e la gestione dei terreni avuti in eredità e su cui gravavano gli appetiti di una famiglia di ndrangheta. E anche il suo nuovo amore», sottolinea il procuratore Gratteri. E così, tre giorni dopo avere postato sui social la foto con il nuovo compagno, Maria Chindamo è stata fatta sparire.
[…] In carcere, tra gli altri, è finito Salvatore Ascone, accusato di concorso nell'omicidio dell'imprenditrice, perché «unitamente a suo figlio Rocco Ascone, all'epoca minorenne, manometteva il sistema di videosorveglianza installato presso la sua proprietà, limitrofa a quella della Chindamo, in modo da impedire la registrazione delle immagini».
[…] L'inchiesta, oltre a fare emergere l'interesse di una cosca di ndrangheta del Vibonese per il terreno di cui l'imprenditrice aveva acquisito insieme ai figli la proprietà dopo la morte del marito, ha ricostruito gli «incontrovertibili rapporti» di parentela tra la famiglia Punturiero e la famiglia ndranghetistica dei Bellocco di Rosarno e ha fatto luce anche su altri omicidi e sul sistema che le cosche di Mileto e Zungri avevano instaurato in materia di estorsioni ad aziende e operatori turistici, legami con la politica e la pubblica amministrazione. Arrivando al punto di imporre anche un prezzo minimo di 2,50 euro sotto la quale i panifici non potevamo vendere il loro prodotto. R.I.
2 – LA VENDETTA DEI CLAN SU MARIA CHINDAMO RACCONTO CHOC: FU DATA IN PASTO AI MAIALI
Antonio Maria Mira per “Avvenire”
VINCENZO PUNTURIERO - SUOCERO DI MARIA CHINDAMO
La morte di Maria Chindamo, imprenditrice e mamma di 42 anni, rapita e fatta sparire il 6 maggio 2016 dinanzi alla sua tenuta agricola di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, «ci ha impressionato, perché questa donna dopo il suicidio di suo marito, avvenuto un anno prima, ha pensato di diventare imprenditrice, di curare gli interessi della terra, di curare i figli e affrancarsi da quel “modus operandi” e quella mentalità mafiosa.
Non le è stata perdonata questa sua libertà, questa sua voglia di essere indipendente, di essere donna». Sono le durissime e molto partecipate parole del procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso della conferenza stampa sull’esito dell’operazione “Maestrale-Carthago” contro le cosche di ‘ndrangheta del Vibonese.
[…]
Due le motivazioni dell’omicidio, che si sovrappongono. La famiglia del marito Ferdinando Punturiero, vicina al clan Bellocco di Rosarno, la riteneva responsabile del suicidio avvenuto dopo la separazione. Inoltre ai suoi terreni era fortemente interessata la cosca Mancuso alleata dei Bellocco. E qui si inserisce la figura di Ascone al quale i Mancuso avevano affidato il controllo criminale della località “Montalto” dove si occupava «di acquisire i proventi estorsivi delle compravendite dei terreni e di gestire con metodologie mafiose quel territorio, nonché i rapporti con i proprietari».
E arriviamo al 6 maggio 2016. L’auto di Maria viene trovata abbandonata davanti al cancello chiuso della sua azienda agricola. L’auto è aperta, con il motore acceso. Unica traccia una vistosa macchia di sangue sulla fiancata sinistra dell’auto. Ma le telecamere di Ascone smettono di funzionare proprio nei minuti dell’agguato. Ora la drammatica conferma. In attesa di identificare esecutori e mandanti. […]
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