Mauro Evangelisti per www.ilmessaggero.it
Ora sono stati coinvolti anche l’ambasciata del Bangladesh, il ministero delle Infrastrutture e una compagnia aerea. In totale sono undici i cittadini del paese asiatico risultati positivi in provincia di Roma, negli ultimi giorni. Ma sono due storie differenti: sei di loro sono atterrati all’aeroporto di Fiumicino, con voli diversi (tutti con scalo), dopo essere partiti da Dacca, la capitale del Bangladesh.
Altri cinque, invece, ruotano attorno al caso dei due ristoranti a Fiumicino (ma l’aeroporto non c’entra) dove uno di loro lavorava. Partiamo proprio da questo gruppo. Tutto comincia quando il 24 viene ricoverato allo Spallanzani un cittadino originario del Bangladesh che lavorava in un ristorante di Fiumicino. Scatta l’allarme, vengono eseguiti tamponi agli altri dipendenti del locale, ai clienti e agli amici.
Viene lanciato un appello a chiunque sia passato dal ristorante perché vada al “drive in” della Asl Roma 3, a Casal Bernocchi, per sottoporsi al tampone; si formano lunghe code (si presentano in 800, si arriverà a quota 1.000), vengono individuati otto positivi. Due sono i titolari del ristorante, che hanno anche un altro locale, chiuso anch’esso.
Quattro sono del Bangladesh e sono legati appunto al primo positivo, ricoverato con una polmonite interstiziale allo Spallanzani. Per ora nessun cliente del ristorante risulta positivo, ma la Regione Lazio denuncia un fatto: contrariamente a quanto prevede l’ordinanza, nel locale non sono stati registrati i contatti di chi ha mangiato in questi giorni e questo è un problema, perché poi ricostruire i cluster diviene complicato. C’è poi il fronte della comunità del Bangladesh, visto che il primo contagiato due giorni prima del ricovero era stato in Ambasciata, dove aveva avuto contatti con gli impiegati e con altri connazionali che si trovavano negli uffici. Saranno tutti cercati, per eseguire i tamponi.
Perché parliamo di undici cittadini del Bangladesh positivi? Si apre un altro fronte, quello delicato dei “casi di importazione”, molto numerosi negli ultimi giorni, ma riguardano anche persone arrivate dal Brasile, dal Messico, dal Regno Unito. In teoria, dopo essere atterrati, dovrebbero restare in quarantena di quattordici giorni, ma ci sono molti dubbi sul rispetto di questa procedura.
Inoltre, sono già sei i cittadini provenienti dal paese asiatico e atterrati a Roma che sono risultati positivi al coronavirus, uno è stato ricoverato al Policlinico Umberto I. Come è possibile che siano così numerosi, che ci sia una tale frequenza di casi?
La Regione ha chiesto l’intervento del Ministero delle Infrastrutture e aperto un canale di dialogo con le compagnie aeree utilizzate da queste persone, quasi sempre immigrati che lavorano a Roma che hanno sfruttato la possibilità del viaggio per ragioni di lavoro o per il ricongiungimento familiare. Dice l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato: «Il paziente ricoverato all’Umberto I ci ha candidamente confessato che aveva già i sintomi di Covid-19 prima di salire sull’aereo a Dacca. Come è possibile? Perché l’hanno lasciato partire?».
coronavirus controlli fiumicino 1
Per questo motivo è stata contattata la compagnia aerea, perché sei casi su voli differenti, in così pochi giorni, rappresentano un campanello d’allarme molto importante. Torna la domanda: all’imbarco all’aeroporto di Dacca perché non li hanno fermati? Inoltre: al di là delle cifre ufficiali (in Bangladesh risultano 134mila casi in un paese con 161 milioni di abitanti), in che misura sta circolando il virus in quel paese se, con tanta frequenza, chi arriva da Dacca risulta positivo?
Alla Regione Lazio stanno affrontando questa storia con molta prudenza, perché ovviamente non c’è alcuna intenzione di prendersela con una determinata comunità di immigrati, che tra l’altro è molto inserita e apprezzata nel settore della ristorazione e dei bar. L’obiettivo è fermare sul nascere la diffusione del coronavirus, difendendo i due fronti: quello degli arrivi in aeroporto sui voli internazionali; quello di chi ha frequentato i due ristoranti, con i quasi mille tamponi eseguiti ai conducenti delle auto che si sono messe in coda a Casal Bernocchi.