Andrea Morigi per “Libero quotidiano”
Di ritorno dal Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali in Kazakistan, Papa Francesco ripete più volte che occorre "dialogo", anche se sa che è «sempre difficile capire il dialogo con gli Stati che hanno cominciato la guerra». Ma «non dobbiamo scartarlo» perché dà sempre la possibilità di «cambiare le cose», magari anche solo offrendo «un altro punto di vista».
«Io non escludo il dialogo con qualsiasi potenza in guerra, sia anche l'aggressore. A volte il dialogo si deve fare così - dice tappandosi il naso - ma si deve fare. Puzza, ma si deve fare. È sempre un passo avanti: la mano tesa, sempre». Perché facendo il contrario «chiudiamo l'unica porta ragionevole per la pace».
Ora che Mosca pare aprire al negoziato con l'Ucraina, è il caso di approfittarne. Ma per consentirlo è stato necessario rispondere al fuoco. E il Pontefice non finge di non saperlo, tanto che ammette: «Difendersi non è solo lecito, ma è anche un'espressione di amore per la Patria. Chi non si difende, chi non difende qualcosa, non la ama. Invece chi difende, ama».
Anche fornire armi a Kiev è «una decisione politica» che può essere accettata «se si fa in condizioni di moralità», spiega il Santo Padre che chiarisce che la stessa cosa «può essere immorale se si fa con l'intenzione di provocare più guerra o di vendere le armi», definendo comunque la «fabbrica di armi» un «commercio assassino». Dunque a fare la differenza nella moralità nel fornire armamenti a Kiev è «la motivazione».
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In altri casi, sembra più conveniente cedere. C'è in ballo il rinnovo dell'accordo - mai divulgato pubblicamente -fra Pechino e il Vaticano. Forse ai primi di settembre, in gran segreto, durante un incontro bilaterale, i documenti sono già stati siglati e manca soltanto la comunicazione ufficiale.
Comunque, il Partito Comunista Cinese adesso ha le liste di tutti gli ex appartenenti alla Chiesa sotterranea. Se la Santa Sede non firmasse sarebbe anche peggio. E Papa Francesco deve eludere gesuiticamente la domanda sul rispetto dei diritti umani oltre la Grande Muraglia: «La Cina? Non me la sento di qualificarla come antidemocratica. È un Paese complesso».
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Se dovesse irritarsi, le ostilità si aprirebbero con la chiusura dell'ufficio diplomatico della Santa Sede a Hong Kong. Poi toccherebbe ai vescovi e al clero più esposti e a rischio di finire incarcerati.
Putin e Papa Francesco a novembre papa francesco, presidente kassym jomart tokayev papa francesco in kazakistan 2 papa francesco in kazakistan 3 papa francesco in aereo per il kazakistan papa francesco vladimir putin