Micol Passariello per “il Venerdì di Repubblica”
Tutto ha inizio alla corte dello zar Alessandro III. Il sovrano voleva regalare alla moglie qualcosa di davvero speciale per il loro anniversario. E visto che la festa capitava proprio nei giorni di Pasqua, pensò di celebrare il suo amore per l'imperatrice Marija Fëdorovna Dagmar di Danimarca con un uovo prezioso e unico.
Lo commissionò all'orafo Peter Carl Fabergé. Era il 1885 e il gioielliere per non deludere lo zar realizzò il primo uovo-gioiello lavorato minuziosamente a mano. Era bianco con smalto opaco, pensato con un ingegnoso meccanismo a matrioska: una volta aperto, svelava un tuorlo dorato, contenente una piccola gallina, che a sua volta racchiudeva un'altra sorpresa, una miniatura della corona imperiale con uno splendido rubino.
Sorprendenti, costosissime, sontuose, nascevano così le iconiche Easter Eggs, amate da reali e celebrità, prima in Russia e poi in tutta Europa. In particolare a Londra, dove questi tesori all'inizio del secolo scorso diventarono di gran moda e dove oggi ritornano. A raccontarne infatti il glamour e l'opulenza è la mostra Fabergé in London: Romance to Revolution, che dal 20 novembre (e fino all'8 maggio 2022) sarà allestita al Victoria&Albert Museum e che si annuncia come la prima grande esposizione dedicata al successo internazionale del mitico orafo russo.
L'unico luogo dove trovare i suoi preziosi lavori al di fuori della madrepatria, infatti, era la capitale inglese: fu qui che nel 1903 Fabergé aveva aperto un negozio. Aristocratici, ricche ereditiere americane, granduchi russi in esilio, maharaja, finanzieri dell'alta società vi si accalcavano facendo anche la fila per comprare questi regali esclusivi.
LO SHOPPING DI RE GIORGIO V
«Quando Fabergé aprì la sede a Londra» ci spiega la curatrice della mostra Hanne Faurby «le sue creazioni erano già ammirate e collezionate dalla famiglia reale britannica. La regina Alessandra era la sorella dell'allora imperatrice vedova Marija Fëdorovna, che le aveva ceduto molti gioielli.
E la passione per i Fabergé continuò con suo figlio, il futuro re Giorgio V. "Abbiamo comprato circa 43 delle sue cose adorabili", annotava il principe nei suoi diari, dimostrando l'appetito della famiglia reale britannica per le creazioni Fabergé». Vista l'approvazione della corona, a Londra la nobiltà e l'élite altoborghese facevano a gara per collezionare sculture, statuine, pendenti e le famose uova, ovviamente senza badare a spese.
«Come Jeanette Irene Gaar, vedova del ricco uomo d'affari americano William Bateman Leeds, che appare ben 66 volte nei registri delle vendite inglesi dell'azienda. Anche il banchiere e finanziere Leopold de Rothschild era un generoso donatore (Henry Bainbridge, a capo della filiale londinese, lo descriveva un "perpetuo Babbo Natale").
E che dire di Alfons Kozie-Poklewski, carismatico diplomatico russo di stanza nella capitale? Ogni volta che partecipava a una festa si presentava "carico di cose Fabergé", appuntava ancora Bainbridge, "in due grandi valigie"». di padre in figlio La mostra è una sfilata di circa 200 oggetti, simboli di eleganza e artigianalità. Raccontano la storia di Peter Carl Fabergé, talentuoso orafo nato nel 1846 a San Pietroburgo.
Figlio d'arte, accanto al padre Gustav, maestro orafo, aveva girato l'Europa in lungo e in largo, imparando i segreti di questa arte nelle botteghe più raffinate del tempo. «Viaggiare» ci spiega Faurby «era parte del suo apprendistato, gli permetteva di studiare le grandi opere d'arte conservate nei musei. Poi Carl tornò a San Pietroburgo e lavorò nell'azienda del padre, prendendone a pieno le redini nel 1872».
Qualche anno dopo i loro lavori vennero messi in mostra e lo zar, colpito da tanta magnificenza, decise che non poteva farne a meno. «Il grande acume di Fabergé per gli affari e una maestria senza precedenti lo portano a ottenere nel 1885 il titolo di Orafo ufficiale alla corte imperiale». Il percorso espositivo del Victoria & Albert Museum inizia proprio dalla strepitosa collezione della famiglia Romanov.
Arriva dal Museo dell'Ermitage la miniatura delle Insegne imperiali, realizzata per l'Esposizione universale di Parigi del 1900: un pezzo importante, che segnò la consacrazione di Fabergé come orafo di corte. Nobili e zarine si scambiavano spesso regali preziosi e unici: fiori in cristallo di rocca, oro e diamanti con taglio a rosa, squisiti ritratti in miniatura, piccoli monili da indossare o collezionare. Come la rarissima figurina della guardia dell'imperatrice madre, commissionata dall'ultimo zar Nicola II, che offre uno spaccato di vita privata della nobildonna a palazzo.
O il libro di preghiere donato dal sovrano all'imperatrice Aleksandra Fëdorovna nel giorno della sua incoronazione, custodito accanto alle foto di famiglia.
IL COSTO DI CUPIDO
Uno dei pezzi più pregiati dell'esposizione al V&A è la tiara realizzata dal mastro di Fabergé, Albert Holmström, a San Pietroburgo. «Apparteneva a Sua altezza reale la granduchessa Alexandra di Meclemburgo-Schwerin: creata in oro e argento, è formata da nove frecce verticali incastonate di diamanti e acquamarina.
Le frecce, emblemi di Cupido, sono dirette verso chi le indossa. Alla duchessa era stata donata dal marito Federico Francesco IV poco dopo il loro matrimonio». E a proposito di amore. All'orafo venivano chiesti spesso pegni d'amore tra re Edoardo VII e la sua amante Alice Keppel (la bisnonna di Camilla, attuale moglie di Carlo d'Inghilterra). Donna vivace, dalla personalità affascinante e dalla bellezza accattivante, Alice era impegnata in una liaison sentimentale con il nobile fin da quando era principe di Galles.
«Mrs Keppel divenne la sua compagna preferita e rimase maîtresse en titre per il resto della sua vita». Nel 1908 donò al re un elegante portasigarette Art Nouveau in segno di amore eterno. «Realizzato in oro rosso con intarsi di smalto blu reale su un fondo inciso, che gli conferisce l'aspetto di seta scintillante, è avvolto da un serpente tempestato di diamanti con taglio a rosa di diverse dimensioni, che si morde la coda. Il motivo del serpente» aggiunge Faurby «è sinonimo di eternità e la durabilità dei diamanti comunica costanza. Insomma, un'esplicita dichiarazione d'amore».
ULTIMI SFARZI
In mostra non mancano ovviamente le celebri Easter Eggs. A partire dall'Uovo del terzo centenario, creato per celebrare i 300 anni della dinastia dei Romanov e l'uovo del Palazzo di Alessandro, con ritratti ad acquerello dei figli di Nicola II e dell'imperatrice Aleksandra, che all'interno cela un modellino del palazzo.
Il pezzo forte però è il Moscow Kremlin Egg, dedicato al Cremlino: è l'uovo imperiale più grande mai realizzato, ideato da Fabergé per Nicola II che lo donò alla moglie Aleksandra la mattina di Pasqua del 1906.
Un monumento in miniatura ispirato all'architettura della Cattedrale della Dormizione, luogo dove i Romanov venivano incoronati. Un oggetto straordinario, dal valore inestimabile. che però non ha portato molta fortuna a Nicola II. Undici anni dopo ci pensò Lenin a metter fine a tanto sfarzo.
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