1 - COSÌ L' EGITTO HA NASCOSTO GLI ULTIMI SMS DI REGENI
Grazia Longo per “La Stampa”
La lista dei messaggi spediti da Giulio Regeni agli amici del Cairo e quelli scambiati tra questi ultimi, consegnata dall' Egitto alla procura di Roma, non è completa. Ne mancano alcuni, che risultano invece dai tabulati controllati dagli inquirenti italiani. Un dato allarmante perché alimenta il sospetto che quella lista possa essere stata manomessa, corretta. E lo stesso potrebbe essere accaduto per altri elementi utili fare luce sulla morte del ricercatore friulano che, per conto dell' Università di Cambridge svolgeva al Cairo un'analisi del sindacato autonomo degli ambulanti oppositori al regime di Al Sisi.
Il traffico telefonico insomma è ancora un mistero. Questo almeno per quanto concerne il materiale affidato cinque mesi fa dagli egiziani durante il primo vertice romano. Bisogna capire, invece, che cosa si scoprirà dalla mole di materiale portato ieri pomeriggio. Ci sono moltissimi documenti ma tutti cartacei e scritti in arabo. La speranza è che emergano elementi utili dal nuovo vertice, che si chiuderà oggi tra il Procuratore Giuseppe Pignatone, l' aggiunto Francesco Caporale e il pm Sergio Colaiocco da una parte e il Procuratore Generale della Repubblica Araba d' Egitto Ahmed Nabil Sadek e il suo team investigativo.
VIGNETTA GIANNELLI - AL SISI COLLABORA SUL CASO REGENI
Il clima, nell' incontro di ieri pomeriggio, è stato disteso, interlocutorio e collaborativo. Si tratta però di vedere se oggi si trasformerà in qualcosa di concretamente produttivo. Perché è evidente che altrimenti si aprirebbe una nuova crisi politica come quella che, dopo il fallimento del precedente summit, portò al rientro del nostro ambasciatore al Cairo.
A parte il traffico telefonico si aspettano rivelazioni sulle telecamere della metropolitana sotto l'abitazione del giovane al Cairo. L'Egitto lo scorso aprile fa aveva garantito che avrebbe inviato l' hard disk da esaminare alla dieta tedesca che lo ha costruito, ma questa non lo ancora ricevuto. A nulla è valsa la disponibilità del nostro Paese di occuparsi della spedizione e dei costi che comporta l'operazione.
Stavolta si riuscirà a spezzare la catena di omissioni, esistenze, reticenze, sulla morte di Giulio Regeni? Il ventottenne è stato barbaramente torturato per nove giorni prima di essere ucciso e abbandonato alla periferia del Cairo il 3 febbraio scorso. I nostri inquirenti hanno chiesto i dati grezzi sul traffico telefonico, utili per verificare chi era presente al momento del sequestro e del ritrovamento del cadavere in modo da confrontare le utenze con quelle dei poliziotti che hanno ritrovato i documenti del giovane nella casa di alcuni banditi del tutto estranei all' omicidio.
Sono stati quei poliziotti a portare il passaporto di Giulio e il suo tesserino universitario in quella casa? In assenza del materiale completo, di un cd, è difficile capire la verità. Perché le sintesi su file Excel non solo è inefficiente ma può, appunto, essere manovrata.
E restano l' amarezza, il dolore, e l' orrore per quel giovane corpo martoriato. Le 224 pagine della perizia dei medici legali Vittorio Fineschi e Marcello Chiarotti sono il quadro dell' orrore. L' autopsia, grazie ai test sul livello di potassio, conferma che il decesso è avvenuto nelle ultime 24 ore prima del ritrovamento. Il resto è tristemente noto: ossa e denti spezzati, tumefazioni, sfregi sul corpo (sul dorso c' è una E rovesciata).
I TUTOR INGLESI DI REGENI PROTESTANO CONTRO AL SISI
Un team formato da polizia e carabinieri, di Sco e Ros, per oltre due mesi ha seguito le indagini sul posto senza però essere autorizzato a ricerche autonome. Oggi potremo avere finalmente risposte decisive o assisteremo al solito copione di apparente cooperazione? La disponibilità dell' Egitto, ieri sera, si è anche manifestata con un invito a cena dei nostri inquirenti, insieme ai colleghi del Cairo, all' ambasciata egiziana. E intanto i genitori di Giulio, Paola e Claudio Regeni, assistiti dall' avvocato Alessandra Ballerini insistono nel chiedere giustizia e verità.
2 - FOTO TERRIBILI CHE ESIGONO UNA RISPOSTA
Cesare Martinetti per “la Stampa”
Abbiamo visto le fotografie del corpo di Giulio Regeni e non avremmo mai voluto vederle.
Sapevamo quasi tutto quel che c' era da sapere sulla fine di questo ragazzo.
Le torture insistite e metodiche durate almeno una settimana, le ossa rotte e i denti spezzati, i tagli e le bruciature, quel bel viso ridotto a poltiglia, riconoscibile - ha detto la mamma - soltanto dalla punta del naso. Una catena indicibile di orrori. Lo sapevamo. Tuttavia le parole scritte sui referti dei periti trasmettono il gelo dei marmi dell' obitorio, non il fuoco nel cuore; le immagini invece vanno oltre la ragione e annientano ogni dubbio.
Quelle fotografie ci permettono ora di parlare da testimoni. E da testimoni chiediamo innanzitutto al governo di far cessare l' ignobile commedia egiziana che dura ormai dal 25 gennaio: un cittadino italiano è stato torturato in modo feroce e smisurato senza che ancora se ne sappia la ragione, ammesso che ci possa essere una qualche «ragione» per una violenza così bestiale. Meno che mai sappiamo di accusati o anche solo di sospettati a provare che qualcuno al Cairo stia seriamente indagando sul caso. Il governo di un grande Paese come l' Egitto con il quale abbiamo rapporti economici e diplomatici non ha ancora dato una risposta minimamente attendibile. Ed è inaccettabile.
La realpolitik deve cedere, il balletto diplomatico deve finire, non ci sono più alibi. La politica può essere cinica e talvolta deve esserlo, ma quando si supera il limite dell' umano si svuota di qualunque senso. Con il caso di Giulio Regeni siamo a questo punto: non c' è più ragione che tenga, in quel corpo violato oltre ogni immaginazione c' è non solo la sua famiglia - così ferma, coraggiosa, dignitosa - ma c' è il sentimento di una nazione al quale devono una risposta il governo italiano non meno di quello britannico.
In Gran Bretagna Giulio ha vissuto, studiato e lavorato. Forse è là che si cela una parte del suo mistero, ma finora nessuno ha davvero aiutato gli inquirenti italiani. Ogni discorso sul terrorismo che ci ha colpito e ci minaccia e dal quale si attribuisce al governo di Al Sisi la funzione di argine, rischia di diventare esercizio retorico.
Non perché ci sia un rapporto tra l' atroce fine del ragazzo italiano e gli attentati, ma perché non è più tempo di rapporti equivoci. Non avremmo voluto vedere le fotografie del corpo di Giulio Regeni, ma è stato bene vederle. Non le pubblicheremo per rispetto della vittima, della famiglia e dei lettori, ma a quelle immagini e alla loro straziante nudità si deve rispondere con la richiesta ferma e incessante di giustizia.