Giampiero Maggio per www.lastampa.it
Zona gialla, arancione e rossa. E poi il dpcm e le cose che si possono e non si possono fare se si vive nelle aree con maggiori restrizioni. E infine l’autocertificazione, il documento che va esibito se si deve circolare, ad esempio, nelle zone rosse. Che cosa succede se non ce l’abbiamo con noi? E se usciamo di casa ma non ne abbiamo un motivo valido, ad esempio non ci sono lo stato di necessità, salute e lavoro?
Intanto partiamo dagli spostamenti in quella che è considerata la zona rossa, cioè dove ci sono le maggiori restrizioni. Il sito del ministero della Salute dice che «all’interno dell’area rossa è vietato ogni spostamento, sia nello stesso comune che verso comuni limitrofi (inclusi quelli dell’area gialla o arancione), ad eccezione degli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità (per esempio l’acquisto di beni necessari) o motivi di salute». E poi è vietato «far visita o incontrarsi con parenti o amici non conviventi, in qualsiasi luogo, aperto o chiuso.
Sono consentiti gli spostamenti strettamente necessari ad assicurare lo svolgimento della didattica in presenza, se prevista». Si può, naturalmente, rientrare al proprio domicilio abitazione o residenza ma il ministero della Salute consiglia caldamente di «lavorare a distanza, ove possibile, o prendere ferie o congedi».
Se invece abbiamo necessità di spostarci dobbiamo portare con noi l’autocertificazione. Come funziona? Vediamo che cosa rischiamo nel caso ne fossimo sprovvisti o, peggio, se mentissimo sui reali motivi dello spostamento o se violassimo addirittura la quarantena.
Partiamo da un presupposto fondamentale: senza una valida ragione per uscire, è obbligatorio restare a casa, per il bene di tutti. «Si deve essere sempre in grado di dimostrare che lo spostamento rientra tra quelli consentiti – spiega il sito del ministero della Salute -, anche mediante autodichiarazione che potrà essere resa su moduli prestampati già in dotazione alle forze di polizia statali e locali.
La veridicità delle autodichiarazioni sarà oggetto di controlli successivi e l’accertata falsità di quanto dichiarato costituisce reato. La giustificazione del motivo di lavoro può essere comprovata anche esibendo adeguata documentazione fornita dal datore di lavoro (tesserini o simili) idonea a dimostrare la condizione dichiarata».
Estremizzando, ma non troppo, si rischia il processo penale soltanto nei casi più gravi. Ad esempio uscendo di casa per andare a trovare un amico durante il coprifuoco o senza giustificazioni se si abita in zona rossa. Meglio non mentire, al posto della multa scatterebbe il reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale: questo reato è previsto dall'articolo 495 del codice penale e viene punito con la reclusione da uno a sei anni. Uscire di casa se si è positivi al Covid, contagiando altre persone, potrebbe invece far scattare il reato di epidemia colposa che prevede una pena da sei mesi a tre anni.
Cosa succede in tutti gli altri casi, invece? Se non si rispetta la quarantena si rischia una condanna che va dalla reclusione da 3 a 18 mesi, oltre a un'ammenda da 500 a 5 mila euro (è previsto dall'articolo 7 del decreto legge 19/2020). Nessun rischio di condanna e, di conseguenza, di reclusione, soltanto se scatta la violazione dell'isolamento fiduciario, in caso di attesa del tampone o di contatto ritenuto a rischio anche tramite l'alert dell'App Immuni: in questa circostanza si rientra nell’ambito delle sanzioni amministrative e non penali.