Fulvio Fiano per https://roma.corriere.it
L ABBRACCIO DEI FRATELLI BIANCHI AL PROCESSO PER L OMICIDIO DI WILLY MONTEIRO DUARTE
Accuse agli altri imputati, versioni concordate alla lettera, frasi rimangiate in aula, tentativi di contattare i testimoni. Così la «Gang dello scrocchio», il gruppo di amici più stretti dei fratelli Gabriele e Marco Bianchi che celebrava i propri pestaggi in una chat dedicata dal titolo inequivocabile, ha provato a salvare i due picchiatori di Artena dall’accusa di aver ucciso Willy Monteiro Duarte e per la quale sono stati condannati all’ergastolo.
«I super testimoni»
Le manovre per allontanare dai due fratelli la responsabilità dei colpi mortali inferti al 21enne di Paliano comincia con sorprendente lucidità già subito, in auto, durante la fuga da largo Santa Caterina a Colleferro, luogo dell’aggressione. In auto con l’amico Vittorio Tondinelli, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, i Bianchi provano a riversare su questi due la colpa di quanto accaduto: «Ma che avete fatto?».
Una versione che il giorno dopo, ad arresto già avvenuto, proverà a sostenere anche il terzo fratello Bianchi, Alessandro - non coinvolto nell’indagine - che quella sera aveva prestato il suv a Marco e Gabriele e che li accoglie nel suo locale di ritorno dal raid: «Ci sono due super testimoni che possono scagionare i miei fratelli — dice — si sono già presentati dal nostro avvocato».
«Come un calcio di rigore»
Le testimonianze sono quelle dello stesso Tondinelli, di Omar Sahbani e di Michele Cerquozzi. Sono i componenti, assieme ai due Bianchi, della chat «La gang dello scrocchio». Sahbani e Tondinelli condividono con Marco e Gabriele anche l’imputazione per lesioni in altre inchieste su episodi di pestaggio tuttora a processo presso il tribunale di Velletri e per una delle quali Marco è stato già arrestato in passato.
Tondinelli, Sahbani e Cerquozzi usano la stessa metafora, identica anche nelle parole, del «calcio di rigore» per descrivere il colpo che Belleggia avrebbe sferrato al volto di Willy quando era già a terra.
Le parole di Cerquozzi e Sahbani (Tondinelli è indagato per favoreggiamento perché era alla guida dell’auto), vengono così bollate in fase di indagini preliminari dal gip, per spiegare la diversa versione da loro fornita rispetto a quella di tanti altri testimoni che si erano spontaneamente presentati dai carabinieri: «Cerquozzi e Sahbani venivano sentiti dopo aver già appreso dalla stampa, e presumibilmente anche da Alessandro Bianchi, quale fosse stata la ricostruzione offerta a questo giudici dai due indagati (i fratelli Bianchi, ndr).
I FRATELLI BIANCHI CON I GENITORI
Appare opportuno osservare come le convergenti dichiarazioni rese dai testimoni che si erano presentati spontaneamente e dunque certo non animati da interessi personali, rendano ferma confutazione alle ricostruzioni di Cerquozzi e Sahbani».
«I carabinieri sanno tutto»
Ma il gip arriva a una conclusione ancora più netta valorizzando un episodio avvenuto durante i colloqui in carcere registrati dai carabinieri: «Alessandro e Marco Bianchi erano certamente avvertiti del rischio di essere intercettati e per tale ragione avevano ritenuto di strumentalizzare la conversazione rendendola un elemento di riscontro alla rappresentazione offerta nel corso degli interrogatori e indirettamente al tentativo di assegnare l’esclusiva responsabilità del fatto a Belleggia».
Gesti convenzionali, parole sillabate senza emettere suoni, sguardo alla ricerca di telecamere. Una versione insomma concordata che poi è stata affidata anche agli amici: «Ne discende - scriveva ancora il gip - una valutazione di generale inattendibilità delle dichiarazioni rese dai due amici degli indagati». «I carabinieri sanno tutto, sanno cosa abbiamo fatto e che ci siamo messi d’accordo», diranno Cerquozzi e Sahbani due settimane dopo, intercettati mentre sono in attesa di testimoniare.
Gli amici degli amici
Ma nel corso del processo è emerso qualcosa di più. Alcuni testimoni, anche tra gli amici di Willy, sarebbero stati avvicinati per convincerli di aver visto male quanto accaduto a causa del buio e della confusione.
Un’altra, Faiza Roussi è stata invece indagata per false dichiarazioni perché dopo aver fornito una versione uguale agli altri sul primo calcio sferrato da Gabriele Bianchi al petto di Willy, rispondendo in aula alle domande del difensore dei due fratelli ha improvvisamente sposato la loro versione di un unico colpo dato da Marco all’anca del 21enne. Faiza Roussi è fidanzata con un ragazzo che vive vicino a casa dei Bianchi in contrada Colubro, appena fuori Artena.
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