Matteo Sacchi per Il Giornale
Lo spunto di cronaca è presto raccontato. Claudio Bassetti, presidente della Sat, la società alpinistica trentina che gestisce più di 30 rifugi e con i volontari tiene puliti migliaia di chilometri di sentieri ha lamentato in una intervista a Repubblica il modo in cui la montagna viene venduta ai turisti.
Tanto per capirci: «Spot, pubblicità anche istituzionali a base di modelle e champagne rovinano la montagna. Danno un'immagine non vera delle nostre vette, attirano turisti che non sanno come muoversi in alta quota, e poi finiscono nei guai e hanno bisogno di soccorsi. Cercano hotel a cinque stelle dove ci sono rifugi, buttano rifiuti come se fossero discariche». Per carità, la pubblicità, lo sanno, tutti è ingannevole. Se no non compreremmo dei Suv in grado di scalare l'Himalaya per poi metterci in coda quattro ore, in piano, sul grande raccordo anulare.
Però bisogna dirlo, qualche ragione i ruvidi alpinisti trentini ce l'hanno. Ed è il caso di dirlo, prima che si apra la stagione invernale che è quella che rovescia in montagna il maggior numero di improvvisati giganti dello sci alpinismo, ciaspolatori d'alta quota, arrampicatori di cascate ghiacciate espertissimi (hanno visto ben due volte Cliffhanger)...
Sono anni che «allarmi» di questo tipo si susseguono. Nel 2015 si erano lamentate, in altra parte dell'arco alpino, le guide del Ghiacciaio del Bianco. Grazie alla nuova funivia arriva in quota chiunque. E a degli esperti di montagna a vedere turisti in infradito e maglietta che pretendono di andare a spasso per il ghiacciaio si rizzano i capelli in testa. E poi ci fu il caso di una 12enne lettone portata dai genitori a fare la Trois Mont Blanc, robetta non proprio facile (1200 metri di dislivello sul ghiaccio, con dei passaggi non per principianti). Niente in grado di mettere in difficoltà degli alpinisti esperti (tempo e neve permettendo), ma qualcosa di decisamente pericoloso per neofiti. Finì bene per l'intervento della gendarmeria francese. Non abbiamo voglia di fare un pippone, sia chiaro, e manco ne abbiamo titolo. Però l'invito a evitare situazioni in stile Fantozzi - «Io sono stato azzurro di sci...» - resta più che valido. Nella realtà fa meno ridere...
Detto questo c'è già da essere contenti che le modelle atterrate in elicottero sulla Marmolada per fare la pubblicità di una marca di bikini non si siano beccate un bel raffreddore o peggio. Qualunque camminatore di media o alta montagna, cosa diversa e meno impegnativa dell'alpinismo, vi potrebbe dire che in quota, se mal acclimatati, è un attimo sentirsi male.
Capita soprattutto sotto sforzo, ma non è detto. Sopra i 2.500 metri può presentarsi anche il mal di montagna. Qualcuno è più predisposto di altri, ma capita. E in quel caso posso garantirvi, esperienza personale, che non avrete l'aspetto dei tizi che pubblicizzano resort a 5 stelle travestiti da rifugi... Se vi va bene sarà spossatezza cosmica accompagnata dal mal di testa del secolo, se vi va male anche sintomi gravi.
Vi stiamo dicendo di non andare in montagna? No, anzi. Però non scambiatela per un cartellone pubblicitario. Settimana scorsa un caro amico mi ha proposto tre giorni sul sentiero Bove in Valgrande. Allettantissimo, per fortuna ero impegnato. Se no avrei dovuto dirgli: «Bellissimo ma non vengo, perché conosco te, conosco il sentiero, e ora non mi sento abbastanza in forma». Mi avrebbe fatto un mazzo... Ma meglio il mazzo del mio amico di quello che può farti la Valgrande presa sotto gamba. Per fortuna non è ancora una location da pubblicità.