Monica Guerzoni, Fiorenza Sarzanini per corriere.it
«Forse qualche ritocchino ci sarà...». Giuseppe Conte appare ancora indeciso mentre annuncia «qualche misura ulteriore», ma l’ala «dura» del governo vuole un Natale in rosso. Se dovesse spuntarla il fronte della massima cautela guidato da Speranza, Franceschini e Boccia, oggi stesso l’esecutivo potrebbe decidere il lockdown nelle due settimane più a rischio, dal 24 dicembre al 6 gennaio.
Una misura estrema, che declinata rispetto alla vita dei cittadini vorrebbe dire ristoranti chiusi, saracinesche dei negozi non alimentari abbassate e divieto di spostamento nel Comune, se non per urgenza, salute e necessità. In tv a Di Martedì il ministro Francesco Boccia non annuncia regali: «Si fa il cenone di Natale? La mia risposta è no. Ipotizzare assembramenti è folle. Ipotizzare cenoni oltre i conviventi è una cosa sbagliata. Noi abbiamo il dovere di salvare vite. I cenoni li faremo l’anno prossimo». Roberto Speranza punta a «chiudere il più possibile» e altrettanto fermo è Dario Franceschini, per nulla disposto a cercare «mediazioni e compromessi sulla salute degli italiani».
GIUSEPPE CONTE E IL REGALO DI NATALE
La scuola
Nulla di ufficiale, le fonti però raccontano che tra i ministri, scioccati dagli 846 morti di ieri, si rafforza l’idea di anticipare l’inizio delle vacanze scolastiche al 21 dicembre. Ed è scontro anche sui licei, con una parte del governo che ritiene troppo pericoloso tornare in presenza il 7 gennaio e Italia viva e M5S che preparano le barricate. E si litiga anche sugli assembramenti nelle vie dello shopping. I ministri che spingono per regole più severe vogliono chiudere tutto già da questo weekend, mentre Conte non ritiene giusto impedire di muoversi a chi ha già comprato biglietti ferroviari o aerei. «Sarà dura ottenere il via libera alle misure più restrittive — ammettono i ministri che sostengono la linea del rigore —. Ma se non chiudiamo, a gennaio ci troveremo nel pieno della terza ondata». Il governo è spaccato su quanto energica debba essere la stretta e anche gli scienziati si dividono.
Contrario a indurire troppo perché «le nostre misure stanno funzionando», Conte ha chiesto al Comitato tecnico-scientifico di mettere nero su bianco dove, quando e cosa bisogna chiudere. Ma gli esperti hanno faticato a trovare una linea comune, anche perché non vogliono fare da «foglia di fico» alla politica. Toccherà quindi al governo decidere quanto blindate saranno le feste degli italiani, quali categorie produttive dovranno essere risarcite e quanti soldi serviranno. Sui ristori è polemica e il tema sarà centrale nella Conferenza Stato-Regioni. Il primo incontro video delle 8.30 con i ministri Boccia e Speranza, il capo della Protezione civile Borrelli e il commissario Arcuri servirà a varare il Piano vaccinazioni. Poi la riunione proseguirà sulla stretta natalizia.
Le ipotesi
La zona rossa nelle due settimane centrali è la richiesta dell’asse rigorista. Conte invece si muove, per quanto a zig zag, lungo la linea morbida tracciata anche da Italia viva e da parte del M5S: al massimo, una fascia arancione nazionale. Altra ipotesi, far scattare la chiusura di negozi e ristoranti nei festivi e prefestivi: 24-27 dicembre, 31 dicembre-3 gennaio ed Epifania.
Nove giorni di zona rossa per scongiurare aperitivi, cenoni e veglioni. Ultima (complicata) ipotesi, colorare di arancione i giorni prefestivi e di rosso i festivi. Per il Viminale la soluzione più sicura è chiudere tutto. «Se teniamo aperto, i controlli sono più difficili e i rischi più grandi», è la linea della ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese.
Il verbale
ROBERTO SPERANZA E DARIO FRANCESCHINI
Gli scienziati si dicono molto preoccupati e avvertono che il periodo natalizio presenta «rischi specifici relativi alla mobilità e alla aggregazione nei contesti familiari e sociali», chiedono «grande prudenza» e suggeriscono di potenziare molto i controlli. Verbale approvato all’unanimità, anche se i tre direttori generali della Salute (Rezza, Urbani e Iachino) si erano rifiutati di firmare perché il Cts non fa cenno a zone rosse o arancioni: «Quattro componenti hanno ritenuto che la formulazione conclusiva non fosse aderente alle proprie posizioni». Il coordinatore Agostino Miozzo prova a ricomporre la spaccatura: «Riunione difficile, alla fine abbiamo raggiunto un punto d’incontro».
giuseppe conte agostino miozzo
Le mozioni
Oggi tocca al Parlamento. Il capogruppo del Pd Andrea Marcucci chiede alla maggioranza di sostenere la mozione che consente la mobilità tra piccoli Comuni e Italia Viva si batte perché le decisioni siano prese «solo sulla base di dati scientifici certi» .