Giuseppe Scarpa per "Il Messaggero"
Entra vivo nell'ambasciata italiana a Montevideo. Dopo 37 minuti esce privo di sensi. Già «morto» per il fratello della vittima, trascinato da due poliziotti. Ufficialmente il decesso è registrato alle 8.30 in ospedale dove viene trasportato incosciente. È la storia di Luca Ventre. L'italiano di 35 anni che lo scorso primo gennaio scavalca il cancello della sede diplomatica perché vuole parlare con un funzionario, trova due vigilantes di guardia nel giardino della rappresentanza. Lo placcano, uno dei due gli cintura il collo e lo immobilizza a terra. Lo neutralizza.
Lo tiene così per diverso tempo. Troppo. Fino a quando il corpo del ragazzo non si muove più. Poi viene trascinato via a peso morto, preso dalle ascelle, con la testa reclinata in avanti e i piedi che strisciano in terra. Adesso la procura di Roma vuole vederci chiaro. Già in settimana è possibile che il pm Sergio Colaiocco, magistrato titolare della delicata inchiesta sul caso Regeni, iscriva i vigilantes con l'accusa di omicidio preterintenzionale.
Nel frattempo il fratello della vittima, Fabrizio Ventre urla il suo dolore: «Luca è stato ucciso dentro un'ambasciata italiana, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non si è degnato di dire una parola, di telefonarci, di chiedere di fare piena luce. Siamo stati letteralmente abbandonati dalle istituzioni».
LA VICENDA Intorno alle sette e sette del mattino del primo gennaio Luca Ventre fa ingresso nell'ambasciata italiana a Montevideo. Non lo fa entrando convenzionalmente. Scavalca. Il ragazzo attraversa un momento particolare, da poco si è ripreso da un brutto incidente, saltuariamente fa uso di droghe. Lui vorrebbe essere rimpatriato, questa la motivazione che lo spinge al folle gesto. Appena mette piede a terra viene raggiunto da due uomini. La sicurezza. Luca rimane fermo, viene fatto inginocchiare. Le mani dietro la schiena.
Poi lo scaraventano sul cemento, subito uno dei due lo afferra per il collo e gli sale sopra. Il 35enne è sopraffatto. Nel frattempo il sistema di video sorveglianza riprende tutto. In un fermo immagine si vede il viso di Luca sofferente mentre il braccio della guardia gli stritola il collo. Una presa che terrà ininterrottamente fino alle sette e trenta. A questo punto Luca non si muove, è disteso sul pavimento. Immobile. Un vigilantes è armato.
Passano quasi altri 14 minuti. Si apre il cancello ed entrano due poliziotti, prendono il ragazzo, lo sollevano di peso. Il 35enne non si muove il corpo è completamente afflosciato. L'auto si dirige all'ospedale Hospital de Clinica. La distanza tra l'ambasciata e il nosocomio è di 4 chilometri. Secondo Google Maps servono 8-10 minuti in macchina. L'auto della polizia presumibilmente procede a maggiore velocità. Ipoteticamente ci mette 4 minuti. Arriva di fronte all'ingresso del pronto soccorso intorno alle sette e cinquantuno.
Altre telecamere riprendono la scena grottesca. Luca non entra subito. Viene ricoverato dopo 14 minuti. Ecco cosa accade. I poliziotti prendono una carrozzella e sistemano il ragazzo sopra. Poi si dirigono verso l'ingresso. A questo punto c'è un nuovo fermo immagine che suggerisce come il ragazzo sia privo di sensi: il 35enne si ribalta all'indietro con l'intero busto, la testa gli ciondola su un lato. Quattro agenti fanno fatica a ricomporlo sulla sedia. Poi varcano l'ingresso.
Qui non c'è più nessuna telecamera. Si sa che i medici tentato di rianimarlo più volte. L'esito è negativo. La morte ufficiale registrata nei documenti porta le 8.30. Per il fratello era già morto prima di entrare e comunque il decesso, sempre secondo i parenti, è una conseguenza del placcaggio avvenuto dentro il cortile dell'ambasciata italiana a Montevideo. Adesso la procura di Roma dovrà fare piena luce. Anche i magistrati uruguaiani indagano sul caso.
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