Maddalena Messeri per www.leggo.it
Un giorno sei al suo fianco, puoi parlarci, chiamarla al telefono, capirne l’umore con poche espressioni. Il giorno dopo non c’è più. Dopo la morte solo il silenzio. Perché quando ci lascia una persona a cui volevamo bene, la cosa più difficile da accettare è proprio l’assenza della sua voce.
Cosa ti diceva l’amico scomparso, in che modo ti parlavano i tuoi genitori, cosa ti scrivevi con il tuo amore? Il lutto è una delle esperienze più dolorose per noi umani e travolge più o meno tutti con la stessa - passiva - violenza. Così i ricordi si affastellano nella mente, in cerca di appigli per fermare i singhiozzi, ritrovare un attimo di calma.
C’è chi, per ritrovare nel vuoto rimasto una presenza, si affida alle foto e ai video. Oggetti strappati alla dispersione della memoria: non è un caso che quando si scatta una fotografia si dica “immortalare” perché appunto si diventa custodi di un momento che istantaneamente si fa reliquia. Ma spesso non bastano. La voce sparita dunque, le parole usate, essenza dell’altro in tutta la sua unicità, ci mancano costantemente e scrive su Twitter l’attrice Paola Pitagora: «Quando una persona cara se n’è andata e rimane il suo nome sul cellulare, io non ce la faccio a cancellarlo».
Neanche io. Conservo gelosamente nel mio telefonino numeri e messaggi delle persone che non ci sono più. Che senso avrebbe cancellarli? Anzi una volta in un momento di poca lucidità ho chiamato un amico morto da poco, con l’illusione di poterci parlare un’ultima volta ancora. Cosa pensavo di fare? Mi sono ritrovata col cellulare in mano come nel romanzo “Tre Piani” di Eshkol Nevo, in cui Dovra si racconta alla segreteria telefonica del defunto marito.
«Ti percepisco in ogni angolo. Sento i tuoi passi dietro di me. Una gamba leggermente più lunga dell’altra. La notte, mi allungo verso il tuo lato del letto. Ti cerco. Mi parli nella testa mentre guardo la televisione. Esprimi la tua opinione, generalmente negativa sul livello del programma… Ancora più tremendi sono i momenti in cui non ti sento più. Momenti che ultimamente si sono moltiplicati».
L’altro rimane nei nostri pensieri, nei momenti di sconforto possiamo rileggere i vecchi messaggi, per far rivivere la sua voce anche solo pochi istanti e confortare un poco il cuore disassato. Può capitare poi, e con che disagio, che inaspettatamente il suo numero venga disattivato e assegnato a uno sconosciuto, così su whatsapp mentre scrolli cambia la foto profilo e devi ammettere che è davvero tutto finito, in una sorta di reincarnazione tecnologica.
Da qualche anno poi ci sono i social, che continuano a ricordarci chi se n’è andato: la cosa più impressionante è quando vedi un retweet nella timeline e ti sembra che quella persona non sia mai morta. Instagram rimane il più cristallizzato nel tempo, con gli eredi che a volte pubblicano in memoria di, ma è cosa rara.
Quella di Facebook è invece la bacheca più struggente, perché nella Babilonia dei viventi resta il cimitero virtuale dei defunti, con gli amici che continuano a postare foto, cuoricini e messaggi pieni di affetto, anche a distanza di molto tempo: mi manchi, sei sempre con me, buon compleanno ovunque tu sia. E il più laconico: «non so se amarli o odiarli, sti ricordi di FB».
LUTTO DGITALE LUTTO DGITALE LUTTO DGITALE