Fulvia Caprara per “la Stampa”
Non sarà triste, non sarà nemmeno scintillante e popolosa come negli ultimi anni, ma, di certo, sarà la Mostra della rinascita, quella che mette il punto su un' era per aprirne un' altra.
Venezia, ai tempi del dopo-Covid, si prepara ad accogliere la Mostra del cinema nelle date previste (dal 2 al 12 settembre), ma con uno spirito diverso, caratterizzato, soprattutto, dalla volontà di rilanciare l' industria del cinema, gravemente ferita dagli effetti della pandemia.
A dare l' annuncio è il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, membro del cda della rassegna, che, mettendo in relazione dati epidemiologici e possibilità pratiche di organizzarla, parla di «bel segnale» e spiega: «Gli esperti dicono che settembre è la finestra per le elezioni, quindi la Mostra si può fare. Ho parlato con il presidente della Biennale Roberto Cicutto, nel caso della Biennale Architettura si è detto che la maggioranza degli espositori non se la sentiva di fare gli allestimenti dei padiglioni. Per quello che, invece, riguarda la Mostra, probabilmente la differenza sarà che non ci saranno tutte le produzioni che siamo abituati a vedere, perché molte lavorazioni si sono dovute fermare».
L' impressione, più che altro, è che sarà limitato il numero delle opere provenienti dagli altri Paesi, dove l' epidemia si è sviluppata con differenti tempistiche, e la stessa cosa dovrà valere, di conseguenza, per i divi stranieri, a iniziare da Cate Blanchett, annunciata, prima che tutto iniziasse, come presidente di giuria della Mostra 2020. Prevarrà, forse, una versione autarchica della kermesse, con molti titoli italiani, e con una selezione di film etichettati dal Festival di Cannes, dove, se non fosse saltato, avrebbero dovuto essere proiettati in anteprima. Tra questi, per esempio, Tre piani di Nanni Moretti, e, magari, The French Dispatch di Wes Anderson.
I film, una volta girati, hanno bisogno di essere visti e, siccome Cannes e Venezia sono, insieme alla Berlinale, i grandi serbatoi delle nomination agli Oscar, c' è la necessità che le pellicole vengano proiettate entro le date richieste dalle norme dell' Academy: « È importantissimo che Venezia si faccia - dice l' ad di Rai Cinema Paolo Del Brocco -, sarà un segno importante di ripartenza, da un punto di vista pratico, ma anche psicologico».
Sul cartellone, nonostante il blocco delle produzioni, Del Brocco si dice fiducioso: «Di film da scegliere ce ne sono tanti, anche stranieri, e non solo di quelli con il marchio di Cannes». D' altra parte, nei giorni scorsi, il direttore della Mostra Alberto Barbera ha inviato una lettera a produttori, attori e registi in cui chiede l' effettiva disponibilità per il prossimo appuntamento al Lido: «Sappiamo - ha scritto Barbera - che sarebbe semplicemente impossibile pianificare un festival senza sapere se tutti voi siete disposti a utilizzarlo per dare una nuova spinta e un segnale forte per mantenere vivo il cinema, anche in questi tempi difficili».
L' argomento su cui si concentrano i maggiori interrogativi riguarda, a questo punto, le modalità tecniche con cui la manifestazione potrà svolgersi: «Molto probabilmente - osserva Barbera - nessun festival sarà in grado di svolgersi esattamente come in passato. Dovremo affrontare una serie di limitazioni e misure di sicurezza: una riduzione del numero di film proiettati e un' analoga riduzione delle presenze da parte della stampa, dell' industria e del pubblico». È chiaro, ipotizza Del Brocco, che «ci saranno meno persone nelle sale, un protocollo da rispettare, e molta più attenzione in tante cose».
È importante, però, proprio per questo, che la Mostra si faccia perché quelle regole, sperimentate per la prima volta in laguna, «saranno le stesse da applicare poi alle sale cinematografiche, dopo l' estate, con la ripresa d' autunno».
La Mostra, quindi, potrebbe anche essere una grande prova generale, l' occasione «per ricominciare a far parlare di cinema, di premi, di giurie.
Non ci sarà la folla, non ci sarà il tappeto rosso, più eventi, forse, saranno dirottati sulla città. Ma quello che conta, adesso, è ripartire».