Filippo Di Giacomo per “il Venerdì di Repubblica”
Da fine giugno a metà luglio, gli occhi dell'apparato vaticano sono tradizionalmente puntati sul "bollettino" con cui la segreteria di Stato annunzia i trasferimenti dei nunzi, le promozioni dei consiglieri e dei ministri, le assunzioni nel corpo diplomatico della Santa Sede. Quest' anno, ad inizio agosto, non ce n'è traccia.
Quello della diplomazia con la tonaca è stato per secoli un meccanismo ben oliato, con tempi e tappe di un sincronismo perfetto. Tre anni erano necessari per essere diplomati dalla Pontificia Accademia Ecclesiastica e in diciotto anni si diventava nunzio. Chi rallentava il passo, veniva gentilmente messo fuori organico.
Un cursus honorum severo e selettivo, ma i risultati si vedevano ed erano universalmente apprezzati. Le cose sono cambiate, in peggio, dal 21 novembre 2017 quando papa Francesco ha istituito la terza sezione della segreteria per le questioni attinenti al personale diplomatico e a chi si prepara a farne parte.
Nel 2020 la Pontificia Accademia Ecclesiatica (istituzione che funziona dal 1701) ha diplomato 16 allievi, ma solo 4 sono stati assunti. Sembra che per far carriera nel corpo diplomatico del Papa, attualmente occorrano almeno tre requisiti: essere polacco o di un Paese culturalmente limitrofo, avere opzioni ecclesiologiche molto passatiste, essere un assiduo frequentatore del "club della birra" animato dal vescovo Jan Pawlowski, responsabile della sezione. Così, si ottengono carriere fulminanti. Sarà un caso, ma il 95 per cento dei nuovi nunzi è in possesso di tali requisiti e ha meno di 50 anni.
Considerando che andrà in pensione a 75 anni, cosa ci riserva la diplomazia vaticana del futuro? Uno scherzo da prete à la polonaise fatto al Papa che ha messo la Chiesa polacca sotto indagine o una traduzione moderna del detto diplomatico, ma mafioso: calati juncu ca passa la china (piegati giunco che passa la piena)?
JAN PAWLOWSKI Jan Romeo Pawlowski