Estratto dell’articolo di Sara Gandolfi per il "Corriere della Sera"
«La rivoluzione dell’energia pulita è qui. Nessun gruppo, nessun interesse, nessun governo la potrà fermare», il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha aperto con queste parole la due giorni dedicata ai capi di Stato e di governo alla Cop29 di Baku, con un chiaro riferimento al convitato di pietra del vertice sul clima, il «negazionista» Donald Trump.
Con molto meno entusiasmo è stato accolto in sala il discorso dell’anfitrione, il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev, che dopo aver respinto l’etichetta di «petro-Stato» — «produciamo meno dell’1% del petrolio e gas mondiale» — ha osannato i combustibili fossili come «un regalo di Dio», come il sole, il vento, l’oro o l’argento.
«I Paesi non dovrebbero essere incolpati perché li posseggono. O se portano queste risorse sul mercato, perché il mercato ne ha bisogno». Il primo ministro ungherese Viktor Orban, che detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, gli ha fatto eco invitando a «continuare a portare avanti la transizione verde pur mantenendo il nostro uso di gas naturale, petrolio e energia nucleare».
Frasi che fanno a pugni con l’impegno preso lo scorso anno alla Cop28 sul transitioning away , l’uscita graduale, dalle fonti fossili. D’altra parte, Aliyev non può essere smentito quando ricorda che gli Stati Uniti sono «il maggiore produttore di petrolio e gas al mondo».
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Si respira un clima straniante e un po’ sinistro a Baku, tra le tante poltrone vuote lasciate dai leader dei Paesi più sviluppati, bacchettati dal dittatore bielorusso Lukashenko — «i responsabili sono assenti, non c’è nulla di cui essere orgogliosi» — e nuove inquietanti presenze.
Per la prima volta, a un vertice internazionale, e a una Cop, partecipano tre delegati talebani dell’Afghanistan, benché il loro governo autocratico non sia riconosciuto dall’Onu. Il direttore generale dell’ente afghano per il clima, Mawlawi Matiul Haq Khalis, non passa inosservato con la sua lunga barba bianca e il turbante in testa. Invitato dal governo azero, ha affermato che «anche Kabul dovrebbe beneficiare» dei fondi climatici destinati ai Paesi più vulnerabili.
Tra i pochi leader europei presenti sono spiccati ieri il premier spagnolo Pedro Sánchez, che ha ricordato la devastazione di Valencia — «dobbiamo assicurarci che i disastri naturali non si moltiplichino» — e soprattutto il premier britannico Keir Starmer, che ha approfittato del vuoto occidentale per «rafforzare la nostra reputazione di leader del clima», annunciando che il Regno Unito si impegna a tagliare le proprie emissioni dell’81% al 2035. «Un problema mondiale necessita una partnership mondiale», ha detto.
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Sul piano negoziale, è stato finalmente firmato l’accordo che renderà operativo dal 2025 il Fondo aiuti per le perdite e i danni (Loss & damage) per sostenere i Paesi più vulnerabili a fronteggiare le conseguenze dei cambiamenti climatici. [...]
Giorgia meloni - cop29 a baku cop29 - baku azerbaijan cop29 - baku azerbaijan cop29 - baku azerbaijan i talebani alla cop29 di baku