Dagotraduzione dal Daily Mail
Giovanni Fellegara, Raffaele Gianotti e Massimo Barberis
Un team guidato dall'Organizzazione mondiale della sanità che studia le origini del Covid-19 ha rivolto la propria attenzione al caso di una misteriosa donna italiana. La 25enne si è presentata nel novembre 2019 in un ospedale a Milano lamentando mal di gola e lesioni cutanee, un mese prima che il Covid fosse identificato a Wuhan.
Secondo una ricerca pubblicata a gennaio, un campione di pelle della donna, analizzato sei mesi dopo il suo accesso all’ospedale, è risultato positivo al coronavirus. Il virus stava quindi circolando in Italia prima che il cluster esplodesse al mercato del pesce Huanan di Wuhan, e ulteriori studi potrebbero aiutare a ricostruire le tempistiche. Unico problema: nessuno sa chi sia questa donna.
Il Wall Street Journal ha scritto che le strutture che hanno curato il suo caso - il Policlinico di Milano e l'Università degli Studi di Milano – non hanno dettagli sulla donna. Raffaele Gianotti, il dermatologo che l'ha curata, è morto a marzo pochi giorni prima che l'OMS richiedesse ulteriori ricerche sulla paziente.
Il team che indaga sulle origini della pandemia nell’Oms ha infatti raccomandato a tutti i paesi di cercare possibili casi di Covid-19 precedenti al primo caso confermato di Wuhan. I casi sospetti precedenti a quella data potrebbe aiutare a fissare una cronologia della diffusione precoce del virus. Per questo il team ha chiesto a tutti i paesi di analizzare i campioni del 20149 conservati nelle banche dati del sangue.
Diversi studi hanno scoperto persone infettate dal Covid-19 prima che venissero segnalati i primi casi del virus nelle loro zone, ma il caso della donna italiana rimane uno dei più intriganti.
Un esame del sangue prelevato dalla donna nel giugno 2020 è risultato positivo agli anticorpi del coronavirus. Mesi prima, il 10 novembre 2019, alla donna era stato prelevato un campione di pelle dal dottor Gianotti. Quando la pandemia ha colpito l'Italia all'inizio del 2020, il dottor Gianotti ha esaminato i campioni di pelle archiviati per cercarvi tracce di Covid-19, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal.
Il medico ha effettuato due test sul campione di pelle della donna, ed entrambi hanno rilevato la proteina spike e il guscio proteico, ma il campione era troppo degradato per condurre un terzo test cruciale. Questo test avrebbe permesso al dottor Gianotti di sequenziare geneticamente il virus, fornendo una conferma più definitiva che la donna avesse effettivamente avuto il Covid-19 e potenzialmente permettendo ai ricercatori di confrontarlo con casi provenienti dalla Cina.
«Sono rimasto deluso solo per una cosa. Che non possiamo confermarlo con un'altra, terza tecnica», ha detto al Wall Street Journal Massimo Barberis, coautore della ricerca del dottor Gianotti. Barberis ha sottolineato che, quando il sangue della donna prelevato a metà del 2020 è risultato positivo agli anticorpi, c’era la possibilità che avesse contratto la malattia dopo novembre 2019, visto che in quel momento l’epidemia dilaga nel Nord Italia.
Ma l'identità della donna rimane un mistero e secondo il dottor Barberis, tra i ricercatori sta svanendo il desiderio di capire come è iniziata la pandemia. «La gente non è interessata», ha detto al Wall Street Journal.
Ma la ricerca sull'origine del Covid-19 continua. La scorsa settimana, un gruppo di scienziati che ha respinto la teoria secondo cui il virus sarebbe trapelato da un laboratorio di Wuhan ha insistito sulla sua teoria in una lettera. La coalizione internazionale di esperti ha affermato che non esiste ancora «nessuna prova scientificamente convalidata» a sostegno della cosiddetta «teoria delle perdite di laboratorio».
Tra i firmatari ci sono il dottor Peter Daszak, il presidente britannico di EcoHealth Alliance, che ha incanalato denaro nella ricerca presso l'Istituto di virologia di Wuhan, e il consigliere scientifico del governo britannico Sir Jeremy Farrar. La lettera, pubblicata su Lancet, segue un articolo della stessa rivista uscito lo scorso febbraio, in cui si affermava che la teoria delle fughe di laboratorio creava «paura» e «pregiudizio».
Ma nelle ultime settimane la lettera è stata pesantemente criticata: è infatti emerso che almeno uno dei firmatari aveva legami finanziari non divulgati con il laboratorio di Wuhan. Ventiquattro degli scienziati che hanno firmato la lettera dell'anno scorso hanno anche messo il loro nome sulla nuova edizione, in cui si affermava che «le accuse non sono di alcun aiuto» e che l'«indizio più forte» sull'origine del virus indica che si sta evolvendo in natura.
Ma tre scienziati non sono apparsi nel recente aggiornamento, tra cui il professor Peter Palese che in precedenza aveva detto a MailOnline che «molte informazioni inquietanti» erano emerse dalla lettera e voleva «avere le risposte a tutte le domande».
La scuola di pensiero tradizionale è che il coronavirus sia emerso per la prima volta nei pipistrelli e sia passato a una specie ospite prima di essere finalmente trasmesso agli umani. Tuttavia, alcuni ritengono che il virus sia trapelato dall'Istituto di virologia di Wuhan, che lo nega.