Lorenzo De Cicco per “il Messaggero”
Si tengono la mano solo gli innamorati, in questa strana Roma ai tempi del Coronavirus. Gli altri - perlopiù bardati di mascherine o coi guanti in nitrile infilati fino al polso - disegnano strane traiettorie per non incrociarsi, sulle strade svuotate o sui marciapiedi mai così sgombri. Si allargano i giri nel segno del «distanziamento interpersonale» che raccomandano gli esperti, per schivare lo spettro del contagio. Si pazienta in coda fuori dalla farmacia, o alle poste, o al supermarket, senza nemmeno uno sbuffo, stavolta. Si è tutti un po' più gentili, con circospezione, mentre ci si guarda e si attende: «Prego tocca a lei», «ma no, si figuri», tutti staccati a un metro o più, nessuna prevaricazione da shopping, della serie «c'ero prima io».
Tanto lo spazio non manca: la Capitale, nel primo giorno da zona protetta, si sveglia come in un ferragosto atipico, le vie semi-deserte, ma senza feste e anzi, con un senso di inquietudine. Pure i turisti, al contrario dell'estate, scarseggiano. Tanto che spariscono addirittura gli abusivi abituati a smerciare paccottiglie intorno ai monumenti. Nei paraggi del Colosseo, nemmeno un centurione solitario. Solo qualche chitarrista di dubbio talento. Il colonnato di San Pietro, vuoto. I salta-fila illegali per i Musei vaticani? Zero.
Davanti a Fontana di Trevi, sciama qualche decina di stranieri appena, mentre di solito ci si accalca a bordo vasca con i vigili che si scapicollano da un capo all'altro dei marmi col fischietto in bocca, per evitare indecorose scalate sul monumento. Ieri, invece, niente. E sembra subito avere poco senso, nel pomeriggio, la notizia di una «chiusura» della vasca, messa in atto dai pizzardoni con tanto di (poco artistica) barriera pieghevole da cantiere stradale. C'è poco o nulla da «contingentare», in questo caso. Difatti, già a sera lo steccato di plastica viene scostato e si passa di nuovo accanto al gioiello del Barocco.
NIENTE INGORGHI
Nel day 1 dell'isolamento romano, non resta traccia della Capitale degli ingorghi. Eravamo secondi al mondo per traffico dopo Bogotà? Ieri con le restrizioni del governo e gli appelli #iorestoacasa, sulle consolari si scorreva come capita solo all'alba. Un Lungotevere surreale, all'ora di punta tra le 6 e le 7 di sera, accoglieva i pochi veicoli sfreccianti. Il Centro storico - dove ora il Comune riaprirà le Ztl - sembra più vuoto delle periferie, dove qualche auto in più c'è. Ma il colpo d'occhio impressiona un po' ovunque. I bus, coi sedili sempre liberi, addirittura puntuali senza gli imbottigliamenti.
Colpisce la sequenza tetra delle vetrine spente o delle saracinesche tirate giù. Quasi 4 negozi su 10 ieri non hanno proprio aperto, raccontano da Confesercenti. «Altri ci hanno provato, per qualche ora - dice il presidente Valter Giammaria - ma il 50% ha chiuso nel primo pomeriggio. Dopo le 18, quando scattava la chiusura di bar e ristoranti, sarà rimasta alzata meno di una saracinesca su 10, a dire tanto». Prima, all'ora di colazione o a pranzo, qualche tavolino fuori dai locali ancora resisteva, per i pochi clienti di passaggio.
A Ponte Milvio addirittura si trovava parcheggio. Sparita la movida chiassosa e irresponsabile vista fino all'altro giorno, con le comitive stipate sui tavolini che se ne infischiavano dell'allerta virus. E dei pericoli. Già prima delle 18, hanno chiuso quasi tutti i locali. Altri esponevano un cartello: «Riapriamo a metà aprile». Anche Trastevere, altro rione dello sballo by night, mostrava una faccia diversa, insolitamente taciturna. E pure qui, dalle 6 di sera, si sparecchiava, tutti via.
Con le palestre chiuse per decreto, ci si allena correndo accanto al Tevere. Jogging sempre a distanza. A volte, in mascherina. «Si suda di più, ma è meglio», raccontano due amiche mentre saettano su una ciclabile sgangherata.
Restano aperti i supermercati e gli alimentari, quelli sì, come al solito. Al Lidl della Magliana c'è una guardia giurata all'ingresso. Per fortuna non si notano altri assalti agli scaffali, come lunedì notte. Le file, anche lunghe, invece sì. Uguali a quelle che si srotolano sui marciapiedi davanti alle Poste.
All'ufficio accanto alla piramide Cestia, la coda sarà di cento metri. Pure fuori dai negozi spuntano i cartelli «si entra 2 per volta». O 3 per volta, a seconda degli spazi. E tanti medici della mutua non accettano più visite, se non si è gravi: chi vuole una ricetta, chiama e ritira le pillole in farmacia. Si aspetta un po' tutti che passi la nottata del Covid. E tanti, scrollando le spalle, nelle chiacchiere debitamente distanziate, lo dicono: «Passerà».
2 - PIAZZA SAN PIETRO OFF LIMITS: LA BASILICA ADESSO È BLINDATA
Franca Giansoldati per “il Messaggero”
coronavirus controlli alla stazione termini 4
La messa è (quasi) finita. Per la prima volta da tempo immemore la Basilica di San Pietro è di fatto off-limits persino ai pellegrini. Ieri mattina decine di persone si sono viste rifiutare l'ingresso in piazza nonostante assicurassero di voler entrare per recitare una preghiera e scattare una foto. I poliziotti di turno che controllavano il percorso obbligato verso i metal detector dai quali poi si accede ai varchi per la Basilica dove è sepolto San Pietro, sono stati inflessibili. «Non si passa». Il decreto d'urgenza per contenere l'epidemia non ammette deroghe fino al 3 aprile.
CONTROLLI
In piazza e da lì alla basilica - si può entrare solo per necessità, motivi di lavoro o ragioni di salute.
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Di fatto ieri mattina l'amara sorpresa era stampata sul volto dei turisti di passaggio ignari di questo eccezionale inasprimento. Gli agenti di polizia controllavano meticolosamente tutti. Hanno fatto entrare in basilica alcuni giornalisti ma solo dopo che hanno mostrato i tesserini. Era una ragione di lavoro. Poi hanno persino controllato il tesserino di un cardinale di curia che transitava dalla piazza.
Anche a lui gli hanno chiesto dove andasse e per quale motivo. Per tutta risposta ha dovuto tirare fuori il documento di riconoscimento. Sono giorni complicati e strani per tutti e il Vaticano è sospeso in un clima quasi irreale, come non era mai accaduto. L'altra sera i quattro maxischermi sulla piazza sono rimasti illuminati con una scritta in italiano e inglese che invitava la gente a rispettare la distanza di sicurezza tra una persona e l'altra. Restano aperte la farmacia e il supermercato dello Stato, ma con ingressi contingentati.Da oggi chiusa al pubblico anche la mensa, e al suo posto consegna pasti su richiesta.
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«Il Vaticano ha firmato un accordo con lo Stato italiano in merito anche a temi di salute pubblica. Questo è un caso fuori dall'ordinario che va inquadrato in quello che sta succedendo. La regola per il controllo della piazza, restando ai Patti lateranensi, prevede due situazioni. La cosiddetta piazza aperta, come è oggi, con i poteri della polizia che arrivano fino al sagrato della basilica, e la piazza chiusa (per esempio quando ci sono cerimonie) dove la polizia italiana si ferma al colonnato» spiega il costituzionalista Francesco Clementi.
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Di fatto però le verifiche sulla piazza limitano, come effetto secondario, anche l'accesso alla basilica che è extraterritoriale. Il Vaticano però ha accettato di buon grado questa misura perché la situazione è grave e l'obiettivo prioritario è salvaguardare la vita delle persone e, in ultima analisi, impedire i contagi.
A San Pietro sono state nel frattempo abolite le celebrazioni quaresimali del Capitolo fissate per questi giorni. Francesco stamattina leggerà la catechesi dell'udienza dalla biblioteca. Per non creare confusione a proposito dell'invito che aveva rivolto ai preti a portare l'eucarestia ai malati di Covid-19, il Vaticano è dovuto correre ai ripari e precisare che potrà avvenire ma solo «nel rispetto delle misure sanitarie stabilite dalle autorità italiane».
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