Francesco Olivo per “la Stampa”
Diego Urdiales aveva l' agenda piena. Già pregustava le ovazioni della plaza de toros di Siviglia, gli olé della Ventas a Madrid, delle piazze francesi e di quella del suo paese, Arnedo. Ma le porte delle arene si sono chiuse, ancor prima di essere aperte. «È un momento tremendo», dice al telefono, uno dei più acclamati toreri di Spagna, fermo, come tutti i suoi colleghi, per il dilagare del coronavirus, arrivato persino nelle sue colline della Rioja.
I conti sono così drammaticamente in rosso che fanno riemergere antichi presagi, auspicati da alcuni e temuti da altri: è la fine delle corride? La Spagna torna a dividersi, nel suo eterno dibattito etico, tradizione o rispetto per gli animali. I numeri dicono però, che c' è anche una questione economica: 54.000 posti di lavoro a rischio, fra i quali solo duemila nelle "quadriglie": toreri, "banderilleros", "picadores" e "mozos de espadas". Per non parlare della tempesta scoppiata sul resto della filiera, che direttamente o meno, genera 4 miliardi di euro, secondo dati dell' associazione degli impresari (Anoet), molto contestati dagli animalisti.
Se la stagione turistica si può, forse salvare, almeno in parte (i confini spagnoli riapriranno il primo luglio) quella delle feste taurine è finita ancor prima di ricominciare. L' idea di far svolgere le esibizioni a porte chiuse, magari vendendo i diritti tv, come il campionato di calcio (al via l' 8 giugno), «non ha molto senso - prosegue Urdiales - il pubblico è protagonista. A volte è uno stimolo, ti porta dove tu non arriveresti, a volte ti può danneggiare, bastano pochi mormorii per farti capire che non è la tua serata. Senza questo ambiente non c' è "toreo"».
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Ora che la Spagna si avvia verso la "nuova normalità", qualche spettatore potrà tornare nelle plazas de toros, ma un settore che vive quasi soltanto di biglietti venduti non può sopportare tribune mezze vuote (per legge).
Insomma, se ne esce solo con i finanziamenti pubblici.
Ma qui sorge il problema, il settore si lamenta di essere stato privato dagli aiuti economici destinati al mondo della cultura: cinema, arte, musica, teatro, ma niente tori. Gli animalisti hanno chiesto di escludere questo settore dalla sovvenzioni, un modo per arrivare all' obiettivo finale: l' abolizione di un rito considerato un inutile esercizio di crudeltà, peraltro già proibito in alcune regioni, come la Catalogna. Il vicepremier Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha fatto capire come la pensa:
«Non mi piace che si rivendichi come cultura da proteggere uno spettacolo che fa soffrire gli animali». Apriti cielo: i toreri, sempre molto attivi su Twitter, hanno gridato alla discriminazione, comparendo con delle mascherine di protesta: «No alla censura». «Non è il governo di turno a decidere cos' è cultura e cosa no», spiega William Cárdenas, presidente dell' associazione internazionale di tauromachia.
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«Il mondo dei tori è come un albero con radici forti - prosegue Cárdenas - già in passato abbiamo subito attacchi e divieti. Qualcuno vuole approfittare della crisi, ma i tori torneranno con molta forza». L' universo taurino dal 2010 è di competenza del ministero della Cultura, oggi diretto dal socialista José Manuel Rodríguez Uribe che in questi giorni ha avviato un dialogo con i rappresentanti del settore.
Dal ministero tengono a precisare che «non c' è nessuna discriminazione. Il settore può accedere al credito come le altre imprese». Ma gli attacchi non si fermano: «I ministri socialisti vanno alle corride ma non hanno il coraggio di difenderci».
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Ma, al di là di toreri e impresari, quelli che più profondamente stanno subendo gli effetti della crisi sono gli allevatori. Prima di essere scelti per le corride, infatti, i tori di razza "brava" vivono in libertà nelle "dehesas", ecosistemi del bosco mediterraneo, con alberi sparsi di leccio o sughera, dove trascorre i suoi ultimi giorni anche il maiale iberico, dal quale proviene il miglior prosciutto spagnolo (bellota).
«Questa situazione è insostenibile, a rischio c' è una razza fondamentale per mantenere un ecosistema unico per biodiversità, un baluardo ambientale del Mediterraneo - spiega Juan Pedro Domecq, erede di una delle famiglie di «ganaderos» più note di Spagna, e oggi anche vicepresidente dell' Unione dei "Criadores de Toros de Lidia". Domecq attacca gli animalisti, «dicono che ogni toro che non partecipa in una corrida è un toro salvato. Ignorano la realtà: senza spettacoli gli animali finiscono al mattatoio. È quello che sta succedendo in questi mesi. Preferiscono i tori morti macellati?». Senza le feste, raccontano i "ganaderos", sarebbe impossibile mantenere allevamenti carissimi.
SANCHEZ IGLESIAS talavante incornato dal toro
Il torero Urdiales per tenersi allenato e per «rendere omaggio alle vittime del coronavirus», ha affrontato i tori di notte, con la luce della luna a Salamanca. Grande fascino, per carità, «ma ora rivoglio il mio pubblico».
corrida di sangue a siviglia talavante ferito dal toro il torero serna postato in ospedale il torero ivan fandino 1 il torero ivan fandino 4 arena di siviglia serna ferito dal toro la corrida del pirata