Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Ci sono in Italia argomenti così arati, usati, abusati, detti e contraddetti, poi dimenticati, quindi ripresi a seconda delle alleanze, dei governi e magari anche delle congiunzioni degli astri che quando come oggi rispuntano fuori viene da dire con un misto di sconforto e incredulità: uh, mamma, ancora?
Uno di questi temi è il federalismo che si tira appresso, oltre al suono cavernoso del primissimo Bossi, "fe-de-ra-liiismo!", ulteriori e già un po' più articolate esclamazioni tipo: ma non l'avevano già fatto? Oppure: ma non ci avevano messo una pietra sopra? E comunque, con un occhio al futuro: ecco, ci mancava solo il federalismo.
ROBERTO CALDEROLI GIORGIA MELONI
Vero è che a un certo punto, per stanchezza, gli avevano pure cambiato nome, per cui all'inizio del secolo il federalismo venne detto "devolution"; mentre oggi si parla di "autonomia", per giunta "funzionale". Il mese scorso il nuovo governo le ha dedicato addirittura un ministero, "Affari regionali e autonomie", là dove il plurale lascia immaginare la più prevedibile abbondanza di pastrocchi accompagnati da una pari quantità di grane, allorché nel centrodestra le pretese federali inesorabilmente faranno cortocircuito con la sacra nozione e la retorica di Patria.
Alla testa del ministero, come premio di consolazione per la mancata elezione alla presidenza del Senato, c'è Roberto Calderoli, che nel suo cursus honorum, in nome dell'iper-autonomia turbo- federale deve vantare il falò di qualche tricolore, e che durante la cerimonia veneziana della Dichiarazione d'indipendenza (1996), abito scuro e mano sul petto, fu chiamato a declamare gli articoli della Costituzione della Padania.
Calderoli presenterà presto una bozza di Autonomia/e. Si tratta del suo secondo o terzo testo dedicato. Siccome l'Italia, pure nella versione padana, è una Nazione parecchio espressiva, la prima bozza federalistica venne compilata nell'agosto del 2003 da quattro "saggi" del centrodestra auto-segregatisi - l'attuale ministro in pantaloncini tirolesi - all'interno di una scomoda baita nel Cadore, a Lorenzago.
Un anno e mezzo dopo, era Pasqua, la riforma federalista fu pronta, ma poiché la suddetta espressività ci mette nulla a trasformarsi in buffoneria, Calderoli ritenne opportuno sigillare la normativa cartacea in un uovo di cioccolata che festosamente recapitò a Bossi. A Gemonio, provvisto di martellone, il piccolo Eridano Sirio ruppe l'uovo e poco dopo la devolution divenne legge - che l'anno seguente, 2006, gli italiani abrogarono con un referendum.
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Sennonché la Repubblica dei pasticci legislativi non ha mai capo né coda, né mai contempla esclusivi pasticcioni. Per cui dopo gli strepiti da comizio del Senatùr ed esaurite le provocazioni del professor Nosferatu Miglio, che a un certo punto arrivò a prefigurare nientemeno che una Repubblica dell'Etruria, anche la sinistra e i suoi dissennati costituzionalisti s' innamorarono di questo benedetto federalismo, tanto da farne un caposaldo della Commissione Bicamerale D'Alema, oltre che la ciliegina sulla vana crostata di casa Letta.
Fatto sta che nel marzo del 2001, a fine legislatura, con l'acqua alla gola e quindi incastonandolo fra il nuovo codice della strada e la rinnovata disciplina dell'attività pugilistica, ecco che gli strateghi del centrosinistra, incuranti di creare un pericoloso precedente, approvarono a maggioranza un testo di riforma costituzionale del Titolo V recante raffazzonate e sgangheratissime norme sulle regioni, le province e i comuni.
Su tale base nel 2008, divenuto ministro, Calderoli presentò la sua penultima bozza di Federalismo, nel caso specifico fiscale: sempre in Cadore, all'hotel "Ferrovia" di Calalzo, e sempre in atmosfera festosa celebrando il compleanno del ministro Tremonti, al quale davanti ai fotografi insieme con Bossi tirò le orecchie con una certa energia.
In seguito Salvini, fattosi acceso sovranista e cristianista, lasciò un po' cadere la smania del federalismo. Ma i risultati del pregresso lavorio si sono visti durante l'ondata del Covid con le regioni e i loro governatori che andavano e facevano ognuno per conto suo.
Una buona ragione per ricominciare.
La sintesi dell'eterno ritorno può rinvenirsi in una vignetta di Altan donata al presidente Ciampi. C'è un tipo che dice: «Insistono con le riforme e il federalismo». Risponde l'altro: «Ma se facciamo tutto noi cosa gli resta da fare ai nostri figli?».
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