Giusi Fasano per www.corriere.it
Visti uno alla volta i tasselli della storia di Igor il russo non dicono niente. Ma come in ogni puzzle che si rispetti è l’insieme che fa il disegno. E nel nostro caso il disegno è ancora una volta un mistero. Si scopre adesso che Igor il russo — che poi russo non è e che si chiama Norbert Feher, nato in Serbia — si è comportato in modo davvero molto strano prima di diventare un assassino e un fuggiasco ricercato da centinaia di uomini. Rimettendo insieme tutte le tracce telematiche e telefoniche che portavano a lui finché non è scomparso, l’inchiesta ricostruisce oggi un dettaglio che gli investigatori definiscono senza mezzi termini «inspiegabile».
FUGGITO ALL’EST
E cioè che il nostro super ricercato, che oggi tutti credono sia in un Paese dell’Est Europa, fra il 10 e il 21 marzo dell’anno scorso ha gradualmente spento i suoi contatti con il mondo. Un giorno dopo l’altro ha oscurato i suoi profili sui social network, a partire da Facebook, ha disdetto una appresso all’altra le schede telefoniche che aveva a disposizione, ha evitato accessi a Internet che richiedessero password usate fino a quel punto e si è cancellato da whatsapp.
Dal primo giorno di primavera in poi tutto ciò che fino a quel momento si poteva collegare a lui per via telematica è stato chiuso. Zero. Se fosse accaduto dopo i due omicidi per i quali si è poi scatenata una gigantesca caccia all’uomo (il delitto del barista Davide Fabbri a Budrio e quello della guardia ecologica Valerio Verri a Portomaggiore) spegnere tutto e sparire sarebbe stato un passaggio logico. Ma — tenendo conto del fatto che i suoi delitti non sono stati premeditati — perché farlo dieci giorni prima? Quale può essere la spiegazione di un voler scomparire così sistematico in un momento in cui il sedicente Igor era già mister nessuno? «Inspiegabile», appunto.
NESSUNO GLI DAVA LA CACCIA
Certo, per le vecchie rapine nel ferrarese era formalmente latitante. Ma che fosse ricercato per quegli assalti lo sapeva da mesi e non se n’era mai preoccupato perché aveva capito che nella realtà nessuno gli stava dando davvero la caccia. Tanto che — si ricostruisce adesso con i tabulati e le indagini sul Web — aveva bellamente continuato a usare Internet e telefonino già noti alle forze dell’ordine.
E aveva continuato a vivere, rubare e nascondersi negli stessi luoghi di quegli assalti, cioè i territori che sono stati la sua casa per decenni: la zona fra le province di Bologna, Ferrara e Rovigo. La stessa area nella quale è cresciuto a pane e rapine, alcune commesse in solitudine (per le quali è stato arrestato e ha scontato la pena), altre nel 2015 assieme alla banda del croato Pajdek.
LE INDAGINI
Proprio fra i suoi vecchi amici che vivono di furti e di piccole rapine sono state concentrate le attenzioni di questi mesi per trovare possibili fiancheggiatori della fuga. Intercettando loro per cercare Igor, la procura di Bologna è «inciampata», diciamo così, in conversazioni che riguardavano progetti criminali di piccolo calibro nella zona di Ferrara. Da qui il passaggio delle carte alla procura ferrarese e i cinque amici di Igor indagati per reati comuni. Niente a che vedere con il favoreggiamento.