Estratto dell’articolo di Francesca Del Vecchio per "La Stampa"
«I mesi dopo la separazione sono stati difficili: oltre a elaborare la fine del mio matrimonio, mi sono ritrovato a fare i conti con il mio nuovo status di "povero", nonostante un lavoro a tempo indeterminato e uno stipendio che per la città di Milano potrebbe dirsi dignitoso».
Michele R. ha 46 anni, da 15 lavora in una catena di supermercati nel capoluogo lombardo. Ha un figlio di 7 anni e alle spalle un divorzio: «Ho capito sulla mia pelle che 1.500 euro, che credevo un buono stipendio, erano insufficienti per poter gestire la mia vita da padre separato». Da un anno, infatti, corrisponde alla ex moglie 600 euro mensili per il mantenimento del bambino. A cui si aggiunge l'affitto, l'auto e le spese di prima necessità.
[…] dopo alcuni mesi di «salti mortali e piroette per far quadrare i conti» si è ritrovato al verde e i soldi non erano sufficienti neanche per pagare l'affitto tutti i mesi. «Tagliare le spese per la casa mi sembrava l'unico modo per fare economia». Così ha fatto domanda per un alloggio popolare scoprendo però di non averne diritto. «Con la mia ex moglie avevamo una casa di proprietà, che è rimasta a lei. Io però risulto ancora proprietario. Quindi non ho i requisiti per l'alloggio».
Ha provato perfino le stanze nelle case per studenti prima di rivolgersi alla Casa della Carità per un posto in dormitorio ma «il mio dramma è dove portare mio figlio il venerdì, quando è il mio turno. D'estate si sta all'aria aperta ma quando piove è difficile. Io vorrei seguirlo quando fa i compiti, ma qui in dormitorio come si fa? Non è un posto per un bambino…». […]
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