Antonello Guerrera per ''la Repubblica''
«Amoreee, scendi… è venuto a trovarci Hugh Grant!». Non siamo a “Notting Hill”, come in uno dei suoi film più adorati, ma a Finchley. Un tempo il collegio elettorale di Margaret Thatcher, oggi il quartiere, anzi la circoscrizione, con la più alta concentrazione di ebrei nel Regno Unito (31%).
E così ieri sera, sfidando il freddo dicembrino, Hugh Grant è venuto qui, nord di Londra, a fare campagna porta a porta ed esortare anziani, famiglie e studenti a votare per la candidata dei Liberal-democratici, Luciana Berger. Obiettivo: “Fermare la Brexit”, annuncia Grant. “A ogni costo”.
«Oh my God», confida poi a Repubblica l’attore inglese mentre camminiamo su Woodhouse Road. «Non ho mai fatto una cosa del genere, bussare a casa della gente… anzi, una volta sì: a vent’anni, quando vendevo estintori porta a porta…». Oggi invece, a 59 anni, Hugh Grant ha riscoperto l’attivismo politico. «Perché sono le elezioni più importanti mai viste», afferma la star del cinema tra un portone e l’altro delle casette inglesi bianche o di mattoncini bruciati.
«Mi riferisco soprattutto a voi giovani: vi prego, andate a votare. Siete la nostra unica speranza. Da oggi al 12 dicembre concedete ogni vostro momento libero per fare campagna contro la Brexit. Ogni voto può fare la differenza. Abbiamo l’ultima chiamata prima della catastrofe».
Eleganza casual, mani nelle tasche dei pantaloni velluto scuro, maglione snello e nero, camicia azzurra, capelli sale e pepe, rughe romantiche, Grant è convinto che “il disastro” stia per arrivare: «Sono terrorizzato, perciò da stasera scendo in strada anche io», spiega poi l’attore al piccolo comizio lib-dem organizzato nel vicino Woodhouse College. «Se Boris Johnson vincerà le elezioni, farà passare l’accordo Brexit in Parlamento e inizierà negoziati con l’Ue per le future relazioni, con scadenza dicembre 2020.
Ma oramai i conservatori», garantisce Grant, «hanno deciso di rompere con l’Ue e uscire senza accordo l’anno prossimo. Sarebbe una catastrofe per l’economia, per la pace in Irlanda del Nord, per le future generazioni. Non glielo dobbiamo permettere!», si scatena Grant, che in estate apostrofò il premier con memorabili tweet: «Boris, non fotterai il futuro dei miei figli. Non distruggerai le libertà per le quali mio nonno ha combattuto due guerre. Vaff... pupazzo di gomma da bagno, vaff... Il Regno Unito è disgustato da te e dalla tua gang di masturbatori».
«Ah, Hugh, magari fossi tu il nostro primo ministro, come in “Love Actually”!», fantastica uno spelacchiato signore tra l’eterogeneo pubblico accorso: giovani e vecchi, uomini e donne in egual quantità, kippah sparse e un paio di ragazze col velo islamico. Ecco, arriva Luciana Berger, candidata a Finchley per i lib-dem che vogliono revocare la Brexit a ogni costo. Anche senza una nuova consultazione popolare.
Una posizione estrema che il partito sta smussando visto che il secondo - e più realistico - referendum offerto dal Labour di Corbyn attecchisce. Berger, talento politico di 38 anni, sorriso squillante ed ebrea, ha mollato lo scorso febbraio il Labour e il comodo seggio di Liverpool perché scioccata dai casi di antisemitismo nel partito: «Non ce la facevo più». Grant loda «il coraggio di Luciana» e ammette di nutrire simpatia per i lib-dem, non solo per il loro assoluto europeismo, «ma anche perché sono l’unico partito fuori dalle grazie dei tabloid e di certi media mainstream».
Grant ha ancora il dente avvelenato dallo scandalo intercettazioni di qualche anno fa deflagrato con il News of the World di Murdoch. Anche l’attore era spiato. «Una volta incontrai l’ex premier Cameron e mi disse: “Hugh, ho provato a rendermi indipendente dai media di Murdoch, come il Sun, il Times. Ma è impossibile. Sono troppo potenti”». Sarà un caso, ma le sue recenti memorie Cameron le ha pubblicate con Harper Collins. Ossia, Murdoch.
«Ma non è questo il punto», avverte l’attore pop nato nella londinese Hammersmith, premio Bafta e Golden Globe per “Quattro matrimoni e un funerale”. «La questione cruciale», spiega, «è il tactical voting, il “voto tattico”, anche se pare una bestemmia nel nostro folle sistema uninominale secco. In ogni collegio, dovrete votare l’avversario che può sconfiggere Johnson. Dobbiamo farlo».
hugh grant e elizabeth hurley anni novanta
Non a caso nei prossimi giorni Grant farà ancora campagna porta a porta in altri collegi, ma per candidati indipendenti o addirittura laburisti. Tutti uniti per fermare Boris, i conservatori «ormai tutti fanatici carrieristi» e la Brexit: «Ho un sogno», ammette Grant, «un Parlamento ancora bloccato dopo queste elezioni. Così andiamo al referendum!». Forse solo un sogno. Anzi, “Love actually”. L’amore, davvero. Per l’Europa.
HUGH GRANT WIMBLEDON gp di montecarlo hugh grant hugh grant Anna Eberstein hugh grant hugh grant liz hurley hugh grant liz hurley hugh grant Anna Eberstein hugh grant per stoddart 1993