1 - SOLO UN PENSIERO
Mattia Feltri per “la Stampa”
l esercito porta le bare fuori da bergamo
Mi metto lì e cerco qualcosa da scrivere, di sensato se possibile, ma continuo a pensare ai camion dell' Esercito nella mia Bergamo che portano via sessantacinque morti perché la città non può provvedere a loro, e saranno cremati a Bologna, Piacenza, Varese, lontani da casa e da chi li ama. Vedo scoop a raffica sulle diffuse e imperdonabili colpe firmati nell' infallibilità delle migliori tastiere ma continuo a pensare a Nicolas Facheris, impresario di pompe funebri della mia provincia, "non dormo da tre giorni, l' altra sera ho avuto una crisi di nervi".
Leggo i dotti rilievi ai provvedimenti di governo di chi impila migliorie ora dopo ora e stupisce che il mondo non gridi "eureka" ma continuo a pensare a Veronica, della Valseriana, la valle di mia madre, che ha appena avuto una bimba, Allegra, e non si toglie dalla testa sua zia che sta morendo da sola nell' ospedale di Lovere.
Vedo infiammare il dibattito sull' Europa e sulla globalizzazione, se siano tracollanti o tracollate ma continuo a pensare a Riccardo, mio antico compagno di cronache dal tribunale di Bergamo, a cui è morta la suocera, e l' ha detto ai figli per telefono, e loro piangevano, e non poteva correre ad abbracciarli perché due su tre sono positivi al virus, positiva anche l' ex moglie, a letto con la febbre, e la figlia più piccola cucina per tutti. Vedo i sovranisti in opposizione intransigente e sprezzante al premier, e sì che a Palazzo Chigi ce l' hanno portato loro, non io, ma continuo a pensare al frate dell' ospedale di Bergamo che poggia il telefonino acceso sulle salme e prega coi parenti lontani. E' solo un pensiero, da qui, senza far rumore.
2 - IL CAPPELLANO CHE PREGA DIO AL TELEFONO
Salvatore Cernuzio per “la Stampa”
l esercito porta le bare fuori da bergamo
La scena più straziante che fra Aquilino Apassiti ha vissuto in questi giorni convulsi da cappellano dell' Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo, da dove nelle scorse ore sono giunte le immagini dei camion dell' esercito che trasportavano bare dal cimitero monumentale ai forni crematori di altre regioni, è stato mettere il telefonino sulle salme dei morti di Covid-19 e pregare in diretta con i loro parenti in quarantena.
«Muoiono soli, senza che nessuno possa venire neanche a salutarli», racconta al telefono questo sacerdote di Dalmine di 84 anni, venticinque dei quali vissuti da missionario in Brasile. E intanto, Bergamo lancia un appello in inglese, per reclutare medici da altri Paesi, che vengano ad aiutare nell' emergenza.
«Ho assistito alla guerra negli Anni '40, una bomba è scoppiata vicino a casa mia, in Amazzonia ho avuto a che fare con la lebbra, la malaria, ma scene scioccanti come quelle di questi giorni non le avevo mai viste».
l esercito porta le bare fuori da bergamo
Sempre al seguito di medici e infermieri del nosocomio dove il direttore del Dipartimento di Medicina ha dichiarato lo stato di «piena emergenza», padre Apassiti indossa la mascherina -. «In realtà mi scoccia un po' perché non posso assicurare neanche un sorriso a chi se ne sta andando» - e si affaccia sulla porta dei reparti o rimane dietro un vetro. Quando gli è permesso, si avvicina con le dovute precauzioni ai letti degli ammalati e scambia due parole: «Si preoccupano per me: "Padre, si riguardi". Rispondo: vengo a dirvi che sto bene e che vado in Chiesa a pregare per voi».
Spesso il frate si trova nelle camere mortuarie da solo «con 4 o 5 salme». È lì che tira fuori lo smartphone (nonostante l' età se la cava benissimo con WhatsApp e altri social) e contatta figli, mariti, mogli, nipoti, che non hanno potuto dare l' ultima carezza ai loro cari. «La prima volta è successo con una signora che mi ha chiesto di fare questo gesto inedito di telefonarle.
Le ho detto: "Sono qui davanti alla bara di suo marito, preghiamo il Padre Nostro e il Signore la conforterà nel suo dolore". Siamo scoppiati a piangere entrambi».
Queste «esequie virtuali» fra Aquilino le ha celebrate anche per altri defunti: «Non ci sono solo i malati di coronavirus, abbiamo pazienti oncologici, quelli in dialisi In questo ospedale stiamo lavorando al 150%. Conduciamo una lotta contro il tempo per salvare vite umane». Lui non si sente per nulla «eroico»: «Gli eroi sono medici e infermieri. È terribile vedere le loro facce con i solchi delle mascherine, otto ore senza quasi respirare. Molti mi fermano e mi chiedono preghiere, dopo servizi estenuanti vengono in cappella e vi restano anche per 45 minuti. Poco fa ho incontrato una dottoressa per le scale e, tra le lacrime, mi ha detto: "Sto per tornare a casa ma non po sso toccare i miei figli, non so se sono infetta". Io cerco di infondere un raggio di speranza perché sono realmente speranzoso! Sono certo che ne usciremo. Cambiati, ma ne usciremo. Dio non ci può abbandonare».
mattia feltri premio e' giornalismo 2018 8
Ma non ha paura di essere contagiato? «Ho 84 anni, cosa vuole che me ne importi?
Non ho paura della morte. Ho vissuto una lunga vita, ho realizzato tanti sogni, sono pure sopravvissuto a un tumore al pancreas, mi avevano dato sei mesi. Non sto disprezzando la salute che Dio mi dona, soprattutto adesso che vedo quanto essa sia un bene prezioso, ma semplicemente dico: Signore, se mi vuoi ancora in vita che possa essere almeno utile agli altri». A costo di ogni rischio? «Sì, a costo di ogni rischio».
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