Silvia Fumarola per “il Venerdì di Repubblica”
Ebbene sì, anche Don Michele a un certo punto inforca la bicicletta, una mountain bike. La tonaca non svolazza, è vestito da ciclista professionista, calzoncini elasticizzati e caschetto.
Ma l'anti Don Matteo alla conquista della tv non indaga, non cerca colpevoli, piuttosto dialoga con la sua comunità «perché un prete è come un medico, deve esserci sempre».
In Canonico, la nuova serie diretta da Peppe Toia, in onda dal 14 dicembre su Tv2000, la televisione dei vescovi, alle 19.30 (dal lunedì al venerdì), il sacerdote interpretato da Michele La Ginestra, dotato di ironia tutta romana, è un ex missionario in Colombia che ha le idee chiare: accoglie. «La chiesa deve rimanere sempre aperta» spiega al sacrestano, perplesso. «Don Michele, se lasciamo la porta aperta c'è il rischio che rubino».
«Che rubano?» replica il parroco. «Se rubano a noi vuol dire che hanno bisogno, è cosa buona e giusta. Questo non è soltanto un lavoro, dobbiamo aiutare l'ultimo degli ultimi». E lo spiega ai fedeli: «Troppe porte rimangono chiuse ed è per questo che ho deciso che la nostra sarà sempre aperta, il messaggio deve essere chiaro: qua si può chiedere».
E poco importa se la perpetua (che trova lavoro in canonica dopo un periodo in carcere), è piena di buona volontà ma mette un chilo di sale nel brodo, alla fine si può sempre ordinare una pizza. Prodotta da MapToTheStars e Morgana Studio per Tv2000 (scritta da Toia con Mario Bellina, Adriano Bennicelli, Sara Lorenzini, Eros Tumbarello), la serie racconta con semplicità la vita in parrocchia, dai problemi pratici - come investire i soldi - a q personali.
QUELLO CHE I PRETI NON DICONO
Col suo sorriso aperto, La Ginestra interpreta questo prete, ex pilota, folgorato dalla fede, con grande umanità. Per lui un'abitudine, da anni porta a teatro la figura di Don Michele «un prete che dice quello che pensa, anche quello che i sacerdoti forse non dicono. Ma lui si prende questa libertà e la gente apprezza».
Classe 1964, avvocato, conduttore, attore, dice di essere molto fortunato perché ha trasformato la sua passione, recitare, in un lavoro. «Mio papà era professore universitario di chimica, il sorriso l'ho imparato da lui» racconta. «Io ho iniziato nel teatrino della parrocchia, la chiesa dei Santi Sette Fondatori, a Roma. Facevamo attività di teatro per coinvolgere i ragazzi, poi portavamo gli spettacoli fuori. Facevo l'avvocato ma questo non mi impediva di fare l'attore, così ho proposto al parroco di ristrutturare la sala.
Ci ha creduto, ed è nato il Teatro Sette, importante per molti artisti italiani, ha 150 posti, sono appena stati in scena Massimo Wertmüller e Rodolfo Laganà. Io tornerò con È cosa buona e giusta, ormai sono più vestito da prete che in borghese». Quindi il ruolo da protagonista in Canonico (nel cast Fabio Ferrari, Federico Perrotta, Andrea D'Andreagiovanni, Federico Limaroque, Elisabetta Mandalari, Mariateresa Pascale, Eugenia Bardanzellu, Alessandro La Ginestra) è stato un passaggio naturale.
«Quando Peppe Toia mi ha detto: "Vogliamo fare una serie con un personaggio brillante, divertente, ma che dice cose molto serie, in linea coi dettami cristiani", ho pensato che sarebbe stata una grande occasione. Abbiamo portato sullo schermo un prete vero», racconta l'attore «che spiega il rapporto con la fede ma anche le difficoltà, i dubbi, le incertezze e fa capire cosa vuol dire gestire una parrocchia. Non c'è bisogno del giallo.
Don Michele ha a che fare con persone che chiedono aiuto, ma un prete non ha la bacchetta magica: non ha i soldi per aiutare i poveri, non ha la soluzione per risolvere tutti i problemi. Un parroco può ascoltare, dare consigli e offrire il conforto di un sorriso. A me piace l'idea di un prete assalito dal dubbio, aperto al dialogo, perché la cosa interessante, sempre, è parlare anche a chi non ha il dono della fede.
Quando si lamentano che papa Francesco è troppo innovatore mi viene da sorridere, sta solo ripetendo quello che ci ha insegnato nostro Signore».
IL POTERE DEL SORRISO
Don Michele è lontano anni luce da Don Matteo, ma anche da tanti sacerdoti formato tv con la passione per le indagini. «Non mi sono ispirato a nessuno», dice La Ginestra «da ragazzino vedevo I racconti di Padre Brown con Renato Rascel che risolveva i casi, il primo di una lunga serie. Ma il nostro Don Michele non è un detective.
Ho conosciuto tanti sacerdoti in gamba, lo stesso Padre Giuliano della mia parrocchia ha capito subito quanto fosse importante il teatro». Don Michele indaga l'animo umano e ha un'arma speciale: il sorriso.
«Sì, Canonico è l'elogio del sorriso. Mio papà era sempre sorridente, e questo sorriso mi ha dato la possibilità di affrontare la vita in modo positivo, alla fine il sorriso rompe qualsiasi barriera. Avvicina. Pensando a don Michele, abbiamo immaginato un personaggio che donasse serenità, con una grande propensione all'ascolto. Alla fine ci rompiamo le scatole di stare a sentire il prossimo, invece c'è bisogno di ascoltare gli altri.
Si guarda in giro? Non ascoltiamo chi ci sta di fronte, al ristorante sono tutti troppo intenti a guardare lo schermo del cellulare. Lo spiego anche ai miei figli, che hanno 20 e 23 anni: l'ascolto è importante». La Ginestra è ottimista e aperto al mondo: anche quando era ragazzo aveva questo atteggiamento positivo? «Ero contento anche quando lavoravo per una compagnia di assicurazione, quando facevo l'avvocato o davo lezioni di tennis. Ho sempre fatto tante cose Forse è questa la salvezza, se mi girava male in ufficio la sera andavo in parrocchia e facevo teatro. Se ci ripenso, non so come facevo a tenere quel ritmo».
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