Massimiliano Peggio per "la Stampa" http://www.lastampa.it
«Se qualcuno ti vuole fare del male tutto è possibile. Adesso, con 'sto aggeggio sempre con me, vivo più tranquilla. Ma essere sereni è un'altra cosa: questa non è vita. Dovrò tenerlo per molto tempo? Finché lui indosserà il braccialetto elettronico per non venirmi vicino? E dopo, quando potrà toglierlo che cosa succederà? Ricomincerà a perseguitarmi? No, meglio voltare pagina. Appena potrò me ne andrò dalla città, lontano da Torino. Lontano da lui».
Lei, 37 anni, un bel lavoro come agente di commercio, è la prima donna a Torino a portare un dispositivo antistalking collegato al braccialetto elettronico del suo ex fidanzato.
Lui, 31 anni, indagato per atti persecutori e diffamazione, è stato sottoposto nei giorni scorsi «a misura cautelare del divieto di avvicinarsi a una distanza inferiore ai 500 metri alla persona offesa».
Giustizia tecnologica. Da «precrimine». I suoi spostamenti sono monitorati in tempo reale dai carabinieri. Nel caso violasse il provvedimento superando il limite di sicurezza, il dispositivo elettronico affidato alla donna lancerebbe un doppio segnale d' allarme.
Uno sonoro per avvertirla della presenza dell' uomo, un altro telefonico, con coordinate di posizione, alle forze dell' ordine per farle intervenire. «Lo chiamano braccialetto ma è un modello di telefonino con Gps. Devo portarlo sempre con me. In borsa o in tasca. È un po' angosciante: se perde il segnale si mette a suonare».
Un caso di «codice rosso».
Dopo una lunga convivenza, la loro relazione si spezza. «Mi ha lasciata». Lei, in un primo momento, tenta di ricucire il rapporto, poi decide di interromperlo definitivamente, lo scorso giugno. «Non provavo più nessun sentimento nei suoi confronti». Nelle settimane successive l' uomo inizia a perseguitarla. Un copione classico di stalking. Persecuzioni, minacce, molestie, chiamate e messaggi telefonici, anche di notte. Non solo insulti.
«Non avrai pace e se mi arrestano prima o poi uscirò». La donna cambia abitazione. «Prima o poi ti trovo e non sarà bello per te, se ci tieni ti conviene fare meno la furba». Sapendo che ama gli animali, le invia una foto di un gatto morto.
«Questo l' hanno preso a bastonate fino alla morte». Esasperata, blocca il suo numero.
Lui non si arrende.
Passa a Facebook: crea profili falsi con il nome della sua ex.
Racconta storie di sesso. Altre minacce. Un crescendo di ferocia verbale e insulti. «Ho trovato il mio numero di cellulare e il mio nome su alcuni siti per appuntamenti hard». Poi la demolisce sul luogo di lavoro. Inviando messaggi Facebook sul profilo dell' azienda. «Una vostra dipendente dice ai clienti che vendete prodotti marci».
Prende di mira alcune sue colleghe e il datore di lavoro, avvelenando i suoi rapporti professionali. In estate parte la segnalazione alla procura.
«Ho aspettato più un mese prima di denunciarlo». La donna va dai carabinieri e racconta la sua vita stravolta.
Scattano così le indagini: l' acquisizione delle chat e dei messaggi online.
Nei giorni scorsi il gip Irene Gallesio ha disposto le restrizioni tecnologiche. Il primo caso a Torino. «Alla luce delle risultanze investigative raccolte - scrive il giudice - risultano certamente integrati gli elementi costitutivi del reato, posto che è indubbio che l' uomo abbia reiteratamente minacciato, insultato e denigrato la persona offesa, in una "escalation" di condotte sempre più invasive e inquietanti, non dandosi pace della fine del rapporto».
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